Come aveva chiesto Allegri la Juve allunga a cinque punti il vantaggio sulla seconda in classifica, approfittando del successo della Roma a Napoli. La missione è compiuta, ma con una buona dose di fatica, perché l’Udinese che si presenta allo Stadium come vittima sacrificale designata, è tutt’altro che rassegnata al ruolo. Anzi, i friulani, evidentemente rinvigoriti dal cambio di allenatore, giocano una partita gagliarda, passando addirittura in vantaggio e serve il miglior Dybala per ribaltare il risultato e prendere i tre punti.
L’argentino va vicino al gol già dopo un minuto dall’inizio della partita, scaricando il sinistro sull’esterno della rete. A metterlo nelle condizioni di tirare è Cuadrado, che appena può attacca la profondità e punta l’uomo, ma l’Udinese ci mette poco a prendere le misure al colombiano e inizia a respingere le iniziative dei bianconeri. Il pressing alto dei friulani crea più di una difficoltà durante l’impostazione della manovra e così la conclusione della Joya rimane l’unica del primo quarto d’ora.
La soluzione è cercare Mandzukic con maggiore frequenza e sfruttare le sue sponde per velocizzare il gioco. Con un colpo di testa del croato e uno di Hernanes la Juve si riaffaccia dalle parti di Karnezis, però spesso l’iniziativa è nelle mani degli avversari. Cuadrado prova a scuotere i suoi con un destro dal limite fuori misura e sembra riuscire nell’intento, visto che al 25′, dopo una combinazione tra Dybala e Lemina, sporcata da un rimpallo, Mandzukic si trova con la porta spalancata e il pallone sul destro ma, disturbato da Danilo, alza troppo la mira.
Invece è l’Udinese che continua ad attaccare e alla mezz’ora viene premiata: Hernanes non controlla il tocco di Evra, Jankto ne approfitta recuperando palla e lasciando partire un rasoterra dal limite che passa sotto il corpo di Buffon e termina in rete.
In un certo senso ci voleva, perché la Juve si scuote finalmente dal torpore, alza il ritmo e pur non creando grandi occasioni, raggiunge il pareggio con una prodezza di Dybala che al 43′ sfrutta nel modo migliore una punizione dal limite concessa per atterramento di Lemina. L’arbitro ha il suo da fare per tenere a distanza regolamentare la barriera friulana e quando finalmente arriva il fischio la Joya pennella una traiettoria perfetta, che si infila nell’angolino e manda le squadre al riposo sull’1-1.
Si riparte ancora nel segno dell’argentino, che dopo 30 secondi dall’inizio della ripresa parte palla al piede, punta l’area e prova a superare Karnezis con un sinistro dal limite insidioso, ma troppo centrale. È un’altra Juve ora, ben più aggressiva e la prova è l’azione che al 6′ porta Dybala a calciare dal dischetto: Cuadrado, ora spostato a sinistra, perde palla al limite dell’area friulana, ma lotta caparbiamente e la riconquista, quindi, dopo uno scambio con Dybala, serve Alex Sandro con il tacco. Il brasiliano, all’interno dei 16 metri, viene atterrato da De Paul e il signor Gavillucci concede il rigore che la Joya piazza a fil di palo.
I bianconeri insistono, sanno che un solo gol di vantaggio potrebbe non bastare e vanno vicini al 3-1 con Alex Sandro che, pescato a pochi passi dalla porta dal traversone di Lichtsteiner, schiaccia di testa, ma mette a lato. La mossa di Allegri di allargare il brasiliano, affiancandogli Cuadrado e arretrando Evra sulla linea dei difensori ha già dato una svolta della gara, ma il tecnico non si accontenta e al 20′ manda in campo Higuain al posto di Mandzukic, mentre cinque minuti dopo tocca a Bonucci sostituire Benatia.
L’Udinese del resto è tutt’altro che rassegnata e Thereau arriva a impensierire Buffon con un diagonale sul primo palo che il capitano mette in angolo. Poi è Evra a evitare il peggio, intervenendo su traversone insidioso di Perica. Allegri capisce che c’è da lottare e richiama Dybala, inserendo Sturaro e avanzando il raggio d’azione di Cuadrado. I friulani non mollano e Zapata stacca nell’area piccola impegnando Buffon, che salva sulla linea respingendo il colpo di testa.
