Ciao Asamoah: nel bene e nel male

Con il numero 22… Kwadwo… Asamoah!

Alzi la mano chi non si è mai esaltato, negli ultimi sei anni, a declamare questo nome allo Stadium. Io, personalmente, sì e anche parecchio. Un po’ come in quello spot contro il razzismo, in cui rubava il pallone a Marchisio.

Intanto, per il suono: CUADUO. E poi per ciò che questo giocatore, arrivato quasi in sordina, ma neanche troppo in realtà, stante la discreta qualità e quantità che, già dimostrata nella mediana dell’Udinese (dopo un’anonima parentesi in prestito dal Bellinzona al Torino, nel 2008), avrebbe portato nell’allora squadra neocampione d’Italia, “dopo due settimi posti”, guidata da Antonio Conte.

Ed è subito spettacolo per il piccolo ghanese, tutto corsa e sorrisi: all’esordio stagionale, nella Supercoppa Italiana giocata (e vinta) contro il Napoli di Mazzarri a Pechino l’11 agosto 2012, schierato nell’inedito ruolo di tornante sinistro (che lo accompagnerà per il resto della carriera juventina), al 36’ del primo tempo, fulmina al volo De Sanctis sul suo palo, pareggiando la precedente rete di Cavani. Un’ottima prestazione a seguire contribuisce a consegnare il primo dei tre trofei che la Juventus porterà a casa quell’anno.

Generoso, rapido, forte fisicamente e tecnicamente apprezzabile, si distinguerà come uno dei migliori terzini di quel campionato, diventando elemento decisivo negli schemi di Conte, con i cross dal fondo che vedevano spesso l’altro esterno (Lichtsteiner) chiudere l’azione. Abbandonate definitivamente le vesti del mediano, rappresenterà, negli anni successivi, una risorsa fidata, sia come titolare sia come riserva, con un passo felpato e saltellante, tocchi corti e quasi sempre precisi, mai una polemica, mai una pretesa: “A me va bene tutto, decide il mister”. Verrà superato nelle gerarchie, prima di Conte e poi di Allegri, dall’esperienza di Evra e dall’irresistibile esplosione di Alex Sandro, che offrirà tutt’altra ampiezza e ritmo carioca alla squadra.

Curiosamente, nella stagione appena conclusa, pur avendo raccolto minor minutaggio (26 presenze per 2.029’), Asamoah ha spesso dato la sensazione di rendere meglio del brasiliano che, a dispetto dell’annata non brillantissima, ha nei numeri offerto più di quanto apprezzato in presa diretta (38 presenze per 3.190’, 4 gol e 6 assist). Di contro, pur con responsabilità relative, l’isolata apparizione da centrale di difesa d’emergenza (in casa contro il Bologna) ed il non aver inciso, tra tutte le competizioni, né in termini di gol (zero) né di assistenze (unico key-pass a segno, nella sua miglior partita dell’anno, a Higuain contro il Milan a San Siro, con il velo di Dybala), spiegano la preferenza del tecnico per il numero 12.

Lasciato in scadenza di contratto e nonostante (nel diverso scenario del 2014) avesse dichiarato di voler restare alla Juve a vita, dopo aver evitato le sirene turche la scorsa estate, ha deciso di giocare per l’Inter dal prossimo anno, con un verosimile triennale da 3.3 milioni annuali. Prescindendo dalla discutibile scelta della destinazione, vista l’abitudine a vincere, viene da pensare che anche lui, come qualche suo più illustre predecessore, abbia deciso di cercare a Milano stimoli diversi, dopo aver collezionato svariati trofei e ancora più vittorie.

La sua curva di rendimento ha spesso offerto alti (iniziali) e bassi (più recenti), ma non posso non valutare con un certo scetticismo la decisione nel lasciar partire a zero (anche) questo giocatore, dato il valore di mercato (€12.5 milioni secondo Transfermarkt, deprezzamento minimo, se si pensa che fu acquistato a €15 milioni), l’ancor giovane età (29) e l’attuale assenza di alternative nel suo ruolo, specie in caso di partenza di Alex Sandro ed arrivo del promettente Spinazzola, rinunciando, peraltro, alla sua affidabilità e duttilità, quantomeno come riserva. Tutto questo a fronte di un minimo adeguamento contrattuale (partendo dagli attuali €2.3 milioni). Immaginiamo ci siano alternative più valide in canna, ma resta il fatto che va sicuramente a rinforzare chi non dovrebbe.

“Nello spogliatoio siamo tutti fratelli”. Ebbene, nel bene o nel male, a me comunque dispiacerà perdere Kwadwo e, soprattutto, averlo contro.

Vittorio Aversano.