Evitare toni trionfalistici questa sera è sacrosanto, perché c’è ancora il ritorno al Camp Nou da giocare e il Barça ha già dimostrato di essere capace di tutto in casa propria. È sacrosanto, ma tremendamente difficile. Perché la Juve non solo vince 3-0 l’andata. Lo fa giocando una partita ai limiti della perfezione, specie nella ripresa, per quanto sia il primo tempo, con la doppietta di Dybala piazzata in poco più di venti minuti, a indirizzare la gara. Il Barcellona non esce ridimensionato dalla sfida, perché quando Messi riesce a ispirare è difficile non temere il peggio, ma di fatto, al di là di due pericoli creati con Iniesta e Suarez e sventati da Buffon, la Juve non concede nulla. E questo è un ulteriore merito dei bianconeri che con un Chiellini monumentale riescono anche ad arrotondare il punteggio. Buffon alla vigilia aveva detto di voler vedere quanto era cresciuta la squadra rispetto alla finale di Berlino di due anni fa. È lecito pensare che la risposta lo soddisfi…
CHE PARTENZA! E CHE JOYA!
Se nella Juve di Allegri, che spesso varia gli uomini, si può parlare di formazione tipo, beh, è quella che il tecnico manda in campo dall’inizio, con le quattro punte, Pjanic al fianco di Khedira e Dani Alves e Alex Sandro ai fianchi di Bonucci e Chiellini. Dopo venti secondi arriva già il primo tiro di Khedira, che è sì fuori misura, ma che dà l’idea delle intenzioni dei bianconeri. Ritmo e pressing sono altissimi e il Barça fa fatica a manovrare. La Juve invece appena può invece verticalizza e al 3′ crea già una ghiotta occasione da gol con il colpo di testa di Higuain che devia tra le braccia di Ter Stegen la punizione di Pjanic. Altri quattro minuti e la partenza al fulmicotone viene premiata. Higuain cambia gioco sulla tre quarti e pesca Cuadrado sulla destra: il colombiano entra in area, finta e contro finta e palla a Dybala che in un fazzoletto controlla, si gira e piazza il sinistro sul secondo palo rendendo vano il tuffo di Ter Stegen
UN PO’ DI BARÇA, MOLTO DYBALA
Subito sotto di un gol il Barcellona deve necessariamente destarsi dal torpore. I catalani iniziano a prendere campo, pur non accelerando particolarmente le giocate. La Juve concede loro il possesso palla e inevitabilmente, prima o poi, avversari del genere il pericolo lo creano: Messi rifinisce per Iniesta, mettendolo solo davanti a Buffon, e il centrocampista cerca l’angolino, trovando però la manona del capitano bianconero che devia in angolo. Si fa giusto in tempo a tirare il fiato, che è già il momento di svuotare i polmoni, ma per esultare per il secondo capolavoro di Dybala: Mandzukic parte come un treno sulla sinistra palla al piede, arriva al confine dell’area e tocca centralmente per la Joya che di prima intenzione spedisce il raddoppio tra palo e portiere.
ATTESA E RIPARTENZE
Il copione non cambia. Il Barcellona ricomincia a macinare gioco e la Juve aspetta, chiudendosi bene e concedendosi però qualche leggerezza di troppo quando è ora di ripartire. Pur finendo per abbassarsi troppo i bianconeri riescono a tenere e sono ancora loro a farsi vedere più incisivi in avanti, prima con la conclusione di Pjanic, servito da Cuadrado dopo un’azione simile a quella del primo gol, poi con il diagonale di Higuain respinto da Ter Stegen. L’impressione è che la difesa blaugrana soffra e non poco quando la Juve attacca; proprio per questo, dopo essere rientrati negli spogliatoi tra gli applausi dello Stadium, nella ripresa il compito è ritrovare l’aggressività dei primi minuti.
CHIELLINI, E TRE!
