Campioni d’inverno con una giornata di anticipo, ma non solo. La Juve che supera la Roma con una prodezza di Higuain chiude il 2016 in casa con una sfilza di primati: 100 punti guadagnati in Serie A e 25 vittorie su 25 partite di campionato giocate nell’anno solare allo Stadium, che per non essere da meno, per la partita contro i giallorossi fa registrare il nuovo record di incasso e si gode un successo pesantissimo e per nulla facile da ottenere, a conferma della solidità della squadra di Spalletti.
Una solidità che la Roma mette subito in mostra, tenendo le linee strette, creando densità a centrocampo, proteggendo bene la difesa. Grazie alla qualità del palleggio però, i bianconeri riescono comunque ad arrivare dalle parti di Szczesny, che al 10′ è fortunato a trovarsi quasi tra le mani il tiro al volo da Higuain dopo l’assist dalla destra di Mandzukic.
La girata di prima intenzione è un indizio di quanto l’argentino sia in serata e quattro minuti si ha la prova definitiva: il Pipita vince un contrasto con De Rossi al limite dell’area e, se accentrandosi sembra allungarsi troppo il pallone, riesce invece a saltare Manolas con un dribbling secco e a sparare un sinistro imparabile nell’angolino, segnando un gol da cineteca.
Il vantaggio toglie un po’ di foga alla Juve, che in ogni caso rimane in pieno controllo della gara, tanto che la Roma del primo tempo è tutta in un sinistro di Nainggolan sull’esterno della rete e in una mischia davanti a Buffon.
Per dare più consistenza all’attacco Spalletti a inizio ripresa manda in campo Salah al posto di Gerson, mentre Allegri deve sostituire Pjanic, che accusa un fastidio dopo uno spunto sulla sinistra, con Cuadrado.
La gara vive sul filo dell’equilibrio: le due squadre si chiudono bene e per vedere un’occasione si deve aspettare il 25′, quando Mandzukic serve Sturaro che si inserisce con ottimo tempismo e calcia a botta sicura, trovando un portentoso riflesso di Szczesny, che blocca in due tempi. Poco prima Allegri aveva cambiato Lichtsteiner con Barzagli, mantenendo comunque la difesa a quattro, mentre per il forcing finale Spalletti gioca la carta El Shaarawy al posto di De Rossi.
I giallorossi aumentano il ritmo, arrivano al tiro con Perotti, la Juve tiene duro e Allegri interviene ancora e a dieci minuti dalla fine manda in campo Dybala al posto di Higuain. La Joya prova subito un sinistro da lontano, bloccato da Szczesny, che respinge ancora il tentativo di Sturaro. Nonostante gli sforzi della Roma, insomma, alla fine il conto delle occasioni è decisamente dalla parte dei bianconeri, così come il punteggio, che non cambia più. La Juve vince e torna a più sette sulla Roma. Non potrebbe esserci modo migliore per andarsi a giocare la Supercoppa a Doha.
JUVENTUS-ROMA 1-0
RETI: 14′ pt Higuain
JUVENTUS
Buffon; Lichtsteiner (23′ st Barzagli), Rugani, Chiellini, Alex Sandro; Khedira, Marchisio, Sturaro; Pjanic (6′ st Cuadrado); Higuain (36′ st Dybala), Mandzukic
A disposizione: Neto, Audero, Benatia, Evra, Lemina, Hernanes, Asamoah, Pjaca
Allenatore: Allegri
ROMA
Szczesny; Rudiger, Manolas (40′ st Bruno Peres), Fazio, Emerson; De Rossi (27′ st El Shaarawy), Strootman; Gerson (1′ st Salah), Nainggolan, Perotti; Dzeko
A disposizione: Alisson, Romagnoli, Vermaelen, Juan Jesus, Mario Rui, Seck, Iturbe
Allenatore: Spalletti
ARBITRO: Orsato
ASSISITENTI: Di Liberatore, Barbirati
QUARTO UFFICIALE: Crispo
ARBITRI D’AREA: Tagliavento, Guida
AMMONITI: 12′ pt De Rossi, 16′ pt Dzeko, 26′ pt Rugani, 28′ pt Gerson, 33′ st Alex Sandro, 44′ st Nainggolan, 45′ st Rudiger, 48′ st Sturaro
A CALDISSIMO / Juve-Roma 1-0: vennero, videro, persero
In tempi non sospetti Allegri era stato chiaro, tre gli obiettivi della Juve prima della pausa natalizia: qualificazione agli ottavi di Champions, primo posto in campionato mettendo alle spalle in primis proprio la Roma, vittoria in Supercoppa. Il primo è stato già archiviato da qualche settimana, il terzo lo si giocherà nella sfida di venerdì con il Milan, sul secondo il sigillo è arrivato stasera grazie alla vittoria di pochi minuti fa, diretta inseguitrice della Vecchia Signora regolata con autorità da Buffon e compagni.
