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Bernardeschi all’ultimo respiro!

La Juve supera il Chievo 3-2 con una rete del fantasista, al termine di una partita ben più complicata del previsto

Chi si aspettava una passeggiata, sarà rimasto sorpreso. Chi invece voleva lo spettacolo, non è certo rimasto deluso: la Juve supera il Chievo, con una buona dose di fatica, raggiungendo il successo nei minuti di recupero con Bernardeschi, dopo una serie di colpi di scena da film. In vantaggio con Khedira, raggiunti e superati dai veronesi, i bianconeri dominano per tutto l’incontro, ma devono sudare le proverbiali sette camice per tornare a Torino con i tre punti. E dire che la gara inizia subito in discesa…

PRONTI, VIA, KHEDIRA

Punizione di Pjanic, tuffo di testa di Chiellini che tocca all’indietro per Khedira e sinistro di prima intenzione spedito in rete. Sono passati due minuti e 41 secondi: meglio di così il campionato della Juve non potrebbe iniziare. I meccanismi non possono essere ancora perfetti, è fisiologico, ma la Juve è già micidiale. Il Chievo non solo va subito sotto, ma viene immediatamente schiacciato nella propria area e dopo 10 minuti la partita potrebbe già essere chiusa, se Cancelo non venisse disturbato nel momento in cui cerca di piazzare in porta l’assist di Douglas Costa.

TUTTI CERCANO CR7

Gli occhi di tutto il Bentegodi cercano ovviamente Ronaldo. Il portoghese è raddoppiato in ogni azione e il fatto che i veronesi, nonostante siano sotto di un gol, stiano rintanati in difesa, non lo aiuta a mettersi in mostra, ma basta il suggerimento di Cuadrado al limite dell’area per fargli scaricare un destro rasoterra a fil di palo. La presenza di CR7 si sente eccome, anche quando con un solo tocco riesce a liberare i compagni per la ripartenza. Al 20′ permette a Dybala di partire in velocità e di servire Cuadrado, che però preferisce cercare la conclusione invece dell’assist e sbaglia la mira. Il marziano ha voglia di stupire e appena può cerca la porta. Al 30′ spara un sinistro da posizione improbabile, mancando il bersaglio di un soffio e poco dopo lo imita Douglas Costa che dai sedici metri sfiora l’incrocio dei pali.

CHIEVO IN GOL AL PRIMO TENTATIVO

Sembra tutto facile per i bianconeri. Troppo facile. E invece basta un niente per complicare le cose. La Juve gioca con un po’ troppa leggerezza e se un atteggiamento simile in avanti al massimo comporta qualche errore si mira, in difesa diventa fatale, perché porta a lasciare Giaccherini libero di crossare dalla tre quarti e Stepinski di colpire di testa a centro area, infilando il pareggio al primo tiro in porta e mandando le squadre al riposo sull’1-1.

GIACCHERINI, EX DI RIGORE

La Juve inizia la ripresa attaccando a testa bassa e Ronaldo prova un missile da venticinque metri e trova la respinta di Sorrentino. Con il passare dei minuti però il Chievo prende coraggio. Giaccherini è ovunque: smista il gioco, torna a coprire, rilancia l’azione e salta l’uomo. E quando lo fa in area e viene atterrato da Cancelo, il signor Pasqua non può che indicare il dischetto. È lo stesso Giaccherini a spiazzare Szczesny e a complicare, non poco, la giornata dei bianconeri.

L’INCORNATA DI BONNIE

Allegri interviene immediatamente, inserendo Bernardeschi e Mandzukic al posto di Cuadrado e Douglas Costa e la Juve riparte all’attacco. Ronaldo ci prova ancora con un’altra sventola dal limite e Sorrentino vola a respingere, poi arriva al tiro da buona posizione, servito da Dybala, e Cacciatore in scivolata riesce a deviare in angolo, quindi pennella il traversone per la testa di Mandzukic, che mette a lato. Un simile assedio non può non essere premiato. E dopo un tentativo di Dybala, bloccato da Sorrentino, è Bonucci a incornare l’angolo di Bernardeschi e a infilare il pareggio.