Luis Enrique inizia la ripresa con André Gomes al posto di Mathieu e accentrando Messi. La prima occasione è una rasoiata di Khedira non lontana dall’incrocio e se Iniesta arriva a scaricare il destro dal limite dell’area mettendo alto di un soffio, è Higuain ad avere due palloni più che invitanti. Il primo prova a piazzarlo, il secondo lo calcia di potenza, ma in entrambi i casi trova pronto Ter Stegen. Il portiere blaugrana però non può davvero fare nulla sulla terza conclusione che arriva dalle sue parti nel giro di pochi minuti: Pjanic va dalla bandierina, Chiellini resiste alle strattonate di Mascherano e manda il pallone a sbattere sul palo e ad addormentarsi in rete.
INTENSITÀ, VOGLIA, FAME
Il Barcellona questa volta accusa il colpo per qualche minuto, ma presto ricomincia a macinare gioco. Messi ha un’altra intuizione liberando Suarez al tiro e Buffon si supera sfiorando il pallone e mettendo il diagonale in angolo. Poco prima della mezz’ora Allegri opera il primo cambio, inserendo Lemina per Cuadrado, quindi tocca a Dybala uscire tra i meritatissimi applausi e lasciare il posto a Rincon, infine, al 44′ è Barzagli a sostituire Pjanic. Del resto, come comprensibile, negli ultimi minuti di gara i catalani provano a produrre il massimo sforzo. Il risultato è minimo però, anzi zero, come il loro score sul tabellino. E non è per demerito loro, ma semplicemente perché la Juve è straordinaria non solo nel chiudere ogni varco, ma anche e addirittura nel tenerli lontani dalla propria area. Certo se l’avversario non si chiamasse Barcellona, al triplice fischio si potrebbe parlare di qualificazione ipotecata. Il PSG però insegna e tra otto giorni, al Camp Nou ci sarà da lottare ancora per novanta minuti. L’importante sarà farlo con la stessa intensità, la stessa voglia, la stessa fame di questa magnifica sera.
IL TABELLINO
JUVENTUS-BARCELLONA 3-0
RETI: Dybala 7′ pt, Dybala 22′ pt, Chiellini 10′ st
JUVENTUS
Buffon; Dani Alves, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Pjanic (44′ st Barzagli), Khedira; Cuadrado (28′ st Lemina), Dybala (36′ st Rincon), Mandzukic; Higuain
A disposizione: Neto, Lichtsteiner, Asamoah, Marchisio
Allenatore: Allegri
BARCELLONA
Ter Stegen; Sergi Roberto, Piquè, Umtiti, Mathieu (1′ st André Gomes); Rakitic, Mascherano, Iniesta; Messi, Suarez, Neymar
A disposizione: Cilessen, Digne, Jordi Alba, D. Suarez, Alcacer, Alena
Allenatore: Luis Enrique
ARBITRO: Marciniak (POL)
ASSISITENTI: Sokolnicki (POL), Listkiewicz (POL)
QUARTO UFFICIALE: Siejka (POL)
ARBITRI D’AREA: Raczkowski (POL), Musiał (POL)
AMMONITI: 28′ pt Dani Alves, 8′ st Suarez, 12′ st Iniesta, 18′ st Mandzukic, 29′ st Khedira, 46′ st Umtiti, 46′ st Lemina
Juve-Barça 3-0. Moviola flash Marciniak benino
11 aprile 2017
Arbitro: Szymon Marciniak
Nazionalità: Polacca
L’arbitro polacco ha buone potenzialità e si vede. Inizia bene, poi qualche passaggio a vuoto con decisioni quasi inspiegabili. Nel complesso una direzione comunque sufficiente. Ferma il gioco il minimo indispensabile e ne guadagna lo spettacolo.
1° Tempo
2′ – rischia molto Iniesta che interviene in modo duro su Dybala. Poteva starci il giallo ma considerando che sono i primi minuti e l’intervento non è cattivo ci sta la decisione dell’arbitro di non ammonire.
11′ – Fallo di Chiellini su Messi dopo che Suarez lo aveva anticipato. L’argentino chiede il giallo per l’avversario, giallo che non c’era perché il fallo era negligente.
12′ – Sugli sviluppi della punizione spinte e trattenute reciproche fra Chiellini e Piquè. Va giù lo spagnolo ma non c’è nulla
21′ – Iniesta in posizione regolare millimetrica nell’occasione del Barça
24′ – Fallo di Dani Alves su Neymar che accentua. Giusto il fallo e giusto anche non prendere provvedimenti disciplinari.