Il mister rischiera Pjanic dietro ad Higuain e Mandzukic, Sturaro in mezzo come compagno di Marchisio e Khedira, Lichtsteiner ed Alex Sandro in fascia, lo strepitoso Rugani accanto a Chiellini, anche lui fisicamente straripante.
Il copione del match è chiaro nelle prime battute, i bianconeri tengono il campo decisamente meglio rispetto ai capitolini, complice anche un assetto tattico di quest’ultimi tutt’altro che compatto. Dopo pochissime battute Higuain fa le prove generali deviando debolmente un cross a mezz’altezza di Mandzukic, poi l’argentino fa tutto da solo: vince la sfida fisica col solito nervosissimo De Rossi, supera di slancio Manolas e sinistro chirurgico che tocca il palo e si insacca alla destra di Szczesny. Dal vantaggio in poi Marchisio e soci decidono di abbassare il ritmo, controllo abbastanza agevole sino al fischio di metà gara, eccezion fatta per una mischia ad un passo da Buffon a seguito di un corner, situazione risolta dalla respinta di Lichtsteiner. E’ proprio questa la nota stonata di serata: non è stata questa l’unica situazione pericolosa in area juventina a seguito di palle alte e da fermo, nonostante un gigantesco Rugani, come detto, capace di annullare totalmente Dzeko. Nella parte finale del match manca il killer instinct per colpa di qualche imprecisione di Cuadrado (entrato al posto dell’infortunato Pjanic) e di un paio di prodezze dell’estremo difensore avversario su un monumentale Sturaro, guerriero a tutto campo. Il fischio finale di Orsato, a margine del pressing infruttuoso della squadra di Spalletti, fa scattare la gioia sugli spalti dello Juventus Stadium, è già titolo d’inverno.
Un titolo platonico ma che lancia un chiaro segnale alle inseguitrici: quando la Juve c’è con la testa dentro ai match, al di là dell’aspetto estetico non esattamente entusiasmante, è difficile che al fischio finale i tre punti vengano conquistati da altre compagini.
Allegri, Spalletti e la ricerca della quadra
Luciano Spalletti non lo sa (e, probabilmente, pure se lo sapesse, se ne fregherebbe, come è giusto che sia) ma io lo stimo. Molto. Ma non la stima, mista a pietà e compassione, della signora Pina verso il rag. Ugo Fantozzi. E’ stima vera verso l’uomo prima ancora che l’allenatore. Con il secondo che ha raccolto molto meno di quanto meritasse il primo, per tutta una serie di motivi che sarebbe troppo lungo ricordare in questa sede. La sua intervista post partita mi ha fatto desistere dallo scrivere di tutto il brutto che c’era stato nei novanta minuti precedenti, con De Rossi e Nainngolan che hanno passato la maggior parte del tempo con le mani alzate a protestare per non si sa che cosa, invece di dimostrare al mondo che grandi giocatori siano (soprattutto DDR che, parere personale, fosse cresciuto in un ambiente meno isterico e vittimista, sarebbe diventato il miglior centrocampista della storia del calcio italiano. O, almeno, uno dei migliori, ammesso che non lo sia già). Un’analisi lucida, pacata, serena, oggettiva, specchio di un uomo che sta lavorando per trovare la quadra che permetta al centesimo di diventare euro: e io gli auguro di riuscirci, magari il più tardi possibile (per ovvie ragioni di tifo). Se lo meriterebbe davvero.
