Pjanic-Khedira liberi di ricevere e il gioco è fatto
La sfida del Do Dragao è stato il perfetto step intermedio nella crescita del 4231 di stampo allegriano: consolidamento definitivo dell’impenetrabilità difensiva e naturalezza nel controllo del campo, nonché fotografia nitida dei pochi difetti ancora da limare per aspirare alla perfezione della manovra.
L’approccio scelto da Nuno Espírito Santo è un 4-4-2 dalle velleità principalmente difensive, volte ad inibire la manovra bianconera soprattutto nel corridoio centrale del campo.
Durante la prima fase dell’incontro i dragões hanno tentato di aggredire la costruzione bassa della difesa juventina, portando un pressing tuttavia disordinato: le punte salivano ferocemente sui centrali in possesso, ma la scarsa indole del reparto mediano e difensivo ad accompagnarli accettando di concedere profondità ha portato ad un netto spaccamento tra le linee: Pjanic e Khedira erano dunque liberi di ricevere da Chiellini e Barzagli e smistare indirizzando la transizione.
Per ovviare a questa situazione, il Porto opta per un atteggiamento ancor più attendista, rinunciando quasi totalmente al pressing alto. Così facendo, consente alla Juve applicare con efficacia alcuni principi basilari di risalita del campo esaltati dalle doti tecniche e posizionali dei singoli.
Con la palla tra i piedi di Buffon, lo scolastico e preciso allargamento dei centrali crea spazio a Pjanic per arretrare, allungando le linee di difesa avversarie. Si creano così i presupposti per l’agevole risalita: La posizione alta ed ampia dei due terzini consente un pregevole scambio di compiti e posizioni tra i componenti del celebre triangolo rovesciato. E’ la prima occasione concreta della gara.
Dopo un avvio leggermente ansioso, la Juve trova coraggio ed alza visibilmente il baricentro. La densità centrale mantenuta in maniera tutto sommato ordinata dai portoghesi costringe i bianconeri a lunghi tratti di prolungato possesso a ferro di cavallo.
Tramite un’egregia applicazione della halma tanto cara a Mister Allegri, il lungo possesso diventa un’arma efficace per sfiancare e creare dubbi nella tenuta centrale avversaria: come un felino in paziente attesa della preda, i bianconeri possono dunque scegliere la via preferita per attaccare la porta di Iker Casillas.
La scarsa vena di Juan Cuadrado ha penalizzato l’imprevedibilità sulla fascia destra, su quella sinistra un titanico Alex Sandro ha compensato anche la pessima prestazione di un Mario Mandzukic totalmente in ombra. I cross del grande ex sono il principale motivo di apprensione per i padroni di casa, mentre le poche volte che la Juve verticalizza e su Dybala o Higuain, i difensori di Nuno Espirito Santo sono combattuti tra il seguire individualmente l’arretramento degli argentini o mantenere la linea per proteggere meglio la profondità.
L’espulsione di un folle Alex Telles inibisce definitivamente ogni velleità del Porto, che per il resto dell’incontro tenta di limitare i danni con un 441 a protezione del solito corridoio centrale. L’ingresso del fatale Marko Pjaca spezza l’equilibrio grazie ad un semplice movimento che al sostituito Cuadrado non era mai riuscito: il banale dai e vai (al centro dell’area) senza palla, premiato da un fortunato rimpallo.
Da questo momento la gara è palesemente in discesa, e smaltita la polvere mentale del risultato la squadra di Allegri riesce a concedersi, dopo il veloce raddoppio di Dani Alves, qualche perla accademica.
L’uscita in ricezione di Higuain manda in tilt l’ormai fragile fase difensiva del Porto; Khedira dopo aver scambiato ad inizio azione con Pjanic parte alla conquista dell’area, trascinando via il centrale quel tanto che basta per consentire a Pjaca di avere maggiori tempo e spazio per ragionare durante la meravigliosa triangolazione con il Pipita. Sarebbe stato il perfetto coronamento di una serata esaltante.
I margini di miglioramento di questa Juventus, capace di espugnare una delle fortezze europee per eccellenza con estrema eleganza ed una prestazione posizionale di alto livello, sono da ricercarsi soprattutto nella velocità di esecuzione, figlia diretta della convinzione delle proprie doti e nella conseguente giusta sfacciataggine per la ricerca della giocata. Con serenità mentale e fiducia, i movimenti senza palla diventano più costanti, le soluzioni di passaggio per il portatore aumentano, il pallone stesso si muove più velocemente, l’ordinato scaglionamento geometrico consente di esaltare i tecnicismi di una delle rose più forti e complete in circolazione. Avanti così.
Dario Pergolizzi.