28′ – Fallo imprudente di Dani Alves su Iniesta. Giallo che ci sta.
30′ – Segna Messi ma a gioco fermo. Offside di Suarez al momento del tocco dell’argentino che ruba palla a Khedira senza fallo.
40′ – Fallo tattico di Pjanic su Umtiti che chiede il giallo. Cartellino che non ci stava. Fastidioso però il gesto del giocatore del Barcellona.
41′ – Pjanic recupera palla su Iniesta poi entrambi vanno a terra. Il direttore di gara rischia fallo a favore del Barça ma sembrava più il contrario.
2° Tempo
53′ – Fallo imprudente di Suarez su Dani Alves. Giallo giusto.
54′ – Regolare la posizione di Higuain
57′ – Brutto fallo di Iniesta su Pjanic. Giallo inevitabile
62′ – Contrasto Mandzukic-Sergi Roberto. Braccio largo del croato per proteggere il pallone. Ci può stare il fallo, non il giallo che non sembra avere spiegazione tecnica. Sembrava più grave la forbice del giocatore del Barcellona sull’avversario.
63′ – Dybala va giù in area ma non sembra esserci nulla nel contatto con Piquè.
65′ – Abbraccio di Piquè a Khedira in area blaugrana. Marciniak fischia un fallo che però le immagini non evidenziano. Comprensibili le lamentele del tedesco.
67′ – Braccio alto di Chiellini in scivolata. La distanza non è molta e la palla tocca prima il petto e poi spalla/braccio. Più no che sì. Ma che rischio…
72′ – Regolare la posizione di Khedira. Errore del secondo assistente Musial. Cuadrado aveva poi messo in rete a gioco fermo.
73′ – Fallo di André Gomes su Khedira. Marciniak fischia simulazione per il tedesco che viene anche ammonito. Abbaglio per l’arbitro polacco.
91′ – Corpo a corpo Umtiti-Lemina dopo un fallo subito da Dani Alves. Giallo per entrambi. Ci sta.
Juve-Barcellona 3-0: il punteggio non è errore di battitura
Tutto vero, signori e signore: la Juventus ha battuto il Barcellona di Messi, Neymar e Suarez, l’ha battuto 3-0 concedendo l’inevitabile, ma meritando pienamente un punteggio così largo. Fra otto giorni si replicherà al Camp Nou, servirà un’altra impresa per conquistare la qualificazione alla semifinale di Champions League, ma stasera non si possono non fare i complimenti ad Allegri ed i suoi ragazzi.
Una prestazione sontuosa, maschia, attenta, di carattere, e chi più ne ha, più ne metta: non basta ancora, come già detto, serve una prestazione del genere anche in casa loro, e nel frattempo guai a distrarsi in quel di Pescara nel sabato di Pasqua.
Champions League, andata Quarti di Finale: Juventus-Barcellona 3-0
di Davide Terruzzi
Una delle migliori versioni europee della Juventus regala una prestazione d’altissimo livello tecnico e tattico contro un Barcellona che si fida troppo delle qualità delle proprie stelle.
It’s time. La campagna virale della Juventus ha colto nel segno. È giunta l’ora di dimostrare sul campo la propria forza contro l’avversario che ha dominato l’Europa nell’ultimo decennio. Quando si parla di Champions League, i tifosi bianconeri vivono sentimenti contrastanti: il sogno, quasi un’ossessione, per una coppa che non si vince da troppo tempo; la tranquillità di chi è consapevole della qualità assoluta della propria squadra; la paura che abbiano ragione i più critici, e che si è ancora distanti dalle prime tre della classe. Così l’attesa per l’andata dei quarti di finale col Barcellona è stata lunga e per molti vibrante, degna di una Finale.