MANDZUKIC GOL, ANZI NO

Il pareggio non può bastare ai bianconeri, che continuano il forcing. E dopo una punizione di Ronaldo impegna Sorrentino, a tre minuti dal 90′ arriverebbe anche il vantaggio: Alex Sandro se ne va sulla sinistra e mette in mezzo, il pallone carambola su Ronaldo che si scontra con Sorrentino e giunge a Mandzukic, che di testa insacca. Il signor Pasqua prima convalida, poi, dopo aver rivisto l’azione ravvisa una carica del portoghese sul portiere e annulla.

CI PENSA BERNA

A quel punto il tempo è scaduto e iniziano i cinque minuti di recupero. Fino alla fine ha un significato preciso però e la Juve lo ribadisce ancora una volta: al 48′ Alex Sandro, ancora lui, se ne va di nuovo sulla sinistra e crossa un pallone velenoso, che trova a centro area Bernardeschi, prontissimo a toccare al volo e a infilare il gol vittoria. Poteva essere più facile forse, con più attenzione dopo il primo vantaggio, ma un successo così ha un sapore anche più dolce e soprattutto un significato più prezioso: questa squadra ha un tasso tecnico mostruoso, si è visto. Ma ha anche il solito, straordinario, carattere d’acciaio. E questa è l’arma più preziosa di tutte.

CHIEVO-JUVENTUS 2-3

 

RETI: Khedira 3′ pt, Stepinski 38′ pt, Giaccherini (rig) 11′ st, Bonucci 30′ st, Bernardeschi 48′ st

 

CHIEVO

Sorrentino 46′ st Sempre); Tomovic, Rossettini, Bani, Cacciatore; Rigoni, Radovanovic, Hetemaj (33′ st Obi);  Depaoli, Stepinski (21′ st Djordjevic), Giaccherini
A disposizione: Seculin, Jaroszynski, Barba, Tanasijevic, Kiyine, Birsa, Leris, Meggiorini, Pellissier
Allenatore: D’Anna

JUVENTUS
Szczesny; Cancelo, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Khedira (39′ st Emre Can), Pjanic; Cuadrado (11′ st Bernardeschi), Dybala, Douglas Costa (19′ st Mandzukic); Ronaldo

A disposizione: Perin, Pinsoglio, Barzagli, Rugani, Benatia, Bentancur, Matuidi

Allenatore: Allegri

ARBITRO: Pasqua

ASSISTENTI: Costanzo, Liberti

QUARTO UFFICIALE: Sacchi

VAR: Mazzoleni, Marrazzo

AMMONITI: 15′ st Radovanovic, 50′ st Tomovic

Chievo-Juve 2-3: #fiuuu Bernardeschi al Bentegodi

Se è questo che ci dobbiamo aspettare da questa stagione, prepariamoci ad essere sempre pronti per emergenze cardiache perché si prospettano mesi da urlo: vittoria importante sul campo di un Chievo tutt’altro che irresistibile, fa tutto la Juve, prima dominante, poi capace di risvegliare chi non era entrato in partita, ed infine il forcing finale che regala al popolo bianconero i primi tre punti della stagione.

La partenza, come detto, è più che positiva: vantaggio immediato di Khedira, poi qualche squillo di un Cristiano Ronaldo ancora forse troppo imballato, d’altronde come il resto dei compagni con qualche eccezione qua e là. Dopo una ventina di minuti, però, sembra cominciar a mancare la benzina, o l’ossigeno alla testa più opportunamente: prima una disattenzione di Bonucci spalanca a Stepinski le porte dell’1-1, poi è Cancelo ad addormentarsi su Giaccherini. Così come a San Siro a maggio, però, la Juve non crolla e ribalta tutto grazie anche alle mosse di mister Allegri: entra, fra gli altri, Bernardeschi, prima è Bani a regalare il 2-2 ai bianconeri, poi proprio l’ex Fiorentina trova la zampata vincente sulla strepitosa giocata del pimpante Alex Sandro.

Tre punti pesanti già ad agosto, dunque, per Dybala e compagni, anche se con qualche patema d’animo di troppo: servirà più lucidità in futuro, ma ci sarà tempo e modo per oliare la macchina.

Fabio Giambò.