È l’ultima occasione del match che la Juve porta a casa non senza soffrire, visto che l’iniziativa è ormai sempre nelle mani degli ospiti. La difesa però non concede più nulla e al fischio finale a sorridere è solo la Signora. Non certo la più bella dell’anno, ma di sicuro tremendamente concreta. Ed è pure vincendo gare del genere che si può pensare di sorridere anche a maggio.
JUVENTUS-UDINESE 2-1
RETI: Jankto 31′ pt, Dybala 43′ pt Dybala (rig.) 6′ st
JUVENTUS
Buffon; Lichtsteiner, Barzagli, Benatia (25′ st Bonucci); Cuadrado, Hernanes, Lemina, Alex Sandro, Evra; Dybala (36′ st Sturaro), Mandzukic (21′ st Higuain)
A disposizione: Neto, Audero, Mattiello, Sturaro, Marchisio, Pjanic, Khedira, Kean
Allenatore: Allegri
UDINESE
Karnezis; Wague, Danilo, Felipe, Samir (1′ st Adnan); Jankto (30′ st Heurtaux), Kums, Fofana; De Paul (10′ st Perica); Thereau, Zapata
A disposizione: Scuffet, Perisan, Angella, Armero, Balic, Santana, Penaranda, Matos
Allenatore: Delneri
ARBITRO: Gavillucci
ASSISTENTI: Vuoto, Peretti
QUARTO UFFICIALE: Crispo
ARBITRI D’AREA: Calvarese, Pasqua
AMMONITI: 46′ pt Wague, 14′ st Perica, 20′ st Henranes
8a Serie A: Juventus-Udinese 2-1
di Andrea Lapegna
La Juventus prova a complicarsi la vita in una partita meno facile del previsto, contro un’Udinese meno rinunciataria di quanto annunciato. Ne esce grazie ai singoli, ma regala anche spunti e novità tattiche, assieme ad un folto gruppo di curiosità parallele.
Le narrazioni che accompagnano Juventus-Udinese vengono quasi tutte da situazioni extra-campo. Alla vigilia, la grande attenzione della partita era tutta in panchina, per motivi di due ordini diversi. Il primo è il sorriso increspatosi sulle labbra di molti bianconeri nel vedere Marchisio sedere di nuovo tra i compagni per una partita ufficiale, finalmente convocabile e convocato dopo la rottura del crociato: messi da parte speculazioni e malocchi, il Principino è tornato al suo posto in squadra, rispettando pienamente la tabella di marcia che avevamo proposto per lui. La seconda ragione è la presenza accanto a Marchisio di Moise Bioty Kean, baby-prodigio della primavera bianconera, dove peraltro gioca da sotto quota (!). Complice l’infortunio di Pjaca, la Juventus aveva bisogno di un quarto centravanti, e la scelta di Allegri è caduta su di un sedicenne, primo 2000 a strappare una convocazione in Serie A.Nessuno dei due scenderà in campo, anche se Marchisio si è scaldato a lungo. Piuttosto, sono i malori intestinali di Pjanić a catalizzare l’attenzione nelle ore precedenti il match; così, la lente d’ingrandimento si sposta un po’ più verso il campo, sull’undici iniziale. L’assenza del numero 5 si aggiunge a quelle di Asamoah e Khedira (giudicato “affaticato” dal doppio impegno in nazionale, come avevamo anticipato in radio) a centrocampo. Il forfait di Chiellini invece contribuisce a ridurre il numero di difensori a disposizione, tenuto conto degli stop di Rugani e Bonucci, quest’ultimo senza allenamento da due giorni. La morìa di centrali – in difesa e a centrocampo – ha indotto Allegri a scegliere una formazione che permettesse di schierare più esterni possibile, proprio per sopperire ai buchi in mezzo. Spazio allora al 4-4-2, con Buffon; Lichtsteiner, Barzagli, Benatia, Evra; Cuadrado, Hernanes, Lemina, Alex Sandro; Dybala, Mandžukić .
L’Udinese dal canto suo è reduce dal recentissimo cambio in panchina. Del Neri presenta una formazione inedita per i friulani quest’anno, nel modulo e negli interpreti. Il 4-3-3 del neo-allenatore recita: Karnezis; Wagué, Danilo, Felipe, Samir; Fofana, Kums, Jantko; De Paul, Zapata, Théréau. La formazione dei friulani è un 4-3-3 solo nominale però, dal momento che in fase passiva le due ali arretrano parecchio la propria posizione, sino a disegnare un centrocampo a 5, e che De Paul stesso gode di grande libertà sul fronte offensivo.