L’ultima occasione in cui le due squadre s’incontrarono avvenne a Berlino nel 2015; nonostante siano trascorse appena due stagioni, la Juventus è una formazione completamente rivoluzionata. Allegri ha schierato in questa partita solamente due giocatori (Buffon e Bonucci) presenti quella notte, mentre Luis Enrique nove. La programmazione della società bianconera è tesa al miglioramento della qualità tecnica e tattica, condizione necessaria (ma non sufficiente) per reggere l’impatto con compagini come il Barcellona. Da quando il tecnico livornese ha cambiato modulo, la Juventus ha mantenuto la compattezza difensiva accompagna da una maggiore brillantezza tecnica con un set di giocate vario e imprevedibile. Anche Luis Enrique ha virato nelle scorse settimane, abbandonando il canonico 4-3-3 per rispolverare il 3-4-3 a diamante trapiantato in Catalogna dal genio magistrale di Cruijff. Leggendo gli undici blaugrana, spicca la scelta di Mathieu come centrale difensivo con Mascherano riportato nel suo originario ruolo di mediano davanti la difesa al posto dello squalificato Busquets. Il tecnico asturiano si tiene così la classica possibilità di varare un assetto fluido passando dalla difesa a 3 a quella a 4 in base alla fase di gioco.
I primi minuti sono sempre l’occasione in cui le squadre dovrebbero attenersi con maggiore attenzione e scrupolo alle indicazioni dei rispettivi allenatori. Il game plan iniziale della Juventus è chiaro. La squadra bianconera tiene la linea difensiva alta, ostacola la costruzione bassa da parte del Barcellona con una pressione fortemente orientata sull’uomo mantenendo al contempo una squadra corta e compatta con distanze minimali all’interno dei reparti e tra gli stessi. L’intento, dichiarato, è quello di unire accortezza e aggressività per togliere spazio e costringere i blaugrana a giocare sotto pressione.
Due immagini per dimostrare la compattezza della Juventus. Una gabbia per proteggere il centro con distanze ravvicinate; l’unico più aperto resta Dani Alves per contrastare Neymar.
Contro un’avversaria che si sistema inizialmente col 3-4-3 a diamante con Messi e Neymar larghi sulle fasce, Rakitić come trequartista e Sergi Roberto che da terzino avanza nella posizione di mezzala destra, la Juventus si sistema con un 4-4-1-1 difensivo teso a oscurare le linee di passaggio in verticale con il controllo dell’ampiezza garantito dai terzini aiutati dai raddoppi degli esterni alti. Il castello difensivo bianconero rappresenta una vera e propria gabbia centrale dentro cui attaccare le ricezioni dei giocatori; la pressione juventina è organizzata collettivamente, segue alcuni inneschi che danno il via al pressing offensivo. Ogni volta che il Barcellona deve ripartire dalla difesa nel tentativo di muovere il blocco avversario, la squadra di Allegri sale velocemente il campo attaccando le ricezioni dei difensori centrali esterni che compongono il rombo di costruzione del gioco. Cuadrado e Mandžukić occupano la posizione dello spazio di mezzo proteggendo così la difesa, lavorando sulle linee di passaggio in diagonale impedendo così con regolarità al Barça di cercare di servire i propri giocatori posizionati all’interno del castello difensivo bianconero.
Il 3-4-3 a diamante del Barça con Messi e Neymar larghi di partenza.
Ovviamente anche il Barcellona è una formazione che pressa. Forte, anche. La pressione della formazione blaugrana però è decisamente meno organizzata, sempre orientata fortemente sull’uomo ed è più simile a una continua transizione negativa aggressiva che a un sistema in cui la copertura degli spazi si sposa all’attacco della ricezione e alla marcatura degli appoggi. Questo implica una continua e necessaria aggressività dei singoli per recuperare il più velocemente la palla, altrimenti la squadra si trova costretta a correre all’indietro per recuperare velocemente la forma difensiva cercando di difendere la porta con fasi posizionali in cui la squadra si schiera con un sistema ibrido tra un 4-3-3 e un 4-4-2. Come sempre accade è Neymar a ritornare sulla linea dei centrocampisti, mentre Rakitić s’allarga sulla destra con Sergi Roberto che s’abbassa nella posizione di terzino; Messi, invece, pare completamente avulso dalla fase di non possesso.