Umiltà, qualità, cattiveria: il primo CR7 bianconero

“La nostalgia che avevo della mia allegra casetta, modesta come me”. Questo il testo della popolare canzone portoghese che CR7 cantava ieri sulla sedia, obbligato dai compagni ad obbedire al rito d’iniziazione riservato ogni estate ai nuovi arrivi. “Nostalgia”, “modestia”, “piccola casa”: parole, immagini, categorie distanti dal primo approdo della mente di chiunque pensi a un uomo come Cristiano Ronaldo, vincente come nessuno, ricco e bello come pochi. Possibile che la scelta del campione portoghese fosse casuale, ma preferiamo pensare che sia stato un modo per presentarsi e spiegarsi meglio ai compagni di avventura, prima ancora che le parole passassero al campo e conformassero che certi termini non sono mai fuori contesto quando si parla di Cristiano da Madeira.

Entra in campo consapevole delle attenzioni che lo circondano, ma sull’atteggiamento da star prevale quello del campione abituato a vincere, che non accetta di lasciare briciole in giro agli avversari e che si arrabbia, con sé stesso e con i compagni, se non si riesce ad ottenere il meglio. Si mette a disposizione della squadra, altruista come raramente visto nel suo passato, forse complice la condizione non eccelsa dopo soli 20 giorni scarsi di preparazione. Tocca la sua prima palla dopo 4’30”, quando la Juve ha già fatto gol (a proposito, è al centro del mucchio che avvolge Sami Khedira nell’esultanza post 1-0). Più volte la squadra mostra di non avere il metro per la giocata adatta a lui, quella in profondità, e così non vengono premiati con la verticalizzazione un paio di suoi scatti alle spalle dei centrali scaligeri. Ma ci sarà tempo per maturare la certezza di questa nuova opportunità, ci sta. Si arrabbia invece con Cuadrado e Khedira, che due volte hanno lo spazio per servirlo agevolmente nei rari momenti in cui non è marcato stretto, ma non lo fanno. Braccia larghe ed occhiatacce. Se la prende con sé stesso invece per il tiro dai quindici metri al quale pochi centimetri negano la prima gioia del gol in serie A.

E’ nel secondo tempo che si vede però un anticipo più sostanzioso dell’extraterrestre che ci aspettiamo. Tira dai trenta metri e mette paura a Sorrentino, poi per ragion di stato, dopo il rigore di Giaccherini, si allarga a sinistra ed inizia a seminare il panico tra le maglie della retroguardia clivense. Prima con una gran giocata al limite dell’area tira sul secondo palo e costringe Sorrentino a superarsi, poi inizia a sfornare giocate mai banali che sostengono l’assedio bianconero all’assalto di tre punti complicati ben oltre le previsioni. Dopo la pronuncia dal VAR che sancisce l’annullamento del momentaneo 3-2 di Mandzukic, la telecamera lo pizzica in un’evidente imprecazione (“hijo de p…”), ulteriore testimonianza di quanto ci tenesse alla vittoria odierna. Dopo il gol decisivo di Bernardeschi indica la tempia con l’indice, per indicare alla squadra la necessità di usare la ragione nei minuti finali, per gestire il vantaggio riagguantato.

Per assurdo, in questi primi 90′ minuti di serie A, abbiamo visto il migliore Cristiano Ronaldo nelle fasi di gara in cui la Juventus era più in sofferenza, quando ha mostrato il mix di qualità e cattiveria da sempre stato marchio distintivo della sua carriera. Inferiore il suo peso specifico nella prima mezz’ora, nella quale i bianconeri erano in pieno controllo della partita. Enorme la sua presenza nelle fasi di maggior difficoltà di una gara in cui la Juve ha comunque (molto grazie a lui) tirato in porta una enormità di volte rispetto alle abitudini del recente passato. Una partita da sufficienza piena, senza troppi effetti speciali, quella del portoghese, che però al 95′ festeggia la vittoria con un ampio sorriso che premia l’ottimo lavoro del suo dentista. Ronaldo ci ha messo veramente poco a calarsi nella mentalità Juve, improntata al sacrificio e al collettivo, e avrà immediatamente appreso come in serie A, perfino contro gli avversari meno dotati, nulla è scontato.

Adesso appuntamento al prossimo esordio, quello allo Juventus Stadium. E al primo “eu estou aqui!”.