Dall’altra parte, invece, c’è un Massimiliano Allegri che, nonostante esca contianamente dal campo (furioso contro i suoi, gli altri, il mondo), sta vedendo il suo progetto prendere forma. Si tratta di una sorta di ritorno al passato, a quella squadra camaleontica (ieri si è passati agilmente dal rombo, al 4-3-3, al 3-5-2 nello spazio di 20 minuti) e solida che riuscì a portare a Berlino. Con un Dybala e un Higuain in più, seppur con picchi di gioco che non corrispondono ancora alle aspettative (e chissà se lo faranno mai, attesa delle “idi di Marzo” a parte) e con qualche affanno di troppo nella lettura e nella gestione delle singole fasi della partita. Anche per lui la quadra definitiva è ancora di là da venire ma, rispetto a un mese fa, non sembra mancare poi molto. Soprattutto se i giocatori continueranno a dimostrare di essere tutti alla stessa pagina, come da Marassi in poi.
Ed è questo il filo conduttore della narrativa che lega i due toscani in cima all’Italia calcistica (in attesa del terzo, quel Maurizio Sarri che non saprà comunicare ma allenare si). Allegri e Spalletti, Massimiliano e Luciano, allenatori contro, uomini molto più simili di quanto non si creda: entrambi alla ricerca di una quadra che potrebbe anche non arrivare. Ma sarebbe anche ingiusto giudicarli solo per questo.
17a Serie A: Juventus-Roma 1-0
di Andrea Lapegna
La Juventus batte la Roma nello scontro diretto, stacca i giallorossi in classifica, si laurea campione d’inverno con due giornate d’anticipo e lancia un ulteriore segnale al campionato. Prova generosa e convincente.
The intensity tourIl mese di dicembre della Juventus è stato uno schizzo di dinamismo, ipercinetica e aggressività. Lo spaccato più intenso del campionato si era aperto con l’orribile trasferta di Marassi, aveva offerto immediato riscatto contro Atalanta e Torino (inframezzato da un allenamento di Champions) e chiuso con la sfida contro la Roma. Insomma, quattro gare di Serie A contro le quattro squadre che più di tutte giocano le proprie partite sul piano dell’intensità e della costante tensione verticale.
Uscita dalla terapia intensiva dopo la batosta con il Genoa, la Juventus ha compreso in realtà di avere le qualità per potersela giocare su quello stesso piano; le formazioni iniziali contro Atalanta e Torino sono un manifesto in questo senso, e gridano ai quattro venti: “sono più duro di te”. La Roma dal canto suo non ha entusiasmato contro il Milan, dove gli stenti tecnici di entrambe le squadre hanno favorito una partita bloccata, ma veniva comunque da 3 vittorie consecutive in Serie A.
Per l’attesissima sfida di sabato sera, le infermerie giocano il ruolo di protagoniste: la Juventus recupera piano piano i propri pezzi migliori. Con Chiellini già in campo da un paio di partite, Dybala centellinato per averlo al 100% proprio contro la Roma e Barzagli e Pjaca in panchina, la sala d’aspetto del J Medical si sta gradualmente svuotando. Processo meno netto per i capitolini invece, in emergenza sugli esterni: ai lungodegenti Vermaelen, Florenzi e Mario Rui si è aggiunto anche Bruno Peres, costringendo Spalletti a tirare a lucido Emerson Palmieri e a dirottare Rudiger nel ruolo di terzino destro. Con Salah arruolabile in extremis ma non ancora in condizione, l’allenatore giallorosso scommette a sorpresa su Gerson nel ruolo di mezz’ala destra.