Per superare questa pressione sono le qualità tecniche dei singoli, unite a spaziature ottimali, a risultare necessarie; superato il primo pressing, la Juventus si trova ad attaccare in maniera diretta la porta di ter Stegen sfruttando un’altra pecca intrinseca del Barcellona. L’ampiezza è difesa con troppi problemi, il lato debole risulta essere il cavallo di Troia grazie al quale i bianconeri possono affondare a piacimento. Specialmente sulla propria sinistra, dove Messi non torna mai e costringe Rakitić a un doppio lavoro; così la Juventus può cambiare campo sulla destra, dove Allegri posiziona Cuadrado e Dybala, cioè quei giocatori di maggiore pericolosità in campo aperto. L’azione che porta al primo gol dell’argentino è la dimostrazione sul campo della rilevanza fondamentale dello studio delle caratteristiche degli avversari per colpirli nelle loro debolezze.
Una volta in vantaggio, il pressing della Juventus è meno alto. I bianconeri trascorrono così momenti di difesa posizionale in cui brillano l’organizzazione e l’intelligenza tattica. Come tutti gli allenatori che si trovano ad affrontare il Barcellona, anche Allegri si è trovato di fronte all’interrogativo di come limitare le tre principali fonti del gioco catalano. Messi, Neymar e Iniesta sono le chiavi di volta attorno cui ruotano gli altri; loro sono i giocatori che devono essere arginati per diminuire la pericolosità offensiva del Barça. Il tecnico bianconero ha progettato così tre diversi sistemi, quasi della gabbie per arginarli. Neymar resta sempre molto largo sulla sinistra e sulle sue tracce si posiziona Dani Alves; il terzino brasiliano resta più aperto, meno vicino al centrale difensivo di riferimento, per attaccare le ricezioni del connazionale controllando così i cambi di campo. Una delle caratteristiche principale della formazione di Luis Enrique è lo sviluppo del gioco sulla destra, dove Messi spesso spadroneggia, per poi servire il taglio in profondità di Neymar. E il fenomeno argentino come può essere contrastato? Lui parte sulla destra ma poi è libero d’accentrarsi, completamente scevro da impostazioni tattiche. Il trattamento riservato è speciale: quando resta largo è Alex Sandro, aiutato da Mandžukić, a occuparsene; quando s’accentra, seguendo il proprio istinto, il terzino brasiliano resta più stretto ed è aiutato nel compito dalla protezione dei due centrocampisti. Nel primo tempo spesso Messi è stato accompagnato, dopo essere stato accerchiato, orizzontalmente limitando così il suo genio. Iniesta, invece, resta vittima dell’organizzazione tattica bianconera: la Juventus lascia liberi d’impostare i due centrali esterni, specialmente Mathieu, individuato chiaramente come l’anello debole e il giocatore da lasciare maggiormente indisturbato. Cuadrado, in fase di difesa posizionale, resta più stretto, al fianco dei centrocampisti; così, oltre a impedire le giocate in diagonale, viene arginato Iniesta. Il colombiano resta però pronto a uscire su Mathieu; l’attacco al centrale francese avviene quando Pjanić prende il centrocampista spagnolo lasciando così la possibilità al compagno di salire in pressione.
L’occasione più grande del primo tempo per il Barcellona nasce però sull’asse Messi-Iniesta, a ulteriore dimostrazione della concentrazione totale necessaria quando si gioca una squadra d’assoluta qualità tecnica. Il taglio d’Iniesta non viene correttamente letto da Dani Alves; il terzino per un istante perde il controllo della traiettoria del pallone per guardare il movimento dell’ex compagno. Una frazione di secondo che consente al centrocampista di trovarsi a tu per tu con un Buffon che si supera per impedire al Barça di pareggiare.