Giuseppe Gariffo.

6 cose che abbiamo capito in Chievo-Juve (fino al crossing-game)

1 – Abbiamo già capito dopo novanta minuti di un Chievo-Juve di agosto che la rosa è talmente profonda che, come l’anno scorso, sarà difficile ragionare su un 11 titolare. Ci sono almeno tre slot della formazione-tipo che non troveranno un padrone fisso e le prestazioni di chi subentra saranno importanti tanto quanto quelle di chi comincia la gara.

2 – Cristiano ha bisogno di due cose che la formazione di partenza non gli concedeva: avere aria attorno e sentirsi coinvolto. La sua (buona) partita è salita di livello quando ha cominciato a ricevere sistematicamente sull’out di sinistra, una situazione su cui lo staff rifletterà e lavorerà.

3 – Prima di spostarsi a sinistra, da punta pura, Cristiano ha provato ad attaccare la profondità con movimenti sempre adeguati per tempismo e intenzione. Purtroppo in questi frangenti si è notato lo scollamento con i compagni di squadra, abituati da Higuain a giocare sempre sulla figura. Non solo i suoi movimenti non sono stati (quasi) mai premiati da un lancio, ma i tre suggeritori – Dybala su tutti, Pjanic a ruota – non hanno approfittato dei buchi creati da Cristiano nella struttura difensiva avversaria, preferendo sempre andare incontro al portatore anziché spostarsi nello spazio liberato.

4 – Ancora una nota sulla formazione di partenza: a Cristiano piace svariare, a Dybala piace svariare… la conseguenza è che dentro il campo ci sono finiti Douglas Costa e Cuadrado, talvolta addirittura in contemporanea. Tralasciando il fatto che si tratta di due giocatori poco adatti per caratteristiche a ricevere in quella zona di campo, questo assetto posizionale priva la Juve di un riferimento avanzato che in queste partite, come si è visto dall’ingresso di Mandzukic, può fare la differenza. Allora mi chiedo: in assenza del croato, non può essere questo il compito di Dybala? Quanto dovremo ancora andare a sbattere (noi e lui) contro prestazioni come quella di ieri per capire che non rende al meglio né da trequartista/mezzala, né quando si allarga a destra (chi ha detto la parola “problema”)?

5 – La formazione con cui abbiamo chiuso è concettualmente più semplice dell’undici di partenza e infatti lo scaglionamento in campo è stato molto più chiaro. Due coppie in fascia che agiscono da coppie (Bernardeschi e Ronaldo ali perfette in situazione di arrembaggio), due terzini in grado di prendersi il fondo, due esterni in grado sia di associarsi e rientrare sia di chiudere l’azione sul secondo palo, un centravanti e un mediano che occupano benissimo l’area. Può essere una Juve ottimizzata per un crossing game di altissimo livello, palla in fascia e 1 vs 1 incessanti.

6 – I gol subiti non sono episodici e ci dicono molto sui difetti di questo 4231. Con una differenza: il secondo, con la squadra lunga 80 metri, probabilmente fra due mesi non lo prendi. Il primo invece denuncia la troppa semplicità con cui, a squadre schierate, il Chievo ha raggiunto la parità numerica nella nostra area di rigore. Un 3 vs 3 che non dobbiamo concedere, soprattutto se Bonucci continua a leggere queste situazioni come se stesse giocando a tre dietro. NB: anche senza Bonucci avevamo preso un gol identico a Bergamo pochi mesi fa (Cristante). In queste circostanze o aumenti la pressione nella zona da cui parte il cross, oppure hai bisogno di un centrocampista di stazza che si abbassi e dia manforte ai centrali, senza rimanere a metà strada come il Pjanic di ieri. Insomma… qualcuno ha detto Emre Can?

Davide Rovati.

Serie A, 1a giornata: Chievo-Juventus 2-3


#finoallafine. Sin dal principio. L’analisi di Chievo-Juventus.