Prendere le misure
Il copione della partita diviene chiaro sin dalle prime battute. Se il 4-3-1-2 bianconero è lampante anche solo alla lettura della formazione, la Roma assume un atteggiamento più camaleontico. La squadra capitolina “galleggia” infatti tra 4-3-3 e 4-2-3-1, a seconda della strutturazione del triangolo di centrocampo: l’ago della bilancia è Radja Nainggolan, ancora una volta pietra angolare della disposizione tattica giallorossa. Spalletti gli ha cucito addosso quel ruolo à la Perrotta, per cui a seconda della posizione del belga Perotti e Gerson si aprivano per permettergli di trovare la posizione tra i giocatori bianconeri e specialmente ai lati di Marchisio. Ad aggiungere pepe alla formazione giallorossa c’è un’asimmetria di fondo: tra i terzini Rudiger rimane sempre bloccato, quasi fosse un esterno di difesa a 3, mentre Emerson Palmieri sale ben oltre il centrocampo anche con la sfera in circolazione bassa.
Il triangolo rovesciato della Roma a centrocampo. Notare Perotti e Gerson apertissimi. Il 4-2-3-1 in fase di possesso diventa ancor più chiaro sulle passmap a fine partita.
Tra le fila bianconere invece il decisore del gioco è Pjanić. Al bosniaco viene affidato il compito di sporcare l’impostazione e il fraseggio tra Strootman e De Rossi; soprattutto, in fase di possesso posizionale, deve farsi trovare ai lati dei centrocampisti giallorossi per proporre ulteriori linee di passaggio diagonali alle mezz’ali. Grazie alla corsa verticale di Khedira e Sturaro, due abituati a riconquistare la palla e a proiettarsi in avanti, questo compito risulta ampiamente facilitato.
Nei primi minuti della partita, quando questi meccanismi funzionano, si vede un’ottima Juve: le buone combinazioni tra Pjanić e gli altri centrocampisti, e il lavoro di sponda di Higuaín e Mandžukić, consentono di mettere in inferiorità numerica un lato della difesa giallorossa (di preferenza il sinistro). Il modulo proposto da Spalletti, nonostante i generosi ripiegamenti di Nainggolan, pone il centrocampo giallorosso in inferiorità numerica nei confronti della controparte, e la velocità con cui i bianconeri riescono a far circolare il pallone ne espone ancor di più i limiti. La pigrizia con cui Gerson rientra, invece, ne acuisce le criticità quando è Alex Sandro a spingere (i loro duelli sono una delle chiavi della partita). La Juve arriva così due volte al tiro con l’attaccante argentino.
Il gol di Higuaín, benché di chiara impronta personale, nasce da un’azione in cui la Juventus aveva dato a vedere questi principi. Sul successivo recupero palla su un poco concentrato De Rossi, il numero 9 si trova fronte alla porta con un paio di metri davanti a sé, e li sfrutta tutti. L’errore dei difensori romanisti è duplice: prima Fazio si lascia attrarre dal movimento ad uscire di Mandžukić (che invece deve essere assorbito dal terzino), poi Manolas si lancia in una sciagurata scivolata – partendo da fermo – quando avrebbe dovuto accompagnare Higuaín sull’esterno riducendogli l’angolo di tiro.
Stanno tutti qui i 90 milioni
La Juventus non si scompone, ma la Roma attua qualche piccola contromisura. Spalletti chiede a Gerson più copertura e gli stringe la posizione, rendendo ancora più ibrido il ruolo di Nainggolan, che adesso si ritrova stabilmente alla sinistra di Marchisio. Purtroppo per la Juventus è una mossa che produce i suoi frutti: le distanze tra Sturaro e il mediano torinese non sempre sono ottimali, con il risultato di lasciare pericolose ricezioni avanzate al belga. La pressione della Roma negli ultimi 15 minuti della prima frazione nasce da queste situazioni. Tuttavia, anche quando si schiaccia ai 25 metri, la Juventus non dà mai veramente l’impressione di soffrire. Concede il possesso, sì, ma abbassandosi ulteriormente permette alla difesa di trovare posizioni e distanze reciproche, senza così concedere grosse occasioni alla Roma. Encomiabile in queste circostanze Mandžukić, che agisce da vero e proprio laterale sinistro andando a coprire una mancanza strutturale nello scacchiere bianconero. Quest’ultimo assume ora la forma di un 4-4-1-1 in cui i due riferimenti avanzati sono Pjanić e Higuaín, ma diventa più spesso ancora, quando Nainggolan rimane alto, un 4-1-4-1.
