Trovare il lavoro sognato è la felicità. Se hai la fortuna di fare quel che ami fare, non lavori. Nessuna vergogna di questo muoversi stando fermi, vergognarsi sarebbe non avere rispetto di sé.
Stai facendo qualcosa che produce qualcosa? Bene, sei contento. Perché è come se hai/ricevi affetto, conoscenza, speranza, cibo…La tua vita è piena.
Provo a spiegare quel che penso di chi organizza la moviola in studi televisivi, di chi la analizza, di chi la commenta e di noi altri, che ne facciamo tweet, post, orazioni al bar. Penso che trascorrere ore e giorni a parlare di calcio fatto al replay e alla lente d’ingrandimento è appannaggio di chi purtroppo non ha un lavoro, oppure, alla meglio, lavora così poco da non aver chiaro il concetto di lavorare.
Lungi da qualsiasi accezione pseudo-razzista, nego che questi siano indegni. “La dignità è nel tempo libero” e viva il tempo libero. C’è l’operaio con la sveglia sul cellulare fissata alle 4:00, che si sente vivo fuori dalla fabbrica e morto dentro; c’è chi non fissa alcuna sveglia e, quando è seduto davanti un monitor oppure in piedi davanti a una fotocopiatrice, raggiunge il successo perché manco sa se sta lavorando oppure giocando.
Son certo che, chi utilizza gran parte del proprio tempo per scovare labiali e misurare centimetri di piedi e capi, si diverte. Lavorano per divertirsi, per ricevere un applauso, per creare bozze Word come “Pezzo sulla Rubentus”, eccetera. Questa è gente che sta seduta tutto il giorno e/o in piedi col dispositivo mobile in mano 18 ore su 24. Quando gli chiediamo che lavoro fa, non vogliamo sapere cosa è (giornalista…); vogliamo sapere a che ora si sveglia la mattina e cosa gli chiede il datore.
Cosa è Cristiano Giuntoli? Direttore sportivo. Un direttore sportivo che non conosce il cambio valuta internazionale e viene deriso in trattative di mercato? Cosa fa Giuntoli? L’incompetente, in quella occasione, e il tifoso, ieri.
E il tifoso non lavora. O meglio, è chiuso nella prigione del non lavorare. Sì, allontana la noia, guadagna il tempo libero, riposa. Ed è ben pagato, eh. Chi ogni tre giorni guarda partite ed appunta “live” ogni episodio arbitrale non limpido viene ricompensato: a questo hanno rubato qualcosa, il lavoro. Non è uno squilibrato, ma genera squilibri e squilibrati.
Nel 1968 c’era “Lavorare meno, lavorare tutti”. Chissà Marx cosa avrebbe risposto se qualche ignavo “cronista” avesse domandato di calcio e moviola…Lavorare è bello? Diciamo che la maggior parte delle persone che dice e scrive questo è piuttosto affascinato dal guardare chi lavora e produce.
Se la felicità è lavorare, allora è palese che nell’ambiente calcio la mansione più bramata sia quella di scrivere “articoli” e condurre trasmissioni radio-televisive che creino realtà parallele cozzanti la Juventus. Pare una missione divina, finché c’è vita (anti)sportiva: questi non inventano la menzogna, questi inventano la verità; peggio ancora, hanno sette giorni di riposo a settimana.
È tutto così insipido, insulso, insopportabile. E lo divento anche io, parlandone. Oggigiorno ci sono ragazzi, ragazze, signori, signore, anziani, anziane che amano odiare. Sono la versione più spregevole dell’amante, la precoce involuzione del marito e della moglie. Sono dei nonsense, sono defraudatori di sé perché auto-assegnano la ragione quando son consci di non averne. Occultano qualsiasi virtù storicamente apprezzata.
Pare un’invasione di umanoidi zanzare, nate e cresciute per infastidire sempre quello/quella. Ma quale misantropia! L’uomo non è marcio, è la somma degli uomini ad essere marcia.
“Ce l’ho (anche) con” (cit. Maurizio Mosca) gli amici Zampini, Scarpa e Romeo. Li leggo sempre, li adoro per come scrivono e per come affrontano ogni tema, hard/soft, con la rara dote biunivoca della competenza e della leggerezza. Eppure trascorrono ore a parlare e scrivere del nulla, le accuse infondate e i titoli post sbronza; anche Massimo, Sandro e Maurizio sono insopportabili in questo senso. Tentano di difendere noi e curare la comunità cariata, poi “quando il mondo fa qualcosa per loro, sono deliziosi”.
Giacomo Scutiero.