La Juventus interpreta il proprio modulo secondo un dettame particolare. Le due ali – Cuadrado e Alex Sandro – stringono molto le linee di corsa in fase di possesso posizionale. Così facendo, portano fuori posizione il terzino avversario, creando dunque spazio per le galoppate di Evra e soprattutto Lichtsteiner.
Cuadrado in traccia interna. Lichtsteiner si sfilerà dal diretto marcatore e sfrutterà i metri davanti a sé. Notare la posizione da attaccante di Alex Sandro (in alto), che occupa lo spazio lasciato libera da Dybala e Mandžukić, entrambi schiacciati sulla destra.
La posizione più stretta delle due ali disegna il modulo della Juventus come una sorta di 4-2-2-2, prendendo spunto da quell’insieme di movimenti che rese famoso e vincente il Brasile anni ’60. Questo sistema esalta la corsa di Lichtsteiner, ma lo mette anche sotto pressione per la fase di rifinizione. La mancanza di precisione nello svizzero sarà causa di un voto in pagella non propriamente sfavillante; tanto più che il sistema-Juve collassa gioco a destra, mettendo così sotto i riflettori pregi e difetti del nostro esterno basso.
Diretta conseguenza di questo piano gara, è che le combinazioni tra terzini e ali sono frequentissime. La posizione più interna degli alti produce triangoli che il terzino crea e disfa a piacimento con la propria corsa, costruendo le basi per una fitta ragnatela di scambi sugli esterni. Questa osservazione è confermata dalla statistica che vede le combinazioni tra gli gli uomini di fascia juventini le più sfruttate dell’intero incontro.
L’Udinese dal canto suo contribuisce a rendere la partita interessante con un atteggiamento tutt’altro che rinunciatario. Il 4-3-3 di Del Neri è abbastanza scolastico, ma non abbandona la volontà di sorprendere la retroguardia bianconera in verticale. E la verticalità l’abbiamo sofferta, come ci dirà Davide Terruzzi qui sotto, e come si era temuto in radio analizzando il contesto della difesa a 4. Oltretutto, il movimento a pendolo dei due attaccanti (e, più defilato, di De Paul) ha creato apprensione ai nostri centrali: Théréau veniva spesso incontro cercando di portare fuori posizione Barzagli, scaricando su De Paul che a sua volta innescava la corsa di Zapata, lanciato in solitaria – o quasi – contro Benatia (reputato a ragione il meno rapido dei due centrali). Questa veloce combinazione, specialmente in seguito ad una palla persa nella trequarti avversaria, ha creato non poche difficoltà alle transizioni negative della Juventus, che non riusciva ad accorciare con i centrocampisti. Lemina è risultato più confusionario del solito, mentre Hernanes si trovava spesso preso in mezzo, senza sapere se accorciare sul portatore rischiando di subire lo scarico in profondità, oppure tentare un’improbabile corsa all’indietro (che pure non è nelle sue corde).
A dire il vero, anche in fase di non possesso la Juventus è sembrata meno accorta del solito. Complice il modulo inusuale, i reparti erano meno stretti e coordinati. L’uscita in pressione non era dovutamente accompagnata dalle due linee più arretrate, con il risultato di lasciare spazi tra i reparti, in cui De Paul non ha faticato a trovare un comodo half space.
In questo spezzone c’è molto delle difficoltà della Juventus. All’inizio del video, le due linee non sono sufficientemente strette, e De Paul potrebbe facilmente staccarsi dalla marcatura di Evra con un movimento ad entrare nel campo per una facile ricezione. Bontà sua, non se ne accorge. Il pressing della Juve, scattato a seguito del passaggio trigger verso il centrale, è mal seguito dalla linea difensiva, tanto che Benatia si trova suo malgrado nella Terra di mezzo, senza sapere chi dover marcare. Da quel lato, l’Udinese arriverà al cross.
L’allungamento dell’Udinese (o meglio, il non-arroccamento) però, apre più spazi di quanto sperato alla Juventus. Dybala in particolare, senza più la necessità di partire largo, può godere appieno dei saltuari buchi in mezzo al campo. Come già successo contro l’Empoli – dove guarda caso pure agiva più centralmente – gran parte della pericolosità della Juve passa attraverso le sue percussioni centrali palla al piede, che Jamtko e Kums non riescono ad arginare. Solo la temporanea trasformazione di Mario Mandžukić in Edin Džeko versione 2015/2016 ha graziato la difesa friulana.
