Faccio una breve premessa.
Il sabato di Genoa – Juve ero al mare, spiaggia frequentata da pochi bagnanti. Sotto l’ombrellone, carpisco il dialogo tra un bimbo di circa 11 anni e un signore oltre i 60. Il bimbo gli ha detto che tifa Juve, e il signore, napoletano, vagamente simile a De Laurentiis, gli dice che deve cambiare squadra, che tutti i tifosi della Juve hanno problemi psicologici, e che la Juve è una squadra di ladri. Ad un bimbo di 11 anni. Non c’era ironia, non c’era aria di scherzo. Il signore era sprezzante, nel demolire questo bambino. Duro, impietoso.
Un paio di ore dopo, i primi due gol del Genoa vengono accolti dal quartiere in cui mi trovo con un boato rabbioso di voci diverse, con contumelie e gioia malsana, e di tifosi sicuramente diversi. Non avevo mai percepito questi boati prima, e in queste prime due giornate più Supercoppa non faccio altro che percepirli. E siamo in agosto.
Finite le premesse, che pure non sarebbero servite, si può facilmente arrivare alla conclusione: ci odiano. Attenzione, uso questo verbo nel senso più serio del termine. Ci odiano, e se non ci conoscono poco di manca che vorrebbero vederci morti. L’antipatia, l’antijuventinismo, sono termini desueti. Si tratta di odio, puro e semplice. Se non fosse grottesco accostare il termine al calcio, mi verrebbe da parlare di razzismo. Ci considerano una razza a parte, da disprezzare come poche cose al mondo.
Non so come si sia arrivati a questo punto. Sono tempi di irrazionaltà generale, basta guardarsi attorno. I 6 scudetti consecutivi, come spiegato da altri in questo sito, hanno certamente portato la frustrazione a livelli altissimi. Ma c’è qualcosa di più, che l’anno scorso non c’era. C’è la sensazione che il vento possa cambiare. Che un ciclo irripetibile di vittorie si stia per inceppare. Le milanesi che rialzano la testa, un Napoli ormai maturo, la Juve che cede un suo uomo simbolo, una campagna acquisti che nella percezione generale non alzerebbe l’asticella del valore della squadra, la sensazione c’è, inutile negarlo. Ce l’ha la fetta di juventini che si aspetta il fallimento come un lavacro sacrificale per far fuori Allegri, ma ce l’ha anche qualche allegriano convinto. Qualche crepa, qualche segnale, magari solo la lunga scia depressiva post Cardiff.
E poi forse c’è anche una inconsapevole sazietà. Dopo 6 scudetti, che ce ne frega del settimo?
Ebbene, ve lo dico io cosa ce ne frega del settimo. E del perché juventini scettici, sazi, antiallegriani o adoratori della sola Champions dovrebbero unirsi e capire che questo scudetto, il settimo, è il più importante di tutti.
Perché se vinciamo anche questo li zittiremo ancora una volta. Torneranno scornati a casa, dopo aver creduto che fosse finalmente l’anno buono. Che il Napoli delle meraviglie fosse finalmente pronto a prendersi lo scudetto. Che l’Inter spallettiana fosse nuovamente una squadra vincente. Che il Milan dei fantastiliardi avesse ripreso il suo posto nella storia. Che la Roma potesse finalmente scrollarsi di dosso i secondi posti.
E invece no, pensateci. Il settimo scudetto. Nell’anno della VAR. Sarebbe un pasto crudele, di fango e merda, che coloro che ci odiano dovrebbero mangiarsi tutto. Masticando in silenzio.
Per questo dovremmo smetterla di dividerci tra di noi sulla base delle nostre personali idiosincrasie su allenatori o giocatori. Siamo circondati da gente pericolosa, che ci spintona in spiaggia se indossiamo questa maglia, che ci umilia undicenni appena scopre che tifiamo Juve.
I nemici sono là fuori. E sarebbe il caso di rendercene conto. Non si tratta ahimè più solo di vincere per noi. Ma di vincere costantemente contro gli altri. Di rimandare il più possibile ogni loro gioia. Perché questo stanno seminando, e questo dovranno raccogliere, senza sconti, da parte nostra.
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