L’azione successiva porta al raddoppio di Dybala. Ed è un’altra dimostrazione della capacità della Juventus di rompere il pressing del Barcellona. L’azione nasce con un lancio in verticale di Bonucci che taglia in due la formazione catalana; Higuain, che si è spesso staccato dalla linea difensiva per rappresentare un punto di raccordo con gli altri reparti, fa da sponda e la squadra attacca sulla propria sinistra in quella zona in cui Messi non difende e Rakitić non sempre a spostarsi partendo da una posizione più centrale. Il Barça tarda a recuperare la forma difensiva, soprattutto il centrocampo non rientra e Dybala è lasciato libero sul limite dell’area di rigore. La Juventus così manifesta le debolezza blaugrana, una squadra che porta un buon primo pressing, sebbene spesso non organizzato, che se superato permette d’attaccare in campo aperto; la formazione d’Allegri ha diverse soluzioni per rompere il primo pressing (anche le azioni individuali palla al piede) con una preferenza a un gioco veloce, diretto per impedire agli avversari di recuperare la forma difensiva. Il tecnico non intendeva palleggiare nella propria metà campo – anche per ridurre al minimo le possibilità di perdere pallone nella propria metà campo permettendo al Barça transizioni sul corto che possono risultare letali – per poi salire schiacciando l’avversario, ma ha voluto sorprendere con attacchi rapidi senza dare la possibilità d’organizzarsi posizionalmente.
Luis Enrique effettua una sostituzione nell’intervallo. La scelta di Mathieu era stata criticata sui social da parte della maggioranza dei tifosi catalani e non è stata effettivamente fortunata né difensivamente né offensivamente. Il tecnico decide di riportare Mascherano sulla linea difensiva con André Gomes schierato nel ruolo di pivote. In difesa, nelle fasi di possesso, l’argentino si sistema sul centro destra con Piqué centrale e Umtiti sul centro-sinistra; senza palla è sempre Sergi Roberto chiamato al compito di pendolo facendo oscillare la difesa da tre a quattro.
La Juventus riparte con ottima intensità e con un pressing medio alto; la squadra d’Allegri continua a colpire le difficoltà endemiche del sistema avversario evidenziando il consueto gioco diretto e un controllo tecnico necessario a rompere il pressing catalano. Segnata la terza marcatura, sfruttando la debolezza storica del Barça sulle palle inattive, la squadra abbassa il proprio baricentro, alzando il pressing solamente in occasione dei rinvii del fondo. L’intensità e l’aggressività dei blaugrana sono maggiori rispetto alla prima frazione di gioco (con un passaggio più netto al 4-3-3 senza palla), ma sono i movimenti senza palla a essere più marcati e decisi; specialmente sulla destra dove i meccanismi tra Sergi Roberto, Rakitić e Messi ritrovano una buona fluidità in grado di destrutturare il castello difensivo della Juventus. Soprattutto è la posizione dell’argentino a risultare maggiormente pericolosa, perché il numero 10 si sposta maggiormente verso il centro del campo cercando la ricezione alle spalle del centrocampo. L’influenza di Messi consiglia Allegri a effettuare un cambio tattico inserendo Rincón al posto dello straordinario Dybala; i bianconeri passano al 4-5-1 con il centrocampista ex Genoa che si posiziona al centrocampo con un compito preciso: marcare Messi e chiunque si trova a capitare in quella zona di campo. Il tecnico livornese, infine, blinda ulteriormente la difesa con l’inserimento di Barzagli al posto di Pjanic e relativo passaggio al 5-4-1,
La netta vittoria della Juventus è figlia dello sviluppo tattico e tecnico guidato da Allegri nel corso degli ultimi mesi. La preparazione della partita da parte dell’allenatore juventino è stata semplicemente esemplare con una squadra che è entrata in campo con le idee chiarissime, sapendo alla perfezione cosa fare con la palla e senza. Una gara disegnata sulle caratteristiche del Barcellona: individuate le debolezze per colpirle; studiati i punti di forza per arginarli. La Juventus è una squadra in grado di interpretare un ampio registro di soluzioni tattiche all’interno della partita, adattandosi alle situazioni e sorprendendo così gli avversari che non si trovano di fronte un avversario mono