La Juventus senza palla. Notare Marchisio su Nainggolan e Mandžukić esterno.
Cambiare senza cambiare
Nell’intervallo Spalletti capisce di aver perso la scommessa Gerson (anche se lo difenderà davanti alle telecamere) e inserisce un Salah non al 100% per il giovane brasiliano. Il modulo della Roma invece non cambia, pur con una diversa interpretazione del ruolo da parte dell’egiziano. Nella Juventus né l’infortunio di Pjanić né l’uscita precauzionale di Lichtsteiner fanno cambiare la disposizione ad Allegri. Se da un lato è Cuadrado a prendere in consegna i compiti di trequartista, dall’altro è Barzagli a caricarsi il ruolo già ricoperto in passato di terzino destro.
Le due sostituzioni hanno sorte diversa. Il colombiano in particolare, senza la possibilità di attaccare l’interezza della fascia, perde in lucidità e non è mai veramente efficace nel decision-making. Il pressing della Roma porta la Juventus a schiacciarsi nella propria metà campo, ma Cuadrado non riesce mai a prendere le misure a De Rossi quando il centrocampista azzurro imposta, né a proporre una linea di passaggio verso la profondità una volta riconquistata palla. Volere la palla sui piedi in transizione è un limite da limare.
La Roma invece non sembra avere un piano B efficace alle ricezioni di Nainggolan, ben guardato da Marchisio: Perotti scompare dietro Barzagli come già aveva fatto con Lichtsteiner, Salah non riesce mai ad attaccare lo spazio dietro Alex Sandro. Nemmeno El Shaarawy riesce a farsi trovare nei mezzi spazi (dopo l’uscita di De Rossi e il consequenziale abbassamento di Nainggolan). Così, si fa ancora una volta affidamento ai lancioni di Szczęsny verso Džeko.
Il campo offre però due situazioni che ne limitano drasticamente l’efficacia. Da un lato, la Roma non ha più un giocatore scaltro ad attaccare le seconde palle o meglio ancora le sponde dell’ariete bosniaco (vedasi la meravigliosa efficacia di Florenzi contro l’Inter). Dall’altro, sia Chiellini che soprattutto Rugani hanno messo il guinzaglio a Džeko sui duelli aerei – ne vincerà solo 7 su 17 ingaggiati – , vanificando di fatto tale volontà di potenza. Il giovane centrale azzurro (cui dedichiamo qui un mini tributo) ha offerto in particolare una prova maiuscola, sempre attento nelle letture e preciso nel rilanciare l’azione. Un ottimo spot per chi diceva che non può studiare da vice-Bonucci.
La Roma si ritrova così a proporre un fraseggio orizzontale, contrario ai canoni di verticalità spallettiani e desolatamente sterile. La Juventus potrebbe approfittarne in transizione, ma non riesce mai veramente a concludere un contropiede, vuoi per errori tecnici (Sturaro, con la complicità di un finalmente ottimo Szczęsny), vuoi per valutazioni sbagliate (Marchisio e Cuadrado). Quella della gestione dei contropiedi è una componente negativa non nuova, ma che richiede una repentina soluzione. Come ha detto Allegri a fine partita, certe situazioni o si portano a termine, oppure si ricicla il possesso guadagnando tempo e possibilità di una nuova offesa. Motivo quest’ultimo per cui ha messo in campo Dybala, che in 10 minuti ha guadagnato preziosi falli nella metà campo avversaria, e portato in dote due cartellini gialli tra i giallorossi.
La partita si conclude sull’onda di questa melodia, che i giocatori bianconeri riescono ad armonizzare a proprio favore proponendo un gioco asciutto ma efficace. La Juventus è riuscita ad annullare una prima vague di intensità della Roma grazie ad una maggiore velocità di circolazione palla. Successivamente, si è chiusa frustrando il dinamismo giallorosso con linee basse e strette, costringendo gli ospiti ad un gioco in ampiezza in cui non sono mai stati veramente a proprio agio. Spalletti dovrà riflettere a una nuova struttura d’attacco, perché la proposta offensiva di ieri sera è stata ben poca cosa.