Attesa. Euforia. Estasi. Ansia. Quando il campionato riparte, e con esso purtroppo i veleni e le polemiche, il sentimento di qualsiasi tifoso è paragonabile a quello dei protagonisti ritratti da Giacomo Leopardi ne Il sabato del villaggio; la gioia pervade gli animi, si pregusta la sensazione di entusiasmo che la stagione potrebbe portare. Ovviamente, nessuno juventino vuole sposare la visione leopardiana del mondo, secondo cui il godimento umano si manifesta nell’attesa di una gioia irraggiungibile ed è quindi un’illusione effimera, augurandosi che il piacere possa manifestarsi ed essere pienamente gustato a giugno, come successo negli ultimi sette anni, con l’aggiunta di quella Champions League ormai obiettivo fissato.

Il calciomercato della Juventus è coerente con quanto si vuole ottenere dal campo. La società ha consegnato ad Allegri una squadra pronta per vincere tutto, profonda, ricca di qualità, personalità, fisicità ed esperienza; per il tifoso, invece, la sessione estiva è stata semplicemente memorabile: si è iniziato con gli addii di alcuni dei protagonisti delle ultime cavalcate, si è idealmente abbracciato nuovi protagonisti come Perin, Cancelo ed Emre Can, si è festeggiato il leggendario acquisto di uno dei migliori calciatori della storia, salutato un beniamino come Higuain, accolto nuovamente il figliol prodigo Bonucci col “sacrificio” di Caldara, infine reso omaggio a Marchisio.

Per il tifoso del Chievo, invece, l’attenzione è stata interamente rivolta a quanto accaduto, e che succederà nuovamente, nelle aule della giustizia sportiva: il deferimento per il caso plusvalenze ha bloccato il mercato e pesantemente condizionato qualsiasi trattativa; lo spauracchio retrocessione d’ufficio in Serie B ormai appartiene al passato, mentre resta viva, quasi certa, una pesante penalità in termine di punti che potrebbe rivelarsi fatale per la formazione clivense.

Al Bentegodi, quindi, si presentano l’alfa e l’omega del calcio italiano: la Juventus nettamente favorita contro il Chievo probabile retrocessa. La prima stagionale della compagine d’Allegri viene quindi attesa per l’esordio ufficiale di Cristiano Ronaldo, accolto anche a Verona come la star globale che è, senza poche preoccupazioni per il risultato finale che viene dato per scontato; non la pensa così il tecnico livornese, chiaro nelle dichiarazioni precedenti la partita. La formazione bianconera viene schierata in campo col 4-2-3-1, inserendo sin dall’inizio i giocatori di maggior talento, presentando una formazione dal volto decisamente offensivo: Cancelo e Alex Sandro sono i terzini, Chiellini riabbraccia Bonucci, Khedira trova nuovamente Pjanić nel duo di centrocampo, Cuadrado e Douglas Costa esterni alti, Dybala dietro Ronaldo. Il Chievo, invece, viene presentato con un 4-5-1 con il chiaro intento di fare una partita difensiva, rendendosi pericoloso in contropiede o nelle poche occasioni lasciate.

La partita inizia nel migliore dei modi per la Juventus. Al primo affondo, è gol: Khedira segna su una mischia in area di rigore e porta in vantaggio la sua squadra. Una rete che non modifica il canovaccio, ma permette ai bianconeri di mantenere il pallone usando il possesso come arma difensiva e per controllare i ritmi della gara, evitando di accelerare eccessivamente. La costruzione bassa coinvolge essenzialmente il blocco centrale, costituto dalla doppia cerniera difensori+mediani, e i terzini; l’eccelsa qualità dei giocatori sulle fasce consente di superare senza grossi problemi il pressing avversario, ma la circolazione è spesso rallentata dai troppi tocchi da parte dei centrocampisti: Pjanić-Khedira giocano troppo piatti, sulla stessa linea, e la loro presenza è ridondante, abbassandosi eccessivamente, togliendo spazio alle iniziative dei due centrali difensivi. Allegri demanda l’ampiezza essenzialmente ai due esterni bassi, mentre Cuadrado e Douglas Costa devono stringere dentro il campo, offrendo una linea di passaggio in verticale, raccordando centrocampo e attacco; un compito che il brasiliano svolge, abbassandosi anche lui eccessivamente portandosi talvolta davanti la linea di pressione della mediana clivense, scambiandosi spesso la posizione con Cristiano Ronaldo; il colombiano, invece, tende a restare coi piedi sulla linea laterale, pestandosi i piedi con Cancelo e intasando una zona in cui spesso galleggia Dybala.