dimensionale. La squadra d’Allegri ha alternato momenti di pressione alta a una difesa posizionale più bassa, coniugando determinazione, attenzione e concentrazione; hanno superato il pressing con progressioni palla al piede, cercando Mandzukić, sfruttando le qualità tecniche degli esterni e le proprietà di palleggio dei centrocampisti, specialmente di un lucido Pjanić, la cui crescita in quel ruolo è merito d’Allegri. I bianconeri hanno limitato Messi, spinto Iniesta a ricevere palloni lontano dalla sua zona prediletta (quella sul centro-sinistra al fianco dei centrocampisti avversari) e controllato Neymar grazie a un Dani Alves quasi sempre puntuale. Il Barça non è stato quello di Parigi: in quell’occasione, i blaugrana semplicemente non si presentarono in campo. Quello di Torino è il Barcellona di quest’anno, una formazione stellare per le qualità dei singoli ma con una organizzazione non all’altezza delle proprie stelle. La scelta di riportare Messi sulla destra ha inizialmente limitato la sua pericolosità: spostato sulla fascia destra, l’argentino è stato troppo lungo escluso dal gioco. Quando il fenomeno si è posizionato nuovamente come vertice alto del diamante di centrocampo, la pericolosità del Barcellona è aumentata. L’altalena tra la difesa a tre a quella a 4 è delicata ed è in grado d’esporre qualsiasi squadra a particolari squilibri, specialmente una formazione, come il Barça, nella quale gli esterni non sempre danno una mano: non a caso è stato sulla propria sinistra che la Juventus ha spesso colpendo l’assenza difensiva di Messi, la difficoltà di Sergi Roberto a posizionarsi sulla linea difensiva con un Rakitić che si è dovuto dividere in più compiti.
Tra una settimana ci sarà il ritorno. La Juventus non dovrebbe giocare una partita solamente di contropiede. Ci saranno spazi da attaccare, ma a essere decisiva (oltre alla fondamentale tenuta difensiva) sarà la capacità di superare il pressing senza accontentarsi immediatamente della giocata in verticale ma sfruttando al meglio l’ampiezza sul lato debole. La Juve ha diverse soluzioni per attaccare in campo aperto il Barça e saperle sfruttare alternandole, mentre dovrà evitare di gestire il risultato dell’andata. La partita di Torino dovrebbe aver cancellato i dubbi di alcuni tifosi e qualche critico: la Juventus, come dimostrato anche un anno fa, è una grande d’Europa con una preparazione tattica e tecnica d’assoluto livello. In campionato spesso affronta le partite con la consapevolezza di poter gestire i ritmi alzandoli quando ritiene necessario; il salto qualitativo continentale rispetto a qualche anno fa è fuori discussione e può essere solo applaudito.
ANALISI TATTICA / Juve-Barcellona 3-0: lezione a Mascherano e trequarti blindata
La Juventus annichilisce una delle squadre icona di questa epoca calcistica e si regala forse la notte più bella della propria storia recente europea. Ma quali sono state le chiavi principali del successo bianconero e del tracollo blaugrana?
MASCHERANO DAVANTI ALLA DIFESA: SOLUZIONE CHE NON HA PAGATO
Busquets è un giocatore tanto particolare quanto insostituibile nell’economia barcellonista. Per ovviare alla sua assenza, Luis Enrique aveva diverse soluzioni: alla fine, in una delle gare più difficili ed importanti della stagione, ha deciso di alzare Mascherano davanti alla difesa, un qualcosa che non si vedeva da diverso tempo. Ebbene, proprio in quella zona del campo nella prima frazione sono arrivati i principali scompensi per i campioni di Spagna, con l’assenza di Busquets che si è rivelata ancora più determinante di quanto si potesse pensare.
Il Barça raramente è riuscito a far parte l’azione dal basso con la consueta pulizia ed efficacia. Per larghi tratti si è visto un possesso palla tra difensori estremamente sterile ed orizzontale, in cui Mascherano non è riuscito ad emergere anche per merito della Juve: bravi Dybala ed Higuain a schermarlo, come ottimi (a turno) Pjanic e Khedira ad andare su di lui.
Spesso far partire il gioco dal basso è stato un grosso problema, e abbiamo assistito a una quantità anomala di lanci lunghi e rinvii dal fondo. Insomma, si è vista spesso una mancanza di idee e soluzioni assai insolita per una formazione come quella catalana.
