Dicesi bagno turco un ambiente umido. Nel quale farsi una doccia di emozioni. Miglior modo di descrivere Juve-Inter. emozionante per i bianconeri e umida di lacrime interiste, non c’è. Ritmo da marcetta svelta, l’idea della serata che finirà in risate è Finché c’è vita, c’è Morata. Pronti via, noi altri s’è cambiato fascia a Pogba e first lady in tribuna. Loro faccia truce e giocano ad imitazione. Noi si corre, loro corsa, noi rigore negato e loro pure. Noi segniamo, tre. Loro si, segnano. Ma nel libro dei conti che devono regolare, che dovranno regolare un giorno che giorno quello. Pogba sta a destra perché a sinistra c’è sua maestà Asamoah, uno che a distanza di una Coppa d’Africa che ce lo portò via ancor felino anni e anni fa è tornato d’improvviso dalla foresta per riprendersi il dovuto manco stessimo a un golpe delle parti sue. Le armi Asamoah non sono fucili Alberto Sordi. Bensì precisione, nettezza di gesto, ovunque non come poesia. Come luogo dell’anima. Tutt’altro. Ovunque come calci in culo ovunque e a chiunque si frapponga tra la Juve e il suo cannibalismo. L’avrete letta l’intervista del buon Asa, manco ci pensa a lasciare la Signora mica scemo. Lui conosce il valore del primato, il comodo della supremazia. Poiché non è sudamericano non ci ammorba con un tango o qualche scivolata nel falsetto. Lui è il non invitato a tavola che fa la guardia a casa e nel frattempo ulula da berbero. Morata comincia male, gli riesce poco. Deve sbloccarsi con il goal. Non si sa se ci riesce. Ci riesce su rigore procurato da Cuadrado il migliore in campo, raddoppia su sponda nerazzurra. Fallisce poi il terzo dopo un fantastico gatton gattone à la Enzo Tortora. Una specie di terzo tempo degli elegantoni, tutto di piedone. Cuadrado il migliore in campo realizza una prova da terzino di degno buon spessore. Davvero preciso e puntuale nel coprire la sua zona. Diligente e disciplinato. Fatto l’essenziale si scatena poi col passare del tempo diventando nella ripresa letteralmente irresistibile. Sembra un po’ il bambino che vuol continuare a giocare nell’intervallo della gara dei grandi. I grandi e grossi inseguono il Cuadrado di turno che non vuol saperne di abbandonare il campo. E non ci riescono, nell’allegria generale. Il pupo riccio gli scappa da tutte le parti, hai l’impressione che di lì a poco Medel uno che parla poco e para tutto estragga la pistola e la faccia finita con quelle esagerate da buona faccia triste dell’America. Pogba solita gara contro la gravità. C’è ancora qualcuno che dubiti di Marchisio ? No, davvero. Quando Marchisio è nei paraggi non ci sono dubbi. La palla è sua, non è il regista della squadra. E’ il proprietario del pallone. Fa una apparizione un po’ tristanzuola anche Sandro, riserva pure in Coppa Italia. Verranno i suoi giorni, anche per lui che giorno quel giorno che sarà. La squadra ha una condizione fisica straripante. Merito della preparazione atletica. Merito di un allenatore che vede un mercoledì di Coppa alla duecentesima partita consecutiva la sua squadra andare a duecento. Alzare il ritmo e tenerlo alto. Vincere la enne volta e tenerlo basso per ridere la vicinissima prossima volta.