Allo Stadium da terrone (e siamo più di un milione!!)

 

Juve in trasferta, Calabria deserta”, punzecchiano i nostri detrattori. Uno slogan, denigratorio nelle intenzioni ma lusinghiero negli effetti, perfino riduttivo. Il deserto, infatti, prosegue più a Sud, in Sicilia. Dai tre principali aeroporti siciliani, nei giorni in cui la Juventus si esibisce allo Juventus Stadium, i voli che partono al mattino si riempiono di sciarpe e vessilli bianconeri e, almeno il 70% dei passeggeri che “salpa” per Torino Caselle, Milano Linate, Malpensa e perfino Orio al Serio (chi scrive, per ragioni di convenienza ha optato in passato addirittura per Bologna o Fiumicino) lo fa per raggiungere lo stadio della Signora. Gli stewards – ma perfino i piloti certe volte – della Ryanair sono ormai abituati all’esodo e, qualunque fede calcistica abbiano, sfruttano con atteggiamenti ruffiani (“forza Juve” autentici quanto un “baciamaglia” di Ibrahimovic) o con improbabili jettature (“se non lo comprate stasera la Juve perde”) la composizione poco eterogenea dei passeggeri per piazzare profumi e gratta e vinci.

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Un’orda di occasionali, si potrebbe pensare. E lo pensavo anch’io, quando sceglievo una o due partite l’anno per recarmi allo Stadium a vedere la mia Juventus. Adesso so, invece, che per una buona percentuale le facce sono sempre le stesse. Quelle di gente che programma tante cose in funzione di queste trasferte non occasionali, appunto, ma abituali. Lo so da quando, nel marzo del 2013, io e mio padre, dopo aver dovuto lasciare una cifra invereconda nelle mani di un bagarino per assistere al quarto di Champions Juventus-Bayern, decidemmo che l’anno dopo sarebbe stato meglio sottoscrivere due abbonamenti e decidere senza affanni quando andare allo stadio. Si poteva anche condividere (oggi non più) l’abbonamento con chiunque fosse possessore di Tdt, cambiando il nominativo di partita in partita, e anche economicamente sembrava dunque la scelta migliore.

 

Da allora le partite che seguo dal vivo nella home bianconera non sono più un paio l’anno, ma almeno 7-8. A volte faccio coincidere le spedizioni con corsi o congressi che mi impegnano al Nord nei weekend ma altre volte, specie per i big-match, la partenza è proprio in funzione della partita. Questo mi ha consentito di poter scoprire e studiare da insider questo fenomeno strano, apolide e meraviglioso che è il tifo bianconero terrone, di cui faccio parte. Un panorama composto da persone che per settimane intere devono sopportare gli originalissimi “non ti vergogni a tifare per una squadra piemontese, anziché per quella della tua città?” in attesa di prendere quel volo nel weekend (infrasettimanale è più difficile ma impossible is nothing). Un popolo vasto ed eterogeneo ma con alcuni tratti caratteristici:

  • Lo zaino. Ce lo hanno sempre pronto. Zaino, non trolley, perchè Ryanair ha spazio limitato in cappelliera e dopo un po’ inizia a stivare i bagagli che non possono andare sotto il sedile. Quello zaino ha sempre dentro uno/due cambi di intimo pulito, la sciarpa e la maglia bianconera. La sera prima della partenza si aggiunge il resto del Per chi, come me, nel corso della settimana trascorre pochissimo tempo a casa, molte operazioni preliminari come questa sono demandate alle mogli, le stesse che con santa rassegnazione sopportano i frequenti weekend con i mariti fuori porta, magari costrette da sole ad accudire i figli piccoli, come nel mio caso (anche se ogni tanto una gita a Torino con tutta la famiglia ci sta, e 3 mesi di vita sono l’età giusta per esordire allo Stadium…);

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  • I preferiti del browser e le app sullo smartphone. Skyscanner e Trivago uber alles. Perchè vanno sempre monitorati i prezzi dei voli e delle camere di hotel in attesa che la Lega comunichi date di anticipi e posticipi (sempre con comodo, mi raccomando!) e che la Uefa effettui i sorteggi di Champions. In uno dei due hotel di via Cernaia in cui solitamente pernotto, sono ormai noto per essere quello che “che fa otto prenotazioni cancellabili per poi annullarne sette”. Questo accade perchè abbiamo imparato a conoscere la politica juvecentrica del turismo torinese: quando gioca la Juventus i prezzi negli hotel raddoppiano. Così, a group stage di Champions in corso, in previsione degli eventuali ottavi in cui la gara in casa può cadere in otto date diverse, meglio premunirsi in anticipo e bloccare tutte le date papabili. Lo stesso per i quarti, le semifinali e addirittura c’è chi fa questo (cercate voi stessi dove si trovi)…

 

