Riavvolgiamo il nastro, torniamo indietro di pochi giorni. Mercoledì sera, è il settimo minuto della ripresa di un match che non si sblocca. Poi la palla, giocata con insistenza da Lemina, arriva nei paraggi di Higuain.
Ed è un attimo: staffilata, il tempo di chiedersi che sta succedendo e lo Stadium è già in festa.
È tutto qui, Gonzalo Higuain: caparbio, letale, un attaccante impressionante. Che in questi mesi, oltre che segnare dieci gol, alcuni dei quali di enorme importanza, ha dimostrato di saper giocare praticamente in tutte le zone dell’attacco, mettendo la sua classe al servizio di una squadra vincente.
Oggi festeggiamo tutti insieme a te, Pipa. Un regalo in anticipo lo hai fatto, a te e a noi, qualche giorno fa: chissà che domani non ne arrivi un altro, in ritardo…
Il compleanno di Higuain. Che (forse) è più giovane di me
Ho realizzato solo adesso di essere più vecchio di Gonzalo Higuain. Di tre mesi per la precisione. A meno che non faccia fede il dato di qualche didascalia cui tutti devono credere per atto di fede e non quello dell’anagrafe di Brest cui papà Jorge comunicò la nascita del figliolo.
Facciamo però finta che, per una volta, contino i dati di fatto e non i “parola più parola meno”. Vorrebbe dire che Gonzalo Higuain ha, appunto, 29 anni. Proprio come me. E devo dire che, rispetto a lui, io mi sento un privilegiato.
I suoi 29 anni sono almeno il triplo dei miei. Perché io non ho passato la mia vita a dover dimostrare di valere 13 milioni di euro a 19 anni, 40 a 26, 90 a 29. Perché io non ho dovuto redimermi con una stagione irripetuta e irripetibile da 36 gol per un solo calcio di rigore sbagliato. Perché non ho dovuto (e non devo) fare i conti con gente che augura a me e alla mia famiglia ogni male possibile e immaginabile a seguito di una scelta professionale prima e di vita poi. Perché io non ho dovuto (e non devo) rendere conto del mio peso forma anche all’ultimo tra gli scribacchini da tastiera. Perché io non devo sacrificare me stesso sull’altare di un concetto di squadra, magari all’interno di un sistema di gioco che mi penalizza e non mi fa rendere quanto potrei (e dovrei). Perché le aspettative che mi circondano sono molto meno pressanti di quelle che circondano lui, per quanto ugualmente importanti se si guarda ai diversi contesti di appartenenza. Perché nell’ultimo anno e mezzo io sono stato semplicemente io e non, alternativamente, reprobo, poi eroe, poi di nuovo reprobo e traditore di valori non ben precisati o, comunque, talmente anacronistici da far sorridere.
Però, come detto, stiamo facendo finta di vivere in un mondo in cui contano i dati di fatto. Quindi si, sono più vecchio di Gonzalo Higuain. E, dall’altro della mia esperienza di ben tre mesi e tre giorni in più, mi piacerebbe dargli un consiglio: di fregarsene. Di tutto e di tutti. Come ha sempre fatto. Come sta già facendo. Come continuerà a fare. Allo stesso modo, cioè, di come fa il suo mestiere in campo. Perché tanto i gol stanno arrivando lo stesso, a 85 come a 90 chili, a 29 come a 30 anni.
Resta solo da stabilire chi tra l’anagrafe di Brest e i media italiani abbia ragione. Intanto che si decide, auguri e cento di questi giorni. Anche se, sul serio, non so come si faccia a sopportare tutto questo.