Invece, e contro ogni previsione, il triplo infortunio Evra-Hernanes-Buffon, apre la partita per l’Udinese con un insperato vantaggio. È il tipo di partite che la Juventus pre-Conte avrebbe ignobilmente perso, e la prima dell’allenatore salentino pareggiato a fatica. Questa squadra invece già da qualche anno ha imparato a vincerle, e a trovare la forza di ribaltare un risultato negativo, per quanto immeritato.
Con la punizione vincente di Dybala, si apre un nuovo scenario narrativo, da aggiungere a quelli precedentemente sviscerati. Il momento più bello e commovente, della partita, quello in cui l’argentino sente il bisogno di partecipare alla situazione del compagno di squadra in un lungo e silenzioso abbraccio.
Prima che Allegri possa attuare i cambiamenti immaginati nell’intervallo, l’Udinese regala un rigore. Nel fallo di De Paul c’è tutta l’innocente inesperienza di un giocatore offensivo che si trova a dover difendere la propria area di rigore; per di più, nella situazione di dover difendere un mancino che – contro la semplicistica previsione di uno che difensore non è – rientra sul piede debole.
Allora la Juventus cerca l’accelerata, e Allegri la ridisegna due volte. La prima, è un passaggio necessario e confortante, in cui per qualche minuto la difesa ritira fuori dall’armadio il comodo ed usuale abito a 3 dietro. In questo momento Cuadrado agisce da mezz’ala sinistra, come già intravisto nei minuti finali della sfida contro la Dinamo Zagreb. Evra va a prendere il tassello di sinistra della retroguardia.
Sopra, con gli esterni alti. Sotto, con gli esterni bassi.
La metamorfosi della Juventus però non è completa, e Allegri termina il suo schizzo disegnando un 4-2-3-1 che accompagnerà la squadra sino al triplice fischio. I tre trequartisti sono, da destra, Dybala, Cuadrado e Alex Sandro. Il colombiano rimane comunque pesantemente addossato al lato sinistro del campo, duettando così con il compagno brasiliano; una situazione che difficilmente ci saremmo immaginati ad agosto, sognando tutt’al più tale coppia sugli esterni. La posizione di Cuadrado è forse anche indice del tentativo di offrire più spazio a Dybala dall’altra parte, attirando su di sé la guardia del centrocampo dell’Udinese. Il ritorno alla difesa a quattro è ulteriormente testimoniato da un timido accenno di salida lavolpiana da parte di Hernanes. Benatia e Barzagli larghi, Evra e Lichtsteiner larghissimi e altissimi, e il brasiliano a scendere per prendere il pallone.
Il telespettatore ha così la sensazione che la partita sia finita già al 70°. E l’attenzione si sposta ancora una volta sulle macchie di colore attorno al rettangolo verde. Come se non ci fossero già abbastanza filoni extra-campo da raccontare, la Curva Sud ne regala un altro.
Attestato d’amore imperituro
E Buffon ricambia, perché l’Udinese continua a non rinunciare a cercare il pareggio. Quel Buffon colpevolissimo contro la Spagna e nel primo tempo su Jankto, si riscatta alla grande con due salvataggi che ricordano agli spettatori che la partita non è finita. Anzi, se non ci fosse stato Clark Kent avremmo avuto due punti in meno.
Al triplice fischio, la Juventus torna a casa con – in ordine di importanza – 1) i tre punti; 2) la consapevolezza che è questo genere di partite a pesare quando a maggio si faranno conti; 3) le attenuanti delle assenze per far digerire una prestazione poco brillante. E come si diceva nella redazione di AterAblus ieri sera, di questi tempi l’anno scorso avevamo 9 punti. Ora invece ne abbiamo 21, e un Higuaín in più.
di Davide Terruzzi
Perché la Juventus ha concesso tanti contropiede? Focus sulle transizioni negative.
