Non è semplice raccontare l’evoluzione di chi nasce con i bolli del tuttocampista e si afferma come “scaricatore” e lavatrice dei panni sporchi. Struttura fisica e passo sono crismi per fare la punta alta dei centrali di difesa o, se preferibile, quella bassa che oggi guarderebbe i lati B di Pjanic e Khedira.
Tecnica individuale alta, capacità di lettura, scelte giuste, momenti giusti. Axel ha una grande qualità umana piuttosto che calcistica: conosce i propri limiti, vive e gioca entro quelli, non osa se/quando l’opzione lineare è a disposizione. Il rovescio di questa medaglia è la routinizzazione: se abitui cervello e gambe all’attività scolastica, non acquisisci il coraggio e la spavalderia che nel medio-lungo termine discriminano.
Prendendo con le pinze le performance di qualsiasi calciatore in Prem’er-Liga, per quanto detto, non sorprendono i 52 passaggi medi riusciti per l’89% e le 0.8 chance create a gara; già più interessanti sono i 2 intercetti e quasi 3 tackle ogni novanta minuti di Champions. Sempre in Europa, Axel vince l’81% dei duelli diretti. Andando più nel profondo, OPTA ci informa che la dimensione internazionale non è una chimera: miglior media recuperi palla (8 ogni 90’) in Champions dal 2012.
Da quando ha abbandonato il Belgio, i gol di Witsel sono quasi spariti. Nell’ultimo quadriennio, la media è 5 all’anno; per uno con certi piedi (li usa entrambi e il 67% delle conclusioni sono in porta) e falcata, è roba che non richiede l’evidenziatore.
Un po’ molle, si legge in giro. Paradossale per chi nel 2009, ancora allo Standard, diventa il nemico numero uno in Belgio: rompe la gamba a Wasilewski durante la trasferta contro l’Anderlecht, viene squalificato per otto giornate, diventa bersaglio di insulti a Liegi e soprattutto fuori, riceve mail con minacce di morte…
L’episodio lo cambia. “C’è un Axel prima e un Axel dopo quel settembre”, dice il papà. La tempesta lo tocca; peggio, lo stravolge. Il personaggio diventa più chiuso, la sensibilità lo auto-censura senza attenuanti. Il cambio di pelle non è un tracollo, ma un upgrade dell’equilibrio mentale.
Lo sbarco a Lisbona è l’ultima leva per far sì che la vicenda abbandoni il cervello; la piena self consciousness è ON quando lo Zenit copre di milioni (quaranta) il Benfica per portarlo in Russia. Qui Witsel dimostra, con l’altro nuovo acquisto a peso d’oro Hulk, di possedere potenza e tecnica di altro livello.
Non abbiamo detto che iniziò come ala da ragazzino (vedi il passo di cui sopra), per poi diventare il numero 6 difensivo con Spalletti; in zona trequarti arriva con Villas Boas, cruciale per lui da due anni a questa parte.
“Mi piace giocare tra le zone del centrocampo, non solo fare il centrale” è una dichiarazione limpida su chi preferisce tra l’ultimo e il precedente mister.
È raro rintracciare in un centrocampista giovane e strapagato la umiltà e l’abnegazione di Witsel, un concentrato di soldato abbigliato da guardia svizzera. Axel è riservato e non di rado viene inteso come indeciso. Sul trasferimento alla Juventus non scommettevano tanti, perché non più di due settimane fa il giocatore assicurava di voler disputare l’ultimo campionato russo prima di lasciare. Poi ci ha pensato Lucescu a fare coming out.
A proposito di trasferimenti, per tutti gli addetti ai lavori è una grande sorpresa che uno come lui (a ormai 27 anni e mezzo) abbia vissuto sei anni tra Lisbona e San Pietroburgo invece di raggiungere Londra, Manchester o Madrid.
(Prem’er Liga + Champions League 2015/16 – Fonte: Ted Knutson)
Cosa fa nella Juve? Domanda per Allegri, certo, ma proviamo a dire. Centrocampista difensivo, abbatte e riparte; record di passaggi nel campionato russo, ma pochi vicino alla zona 14 dove c’è il parto delle chance. In attesa di Marchisio, la destinazione pare logica. Pare.
Quando si discute il livello del campionato russo, non si fa presunzione da italiani. Witsel è abituato a ritmi e pressioni di una intensità che ha sofferto, per es., all’Europeo in Francia: contro la Nazionale di Conte, lui e Fellaini hanno vinto due tackle contro Parolo e De Rossi. Cinque giorni dopo, d’altra parte, il centrocampo rosso non fu sollecitato: contro l’Irlanda, vicino a Dembélé e De Bruyne, registra il 100% di passaggi completati e va mai in sofferenza. Livelli, categorie, tattica.
Comunque sia, limitatamente al suo undici, Witsel è quello che ha recuperato più palloni (32) e completato più passaggi (239) ad Euro 16. Non un inedito, perché in Prem’er-Liga fa lo stesso.