 

Sopra, la mediana a 5 del centrocampo del Chievo, molto stretta e compatta. Sotto, l’uscita dell’interno per attaccare la ricezione di Bonucci lascia libera la linea di passaggio in verticale. Evidenziati i quattro attaccanti della Juventus: Douglas Costa si era abbassato per giocare a muro e poi attacca lo spazio centrale, CR7 resta basso.

Il Chievo è schiacciato nella propria metà campo, il possesso palla bianconero consente agli uomini di Allegri una comoda transizione negativa, nonostante i tentativi di pressing alto, spesso su invito degli avversari; D’Anna prevede una mediana folta, compatta orizzontalmente, per impedire facili ricezioni tra le linee, con uscite degli interni sui due centrocampisti e sulla ricezione del centrale juventino. La dirompente, e straripante, differenza di tasso tecnico si evidenzia in alcuni lampi, squarci di pura classe, che portano la Juventus più volte vicina al due a zero; basta accendersi per qualche secondo per rendersi pericolosi, ma un mix di leggerezza-sfortuna-cattive scelte impediscono agli juventini di segnare il raddoppio.

Come ha giocato la Juventus. 

Proprio quando il primo tempo si sta avvicinando alla fine e l’attesa, ingannatrice, è tutta per il secondo gol juventino, arriva inaspettato il pari del Chievo. Ed è esattamente la fotografia della differenza tra amichevoli estive e campionato, ma in fondo è l’essenza spietata del calcio: la determinazione, l’intensità, la concentrazione feroce sono essenziali, insieme alle componenti tecniche, atletiche e tattiche, per ogni fase del gioco, ma soprattutto per non lasciare occasioni da rete facili. È un qualcosa d’intangibile, ma che spesso manca a inizio stagione e che si ritrova, non sempre, durante l’anno. Già prima della rete la Juventus aveva dimostrato qualche difficoltà nella pressione collettiva: la circolazione del Chievo è scolastica, prevede il movimento ad aprirsi dell’interno per creare superiorità numerica sulle fasce; i bianconeri intendono esercitare un pressing alto, attaccando il portatore di palla e gli appoggi più vicini, coerentemente con i principi calcistici d’Allegri, ma l’organizzazione di squadra è distante da quel preciso meccanismo che siamo soliti vedere: i tentativi son più individuali e permettono al Chievo, nelle poche occasioni in cui sono in grado di sviluppare delle trame, di superare senza grosse difficoltà gli ostacoli posti. Nell’azione del gol sono evidenti le responsabilità di Cuadrado e di Bonucci, errori superficiali e facilmente correggibili.

Il meccanismo d’uscita sopra descritto e le difficoltà della Juventus. Da notare la mancata compattezza orizzontale e la distanza tra Pjanić e Khedira.

Difficoltà senza palla che aumentano a inizio ripresa. La Juventus perde in compattezza, sia orizzontale che verticale, pressando spesso a vuoto; il Chievo riesce ad affacciarsi con maggiore continuità nella metà campo avversaria, senza mai rendersi pericolosa, cercando la soluzione che porterà all’azione del rigore, quel cambio di gioco su Giaccherini per tentare l’uno contro uno con Cancelo. Difficoltà bianconere dovute alla composizione della mediana di centrocampo, con Pjanić-Khedira, specialmente il tedesco, sempre attratti a pressare accorciando, facendo poi fatica a recuperare la posizione, allungando così verticalmente la squadra; i due esterni, anch’essi portati ad aggredire i terzini, non sono stati sempre puntuali negli scivolamenti: il Chievo non è stato in grado, nemmeno ci ha tentato, di sfruttare con maggiore lucidità gli spazi alle spalle e ai fianchi del centrocampo juventino, perseguendo il proprio piano partita.

La Juventus s’allunga e perde compattezza verticale. Il Chievo non sa approfittarne. 

L’errore della formazione d’Allegri è stato quello di non comprendere il momento della partita, perdendo in equilibrio e compattezza, ma per fortuna mancava ancora molto alla fine della gara.

Gli errori in fase di non possesso. 