Diciamoci la verità. La Juventus ha vinto un’infinità di scudetti grazie anche a vittorie arrivate dopo prestazioni alquanto rivedibili. Questa probabilmente è una delle differenze che la distanziano dalle altre contendenti allo scudetto, ma se in tante occasioni si è concesso poco pur non producendo molto, con l’Udinese la formazione di Allegri non ha destato l’impressione di controllare la partita, soprattutto non ha brillato nelle transizioni negative, fondamentali per neutralizzare il contropiede avversario, arma ben usata dalle squadre italiane. Qualcuno potrebbe sostenere che tale difficoltà sia dipesa esclusivamente dal modulo e dalla rotazione dei giocatori in vista del Lione, ma è altrettanto vero che i calciatori sono apparsi decisamente meno reattivi, precisi, aggressivi rispetto ai friulani. La transizione negativa è quella fase di gioco che si sviluppa immediatamente dopo la perdita del pallone; il concetto chiave è quello di accorciare immediatamente lo spazio, chiudendo le linee di passaggio, accerchiando il giocatore entrato in possesso, marcando gli appoggi più immediati e coprendo le zone di campo. Questa fase dipende incredibilmente da come s’attacca: maggiormente è corretta l’occupazione degli spazi, con superiorità numerica e posizionale in zona palla, più facile è recuperare il pallone. Ed è quello che non si è visto nel primo tempo: diversi errori tecnici, squadra sbilanciata con Lichtsteiner sempre alto, gli interni più portati a inserirsi che a dare sostegno, Evra poco reattivo nell’accorciare immediatamente sul giocatore più vicino. Cattive marcature e coperture preventive, eccessiva frenesia ed errori banali, occupazione degli spazi rivedibili, reattività, aggressività e concentrazioni non ottimali sono gli ingredienti che hanno portato a una transizione negativa rivedibile. Diversi così i contropiede subiti, neutralizzati grazie a Barzagli (la cui espressione nel video qui sotto dice molto) e Benatia.
A CALDISSIMO / Juve-Udinese 2-1: nel segno della Joya, ci pensa lui a giustiziare Delneri
Era un match da non sbagliare per nessun motivo al mondo dopo il risultato del San Paolo di oggi pomeriggio, tanti i contrattempi, chiaro il rischio di pensare troppo alla Champions, ma alla fine arrivano tre punti importantissimi pescati col carattere, con la testa, con la pazienza.
Tanto per cambiare Allegri schiera l’ennesima formazione differente dal 1′, stavolta anche il modulo è una novità e non solo gli uomini: rientra Benatia accanto a Barzagli, Lichsteiner ed Evra a chiudere la linea, inedita e mal assortita mediana con il troppo fumantino Lemina accanto ad un Hernanes ai limiti della moviola nei movimenti, in fascia il frizzante Cuadrado a destra e l’insolitamente confusionario Alex Sandro a sinistra. Tandem offensivo con Mandzukic al centro e Dybala libero di girargli attorno.
La partenza è di quelle ingannevoli, o forse no: Dybala si rende subito protagonista con un’iniziativa che lo libera al tiro da posizone defilata, la sua conclusione non sorprende Karnezis solamente per un soffio. Ingannevole o forse no la partenza perché la Juve da qui in avanti va al piccolo trotto per tutta la prima frazione, complice uno schieramento evidentemente poco provato rispetto al solito scacchiere, e ritmo che si alza solamente quando la palla finisce sui piedi della Joya che ripetutamente fa venire i brividi alla retroguardia friulana incredibilmente graziata da Mandzukic proprio dopo l’ennesima giocata dell’ex Palermo.
A sorpresa, però, arriva il gol dello 0-1: Evra gioca una palla pericolosa su Hernanes, il brasiliano la perde malamente, il tiro da fuori successivo di Jankto sorprende un Buffon che conferma le non ottime prestazioni di cui il capitano juventino si è reso protagonista nelle ultime uscite con la maglia dell’Italia. Dopo lo svantaggio, però, la reazione di nervi c’è: una buona trama palla a terra viene sprecata da Lichtsteiner con una conclusione rivedibile, poi ci pensa – guarda caso… – Dybala con una punizione magica dal limite dopo un ingenuo fallo di Felipe su Lemina.
Al ritorno in campo Allegri ridisegna la squadra seppur restando con gli stessi uomini: Evra in linea con Barzagli e Benatia, Cuadrado un passo avanti sulla stessa linea di Dybala con Mandzukic in mezzo, Lichtsteiner largo nel centrocampo a quattro con Alex Sandro dall’altro lato e sempre Hernanes e Lemina in mezzo.
L’anima degli attacchi juventini non può che essere sempre e comunque Dybala, prima pericoloso con un’iniziativa personale, poi glaciale a realizzare il penalty conquistato da Alex Sandro, il fratello gemello buono e bello di quello visto nei primi quarantacinque minuti nonostante l’errore da due passi che poteva chiudere il match ben prima del fischio finale. Controllo assoluto della partita per tutto il secondo tempo, eccezion fatta per un singolo episodio che però serve a Buffon per riscattarsi dell’errore che aveva regalato il gol agli altri bianconeri in avvio.
