Alvaro e le fidanzate sbagliate

Normalmente, per la concezione discussa e discutibile che ho di questo giochino che ci fa impazzire (e non sempre nel senso buono del termine, come avrete potuto constatare da voi se avete bazzicato i social nelle ultime ore), uno come Alvaro Morata sarebbe già stato relegato nella categoria “fidanzata sbagliata”, Uno di quelli che ti fa una partita da applausi e dieci da schiaffi, capace di passare dal nulla cosmico delle sue apparizioni in febbraio, a una roba come quella di Monaco degna di un personaggio della Marvel. E, quindi, uno di quelli che dopo averti fatto ripromettere di non farti sedurre e abbandonare ancora, ti seduce (e, presumibilmente, ti abbandonerà) di nuovo con uno schiocco di dita, una doppietta nel derby, o una delle prestazioni in Champions più clamorose che uno strisciato abbia mai prodotto negli ultimi tempi, al netto di qualche nitida palla gol che avrebbe meritato miglior concretizzazione.

So che non dovrei, eppure mentre scrivo sento già che Alvaro mi ha fregato ancora una volta. Quando, invece, mi ero ripromesso che basta, tra noi era finita. Con buoni motivi: da un fantacalcio andato a male per aver puntato tutto (e anche di più) su di lui, a quella notte andalusa che, ragionando con il sempre inutile senno del poi, ha iniziato ciò che poi il Bayern ha concluso, passando per un’indolenza che non ricordavo nemmeno nel Mirko Vucinic dei tempi d’oro e che strideva in maniera imbarazzante con il prodigarsi urbi et orbi di Mario Mandzukic. E nemmeno le doppiette con Inter (Coppa Italia) e Chievo erano riusciti a smuovermi dalle mie convinzioni: perché se è vero che per un attaccante il gol è tutto, certe volte conta anche tutto il resto, tutto ciò che fai per meritarteli quei gol. E, da questo punto di vista, Morata era ed (in parte) è l’ombra di quello che ci portò a Berlino quasi da solo.

Almeno fino a mercoledì. La rassegnazione nell’immaginarmelo lì, ciondolante e irretito dal possesso palla guardiolano, ha rapidamente lasciato il posto alla stessa sensazione di quando rivedi la tua ex che si è fatta molto più figa rispetto all’ultima volta: ti fingi calmo e tranquillo ma dentro rosichi perché “cazzo un pò prima no?”. Non si poteva avere un pò prima questo campionario di scatti, allunghi, spallate, sponde, assist a Cuadrado, con Kimmich e Alaba che non sanno più a che santo votarsi. E non si poteva avere un pò prima un derby giocato così, con la voglia di fare la differenza anche da subentrato e con un gol (il primo) che, se non si fosse tutti impegnati nel “dalli al Rizzoli”, avrebbe preteso l’inclusione nel manuale del perfetto attaccante, tanto belli e puliti sono stati smarcamento ed esecuzione?

Si, certo che si poteva (e doveva) avere prima. Ma, se così fosse stato, Alvaro Morata non sarebbe una fidanzata sbagliata ma l’amore della nostra vita, finché morte non ci separi e “se c’è qualcuno che ha una recompra da esercitare, parli ora o taccia per sempre”.

Ecco, lo sapevo. Solo a scriverla, quella parola, è tornata l’inquietudine. Quella che non avrebbe dovuto più colpirmi perché “se ci danno davvero 30 milioni per questo qua è grasso che cola”. Ma, in fondo, per tutto questo tempo, non ho fatto altro che mentire a me stesso e agli altri. Io in questo hidalgo spagnolo credo ancora e, probabilmente, non ho mai smesso di farlo. Anche quando dicevo che non l’avrei fatto, anche quando dopo Siviglia sembrava avviato all’amaurizzazione progressiva, anche se mi ha sedotto e abbandonato e mi sedurrà e abbandonerà ancora un’altra decina di volte.

Forse sbaglio e, alla prossima prestazione scialba, sarete tutti qui a rinfacciarmelo. Giustamente. Ma non posso farci niente, costui mi ha calcisticamente stregato. E finché non lo vedrò diventare quello che immagino già sia (l’erede naturale del Fernando Torres di Liverpool) non mi arrenderò. Certo, mi rendesse le cose più facili evitando di cannare già la prossima con l’Empoli non sarebbe affatto male: ma non sarebbe Alvaro Morata e non sarebbe LA fidanzata sbagliata.

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