Il tecnico bianconero, come noto, ha nella profondità e nella ricchezza di soluzioni in panchina un’arma notevole per cambiare le sorti della partita. Il primo cambio è quello Bernardeschi-Cuadrado: l’esterno ex Fiorentina è chiamato a occupare la stessa posizione, con maggiore sacrificio e sostanza, tagliando maggiormente dentro il campo e collegando il centrocampo con l’attacco. La seconda sostituzione rovescia il modo d’attaccare: Mandžukić per Douglas Costa comporta l’allargamento di Cristiano Ronaldo sulla fascia e la presenza di un centravanti in area di rigore, presenza più che opportuna per una gara d’assedio. L’attaccante croato non si fa solamente sentire in area, ma è ovunque, rientra spesso per aiutare i compagni, sacrificandosi con la solita intensità e sostanza, consentendo al portoghese e a Dybala di rientrare il meno possibile.

I tre di centrocampo (più Mandžukić) senza palla.

Anche nel forcing finale la disposizione dei giocatori sul campo è efficace e riempie meglio il campo.

L’assetto bianconero ora è maggiormente scolastico, ma risulta essere più efficace: terzini che spingono, esterni alti pronti a tagliare dentro il campo, un centravanti, una seconda punta, un interno che si butta negli spazi. Ed è quello che fa efficacemente Emre Can dal momento del suo ingresso; l’ex Liverpool apre il gioco, s’inserisce, recupera palloni, garantendo un contributo di qualità e sostanza che fa la differenza. L’assedio della Juventus trova sfogo sulla sinistra, da dove Cristiano Ronaldo ha provato in tutti i modi di segnare, centrando la porta con una facilità irrisoria che dimostra tutta la sua straordinaria forza, ma dove soprattutto Alex Sandro è devastante: il terzino brasiliano non può essere fermato, salta l’uomo anche da fermo, ed è decisivo nella vittoria in rimonta grazie al guizzo in area di Bernardeschi.

Fino alla fine, quindi. Già dal principio. Ed è probabilmente la migliore notizia per Allegri, tecnico che vede una squadra che non vuole mai perdere. La voglia e la festa con cui è stato accolto il gol vittoria non sorprendono chi tifa e segue la Juventus, così come non desta stupore la grandissima qualità di questa squadra. È la prima stagionale e quindi bisogna essere assai cauti nelle conclusioni finali: Allegri è un allenatore che non presenta schemi, ma principi di gioco, attento osservatore delle caratteristiche dei proprio giocatori, sostenitore della fondamentale rilevanza di creare conoscenza reciproca tra i calciatori. Ed è quella che manca ancora, e non potrebbe essere diversamente, tra gli attaccanti: al netto della condizione atletica,Cristiano Ronaldo-Dybala-Douglas Costa-Cuadrado devono ancora conoscersi e capire come rispettare le idee e il piano partita del proprio allenatore.

Ok, si devono conoscere ancora. Va bene la fluidità, ma sempre nel rispetto dei principi dell’allenatore.

Stesso discorso per Pjanić: il regista deve aumentare la varietà di colpi a disposizione, alternando lungo e corto, aprendo più spesso il gioco, cercando con maggiore insistenza la profondità per servire i tagli degli esterni o i movimenti senza palla dell’ex Madrid. Il mito portoghese non è un centravanti puro, svaria molto, allargandosi sulla sinistra, ma è soprattutto un maestro nelle letture delle situazioni, dettando continuamente linee di passaggio.

Qui la palla in verticale deve arrivare. O un’apertura. Non la giocata sul corto.

Non ha particolarmente convinto, non è una novità, la coppia Pjanić-Khedira, in difficoltà nella fase di non possesso come già detto e troppo bassi e piatti nella circolazione del pallone, mentre i nuovi hanno tutti ben sfigurato: Cancelo, al netto dell’errore sul rigore, ha portato qualità, spinta, dinamismo, giocate da ala; Emre Can in pochi minuti ha fatto intravedere tutto il suo valore. In una settimana migliorerà la condizione, ma la conoscenza e la fluidità del gioco arriverà decisamente più avanti: Allegri insisterà in settimana sulla lettura dei momenti e sulla capacità di mantenere la compattezza della squadra, essenziale nella prossima sfida con la Lazio.