Parlare già di fuga non è un discorso campato in aria considerando i numeri che vengono fuori guardando la classifica, è anche vero che ancora siamo appena a metà ottobre, ma bisogna continuare su questa scia ed incamerare più punti possibili in attesa di tempi che sicuramente saranno meno redditizi.
Avanti così e testa al Lione, adesso.
A CALDO / Juve-Udinese 2-1: una vittoria che vale letteralmente 5 punti, diciamoli…
Non entrerà negli annali, ma nei manuali sì.
Perché anche Juventus-Udinese fa parte di un percorso. Si vince, come da copione e necessità, in un sabato davvero poco banale per cercare di avvicinarsi alla leggenda dei numeri e al possibile naufragio della Serie A come prodotto davvero attraente. Qualcosa importa e qualcosa molto meno, si passa anche da partite così, senza troppe giustificazioni circa il come. Il dove, il quando, il nome, questo sì. Lo Stadium, forse ancora troppo emotivo che poi non è mai abbastanza se si guarda a Bonucci e Marchisio; dopo la disfatta del Napoli che fa a spallate e poco altro con l’altra non-rivale degli scorsi anni di questo ciclo; Paulo Dybala a cui bastano due mattonelle per una standing-ovation.
C’è quasi tutto il film della Juventus in questi tre momenti, mancano solo gli Agnelli perché loro a ottobre non ci devono essere. Neppure dopo una Sassuolo qualunque. E poi c’è il campo, che riflessioni ne lascia sempre più d’una soprattutto quando le cose vanno meno bene del progetto tecnico, da qualunque delle nostre teste (mai così desiderose di immergersi dentro Massimiliano Allegri) questo provenga:
1 – quando Allegri tocca l’assetto tattico più di due volte nel corso di una partita, è perché teme fortemente la partita e non perché la squadra necessariamente si stia esprimendo in modo modesto. Quindi: i retropensieri valgono. I sudamericani, gli strani voodoo su Chiellini e Pjanic, quello che egli stesso ha definito doppio scontro da dentro o fuori la Champions contro il Lione tre giorni più tardi e via discorrendo. La lista completatela voi, se non vi dà lecito fastidio.
La sensazione è questa squadra non abbia bisogno di pasticci ma solo e soltanto di tanto ordine e sana logica. Le cose contro cui lottano i tifosi annoiati dalle (troppe?) recenti vittorie. Allo stesso tempo ha bisogno di non vivere la paura, ha bisogno di consolidare la sua superiorità per sentirsi realmente superiore poi fuori dai confini nazionali. Questo match, in questo senso, rappresenta un piccolo passo indietro al netto dei concetti di emergenza.
2 – Cuadrado alto a destra va accompagnato in paradiso, non solo protetto. Va guidato verso il fondo, non verso la porta. Da mezzo sinistro ha stuzzicato da mezzapunta (fase offensiva) e ha poco o niente dell’intermedio. È perfino meno centrocampista di Pereyra. Altro che impiego alla Pogba. Ognuno è se stesso a 28 anni. Ricordiamocelo e impariamo.
3 – Mai fare le cose al contrario. Un tempo con Evra ad attaccare lo spazio e la profondità in corsia con Alex Sandro a galleggiare nel vuoto nonché a cercare goffamente di lanciarlo e intelligentemente (ma inspiegabilmente) a coprirgli alle spalle. Allegri non ci riproverà più. Due tempi, due fluidità diverse. Persino la naturalezza di Evra da terzo centrale illumina gli occhi in questo senso. E ha dettato la direzione.
4 – Mandzukic soffre. Chi l’avrebbe detto. Soffre e si incarta. Sbaglia. Dato che serve, a lui serve un Dybala più vicino e traiettorie esterne dal lato corto. Può tornare a sfondare. E tornare a fare anche le cose normali.
Parentesi: siamo esattamente a un anno fa, quando il genio era Edin Dzeko, confortante no?
5 – Lemina subisce critiche, ma incide quasi solo sempre su episodi positivi. Hernanes è il suo specchio, quindi al contrario, incide su episodi quasi sempre negativi. Torneranno nelle rotazioni, ma tra i due esiste già una gerarchia dettata dal campo. Utilizziamola con buonsenso, almeno nelle gare ad alto voltaggio. Questa è andata così, ne abbiamo viste di ogni centrocampo. Riabbracciando anche Sturaro che, dice il medico, non fa mai male…