  • I riti scaramantici. Ognuno ha i suoi. Credo di essere tra le persone meno scaramantiche al mondo. Mai letto un oroscopo, mai stato preoccupato per un venerdi 17, per un gatto nero che mi taglia la strada o altre amenità varie. Ma se vado a Torino a vedere la Juve, che vince ininterrottamente e consecutivamente decine di partite da quando la vedo dal vivo, vanno rispettati ordini cosmici e fluidi immodificabili. Nessun dettaglio va sottovalutato. Prima di partire per Juventus-Inter noto che mia moglie mi prepara, tra i vestiti da mettere per la partenza, un paio di boxer griffati Juventus che, ricordo, indossavo la sera di Fiorentina-Juve 2-1. Li scarto e ne prendo un altro paio. Al massimo li metterò il giorno dopo. Al gate D della Tribuna Est bisogna entrare sempre dal tornello più a destra, come dice il mio amico Nino. E deve sempre esserci Giovanni, detto anche il moralizzatore, che in questi tre anni non è partito solo due volte: una era Berlino e l’altra l’andata con il Bayern. Dovesse pensare di rimanere a Calamonaci (il suo paese d’origine) un’altra volta, vi avviserò urbi et orbi per organizzare un prelievo coercitivo.

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  • La combriccola. Il popolo si raccoglie in grappoli composti da persone che si sono conosciute sui social, al bar dello stadio nell’intervallo, nelle file di posto vicine o davanti ai camioncini che vendono salsicce in corso Altessano. Poi a macchia d’olio questi gruppi si allargano. Lo juventino potrebbe andare in ogni provincia italiana ed avere un amico gobbo pronto ad accoglierlo. Provenienze diversissime, caratteristiche umane di ogni tipo, in comune solo la Signora. Oltre a mio papà e al collega Giovanni da Calamonaci, già citato e spesso accompagnato dall’effervescente cognato siculo-veneto Lillo, le persone con cui condivido tutte le puntate torinesi sono Nino da Firenze (palermitano d’origine), Salvatore da Roma (con spesso al seguito altri gobbacci romani), Francesco da Locri (un calabrese c’è sempre!). A volte, per le quote rosa si aggiunge mia sorella, Annalisa. Altre amicizie sono nate dal trapanese alla Val Susa, dal mantovano alla Lucania, dal novarese all’ascolano. E grazie a un gruppo Facebook, Gobbi nel Midollo, ho conosciuto Angelo, Roberto, Guido e altri che mi hanno fatto scoprire come, più che leggenda, quella secondo cui “i torinesi sono tutti granata” sia una bufala. Un fenomeno apolide, verissimo, ma comunque ben radicato nella Polis d’origine, checchè se ne dica.

 

  • La giornata tipica torinese. Qui c’entra poco (non “nulla”, ma poco) la scaramanzia. È che, dopo un po’, il bello di andare a Torino non è solo vedere la Juve. Ma anche tornare, insieme ad amici, in luoghi che diventano familiari. E allora, dopo la sveglia all’alba e il viaggio in aereo, si fa sempre la stessa passeggiata da Porta Susa a piazza Castello, poi via Po fino a Piazza Vittorio e via Principe Amedeo, per andare a pranzo nel ristorante siciliano degli amici di Giovanni (lo stesso posto della celebre #jvtbnight) dove ormai siamo trattati come in famiglia e dove si mangiano delle linguine allo scoglio che nemmeno in Sicilia (provare per credere). 56Poi caffè nel bar di via Po, passeggiata digestiva e riposino in hotel (concedo una divagazione allo spartito solo se Luca Momblano mi invita ad andare in diretta su Top Planet). Un paio d’ore prima dell’inizio della partita prendiamo un Taxi (ma grazie a Jacopo usiamo ormai la App Zego, una sorta di Uber torinese, molto più low cost) in direzione Stadium e ci si ferma una mezz’oretta al bar di Area12 per una breve reunion con gli amici provenienti da tutta Italia. Qui a volte qualcuno condivide con gli altri i prodotti tipici della sua terra: una volta i nostri cannoli di Fulgatore (Trapani), un’altra le olive dell’ascolano Emidio…

Finalmente si entra allo stadio, in tempo per il riscaldamento sulle note di Thunderstruck, con diretta Facebook di rito insieme ai vicini di posto (Nino, Giovanni e Salvatore non mancano mai). Dopo la partita tutti sul tram per tornare in centro e cenare nella solita pizzeria di corso Vittorio Emanuele (che non chiude se prima non arriviamo noi) condita da commenti post-gara e selfie di rito con il sempre presente simbolo bianconero Beppe Furino, palermitano anche lui.

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  • L’obiettivo finale: essere vincenti. Perchè tutta la bellezza (il viaggio, gli amici, la passeggiata in città, le mangiate e le risate) e tutta la fatica (i sacrifici economici, il tempo sottratto alla famiglia, le unghia delle dita sbranate durante la partita e le mezze giornate di lavoro perso) sono sublimate dalla vittoria della Juventus. Sebbene l’amore alla maglia sia incondizionato, soltanto il trionfo dei colori bianconeri è in grado di valorizzare tutto questo fino alla fine.

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Adesso testa alla Champions per capire se valga la pena bloccare altre date, ma già sabato si torna su, perchè è vero che la gara con l’Empoli non è un match di cartello, ma venerdi sarò a Bologna per lavoro, e una volta in Italia… non potevo rinunciare a un’altra giornata a tinte bianconere!

Giuseppe Gariffo.