È iniziato tutto il 14 marzo nella tutt’altro che celebre cornice dello stadio Melara di Santa Croce sull’Arno, con un undici composto da ragazzi che messi insieme, esclusa qualche eccezione, non avevano collezionato nemmeno un centinaio di minuti in campionato e contro un avversario sconosciuto ai più fino a qualche settimana prima. È finito a Viareggio dopo sette vittorie con un trofeo in mano e un grosso sorriso stampato in faccia.
Il cammino è stato lungo e, come il calendario imponeva, intenso. Fabio Grosso ha conquistato il suo primo trofeo da allenatore e questa squadra entra nella storia delle giovanili della Vecchia Signora con pieno merito, vista la qualità della rosa. Dire che tutti finiranno in prima squadra o saranno professionisti, ovviamente, è un’altra cosa, ma è giusto che i ragazzi si godano la meravigliosa sensazione di un trofeo tra le mani. Perché vincere insegna a vincere e nella palestra Juve questo è un esercizio che non può mancare.
Cosa lascia, però, il Viareggio? Rivivere rapidamente il percorso bianconero fornisce già le risposte. Fase a gironi estremamente semplice (il Crotone ha creato più di qualche problema, a dire il vero): punteggio pieno e formazioni sempre diverse, con l’obiettivo di far mettere minuti nelle gambe a chi aveva giocato meno fino a quel momento. Dal Milan in poi, quando le cose si sono fatte più serie, un po’ di spazio in più ai titolari di sempre, con prove esaltanti come quella con i rossoneri e altre fatte di tante luci e qualche ombra, come con Bologna e La Spezia, ma anche in finale contro il Palermo. La forza dei bianconeri è sempre stata evidente, ma gli avversari hanno combattuto, ovviamente, con tutte le armi a disposizione. E allora ecco cosa ha fatto la differenza e cosa rimane: Fabio Grosso e il gruppo.
I premi individuali sono andati tutti al Palermo e questo non è un caso. Per i bianconeri sono andati in gol nove marcatori diversi, segno di una cooperativa del gol che esalta il singolo soltanto in quanto ingranaggio di un macchinario più grande. E questo non è un dettaglio. Le qualità non mancano, ma la compagine bianconera ha imparato una cosa ancora più importante: la forza del gruppo. È una cosa che abbiamo evidenziato più volte e che ha un valore eccezionale anche per il prosieguo della carriera dei ragazzi. L’eredità più grande, forse anche più del trofeo.
L’altro fattore che abbiamo citato è Fabio Grosso. Il tecnico, dopo tante critiche, merita una menzione d’onore, perché c’è tanto di suo in questo successo. La qualità della rosa aiuta, non si discute, ma questo non può e non deve mascherare i meriti dell’allenatore. Grosso ha saputo amalgamare la squadra, ha dato gioco e identità, tanto da non far sentire la mancanza di elementi cardine come Romagna, Favilli e Clemenza. E soprattutto ha mostrato di saper leggere le partite nel migliore dei modi. I cambi, spesso, sono stati determinanti, dando alla squadra ciò che mancava, assorbendo i punti di forza avversari e giocando sui loro punti deboli (Toure contro lo Spezia e i cambi in finale sono l’esempio migliore). Qualità acquisite in questi due anni di Juve in cui è cresciuto coi ragazzi, tra pesanti delusioni e qualche bella soddisfazione. Fino al primo trofeo, che non dovrà però essere l’ultimo. Coppa Italia e campionato aspettano.
Chiudiamo con i singoli. I nomi sono i soliti. Di Massimo è stato decisivo e Vadalà ha chiuso con un buon bottino di reti (4), ma occhio ai facili entusiasmi. Le prestazioni, infatti, sono state molto altalenanti e ci sarebbe ancora tanto da lavorare, seppure i miglioramenti siano stati sicuramente evidenti. Evidenziamo nuovamente, perché è un altro segnale importante, la crescita di Bove e Beruatto, poco impiegati in campionato, ma ottimi nelle apparizioni del Viareggio. In particolare il primo, che ha un pedigree tutto bianconero. Il gioiellino, invece, è Pol Lirola. È pronto per la prima? Pregi e difetti? Ve ne parleremo molto presto.
Si chiude, quindi, la pratica Viareggio con un trofeo in bacheca per ricordare di cosa si è capaci, ma da non osservare troppo. Come ha chiarito Bonucci e come hanno evidenziato anche molti ragazzi, da Cassata a Blanco Moreno, deve essere solo l’inizio. Grosso lo sa, parlava di Coppa Italia quando ancora scorreva lo champagne. Mentalità da Juve.
P.S.: La dedica è per Clemenza. L’operazione è andata bene e tutti hanno rivolto un pensiero a Luca. Non posso esimermi dal farlo anche qui.
Edoardo Sitti.