E una volta rientrato Marchisio? La speranza di casa Juve è che Witsel palesi quel che Paratici credeva fosse anni fa. Quello che in Belgio-Irlanda fa gol dopo che i suoi (con lui ad avviare, gestire, allargare e buttarsi) realizzano la più lunga serie di passaggi in un Europeo dal 1980, ventotto.
Axel Witsel: pro e contro del (fu) ragazzo prodigio
Quando si parla di Axel Witsel commettiamo tutti un errore fondamentale e che incide sulla nostra capacità di giudizio: facciamo, cioè, riferimento ai 40 milioni di euro che, nel settembre del 2012, lo Zenit San Pietroburgo versò nelle casse del Benfica (che, a sua volta, aveva sborsato 13.5 milioni allo Standard Liegi per acquistarlo l’anno prima) per acquisire i servigi dell’allora ventitrenne belga di origini martinicane.
Quattro stagioni, 161 presenze e 21 gol (2 in Champions League) dopo, siamo al cospetto di un giocatore che, complice il dorato esilio cui si è costretto, a 28 anni ancora da compiere (il prossimo 12 gennaio) non ha espresso tutto il potenziale lasciato intravedere nei suoi trascorsi portoghesi. E’ un buon giocatore, che in questa Juventus può tranquillamente starci (tanto più se come primo ricambio dei centrocampisti in attesa di Marchisio), ma non l’elemento portatore dell’ ulteriore upgrade in termini qualitativi che in molti cercavano per il centrocampo orfano di Pogba.
Quindi levatevi dalla testa che Witsel sia un top player da 40 milioni. Non li valeva allora, non li vale oggi (e infatti Marotta&Paratici l’hanno portato via per poco meno della metà: prezzo congruo al netto di un contratto in scadenza a gennaio). E,’ però, il meglio disponibile su piazza in questo momento in relazione alle esigenze della Juventus. Con tutti i ‘pro’ e i ‘contro’ del caso.
PRO
- Duttilità: Witsel è un giocatore che può giocare potenzialmente ovunque nella mediana di Allegri. Mezzala, schermo davanti alla difesa, financo trequartista se il tecnico avesse voglia di tornare al 4-3-1-2. Potenzialmente potrebbe far tutto e farlo bene (ma ci ritorniamo tra poco);
- Fisicità: a dispetto dei 73 kg distribuiti sul suo metro e 86, il belga è uno che non teme il corpo a corpo e non tira quasi mai indietro la gamba: nelle 9 partite da lui disputate nell’ultima Champions sono 32 i tackles andati a buon fine a fronte di 24 falli commessi. Un rapporto tutto sommato accettabile e che denota una discreta pulizia di intervento. Nel gioco aereo, poi, è quasi una garanzia: nel 2015/2016 può vantare una percentuale di duelli vinti dell’81%;
- Prospettive: l’età è quella giusta, il prezzo anche (si, d’accordo, poteva arrivare a zero l’anno prossimo, ma serviva ora) e giocare in un contesto dove prendersi minori responsabilità potrebbe facilitarlo nell’inserimento nei meccanismi della squadra ed aiutarlo a sfruttare al meglio le sue indubbie qualità troppo spesso penalizzate dal dover sempre fare la differenza ad ogni costo. Ci vorrà, però, tempo, pazienza e qualche panchina.
CONTRO
- Dove lo metto? Duttilità, dicevamo. Dove lo metti sta. Ecco, questo potrebbe essere un problema. Dove lo metti uno che sa far tutto ma niente meglio degli altri? Di fatto, il suo ruolo ideale sembra non esistere: è un discreto mediano, ma nulla più (agli Europei ha recuperato meno palloni dei pari ruolo), una mezzala che si butta negli spazi meno di quanto si creda (vedere, per credere, il dato menzionato da Giacomo Scutiero sulle sue medie realizzative), un trequartista che gioca poco in verticale e non strappa quasi mai palla al piede. Potrebbe sostituire tutti ma mai scalzarli dalla titolarità;
- Linearità e ritmo compassato: pass accuracy mai al di sotto dell’89% (media di 52 tocchi a gara) ma poco meno di un occasione da gol creata a partita. Tradotto: non aspettatevi da Witsel la giocata risolutiva all’interno di una partita tatticamente bloccata. Axel è uno di quelli che preferisce andare sul sicuro, rischiando nulla, creando altrettanto, spesso perdendo il tempo di gioco buono per la verticalizzazione. Dettagli che si notano meno quando tutto gira per il verso giusto ma che, nelle giornate di magra, te lo fanno indicare come il primo di quelli da cui pretendere di più;
- Personalità: fossimo a scuola diremmo il classico “è bravo ma non si applica”. Il giocatore ci sarebbe, le qualità pure, ma è come se Witsel in questi anni si fosse rassegnato a questa dimensione di giocatore medio (NON mediocre) senza l’ambizione di voler aspirare a qualcosa di meglio per lui e per gli altri. Di base è uno che segue e non guida, più per scelta che per (in)capacità. La Juve è l’occasione per dimostrare di valere i palcoscenici più prestigiosi: ora tocca a lui.