Il problema di Luis Enrique è che gli scompensi non sono avvenuti solo in fase di possesso. Pure difensivamente, Mascherano ha commesso svarioni determinanti. Il secondo gol di Dybala ne è un chiaro esempio: nonostante sostanzialmente la Joya fosse l’unico giocatore su cui andare in pressione, Mascherano ha inconcepibilmente camminato, lasciandogli tutto il tempo di ricevere palla da Mandzukic e tirare così in porta.
Come se non bastasse, è stato pure (comprensibilmente) sovrastato da Chiellini in occasione del 3-0. Insomma, il ritorno in difesa all’inizio del secondo tempo e il conseguente ingresso di André Gomes dimostrano come Luis Enrique non fosse soddisfattissimo.
SERGI ROBERTO E MESSI MUTANO I PROPRI RAGGI D’AZIONE
Fin dal principio, si è compreso con chiarezza che la scelta di Luis Enrique fosse quella di adottare la consueta difesa a 3 in fase di possesso: appena recuperata palla, Sergi Roberto avanzava la propria posizione.
Se però una delle finalità del nuovo 3313 del Barcellona era quella di accentrare Messi schierando Sergi Roberto alto a destra, allo Juventus Stadium si sono visti movimenti piuttosto anomali: in pratica, il contrario rispetto a quello che ci aspettavamo. La Pulce ha infatti agito molto più larga di quanto fosse lecito pensare, in una zona molto più letarle. La heatmap della gara di martedì ….
… e quella di una partita di Liga col Valencia ci aiutano a cogliere le profonde differenze.
Di contro, anche Sergi Roberto ha agito in zone molto più interne rispetto ai propri standard: forse l’obiettivo era quello di liberare campo per i tagli di Messi verso il centro. Tuttavia, a causa della grande fase difensiva juventina nella propria trequarti, anche questa scelta non ha pagato.
Nella ripresa Rakitic è poi andato ad occupare stabilmente il ruolo di esterno alto, con Sergi Roberto più mezzala. In tal modo, Messi è tornato a coprire quasi esclusivamente zone centrali.
Nella ripresa, i catalani hanno prodotto molto di più, anche perché il numero 10 è riuscito a toccare palla in zone sensibilmente più pericolose rispetto alla prima frazione.
DALL’ESTERNO ALL’INTERNO, IL BARCELLONA SOFFRE
Questa Juve è una squadra più tecnica dell’anno passato, ma possiede meno contropiedisiti, meno giocatori di strappo che ti consentono di risalire velocemente il campo. Ergo, la transizione va effettuata con altre modalità ed altri tempi.
Fondamentale, in questo senso, l’apporto di “registi” come Pjanic e Dani Alves, capaci di tenere palla, dettare i tempi e consentire alla squadra di salire. L’azione sotto nasce e si conclude col bosniaco.
In particolare, e lo si è visto secondo gol, la Juventus ha saputo attaccare sulle corsie esterne sfruttando situazione di parità numerica, servendo poi l’inserimento dell’uomo tra le linee che ha avuto tutto il tempo di tirare in porta poco oltre il limite dell’area. Evidenti le difficoltà dei centrocampisti blaugrana (Mascherano soprattutto), incapaci nel seguire l’avversario alle proprie spalle.
DUELLI INDIVIDUALI STRAVINTI, DIFESA IMPERFORABILE
I bianconeri con grande maestra sono riusciti a coprire le linee centrali, con gli esterni bassi che sono stati pressoché impeccabili nel reggere le offensive rivali senza farsi mai perforare. Dani Alves e Alex Sandro sono stati perfetti su Messi e Neymar, con numeri impressionanti per quanto riguarda i duelli vinti. Basta pensare che Neymar ha azzeccato la miseria di 2 dribbling su 10.
Oltre alla bravura dei terzini nel seguire i loro avversari sugli esterni, centrocampisti ed ali juventini (Mandzukic compreso) sono stati precisi nel coprire bene la trequarti per vie interne, con gli inserimenti senza palla della mezzale sostanzialmente mai efficaci.
Il Camp Nou è forse il campo più difficile del mondo, ma oggi appare ai limiti del surreale ipotizzare che una simile fase difensiva possa sbandare. Allegri ha tutti i motivi per sorridere.