Alex Sandro Lobo Silva è nato a Catanduva, comune dello Stato di San Paolo, in quella che Wikipedia definisce come “parte della mesoregione di São José do Rio Preto e della microregione di Catanduva”. Per nome chilometrico, apelido e luogo di nascita, quindi, stiamo parlando di un brasiliano (anzi, di un paulista: da quelle parti ci tengono) nel senso più puro del termine. Eppure, da quando è alla Juventus, il #12 tutto sembra fuorché un figlio del suo paese. Soprattutto se si guarda a cinque aspetti del suo essere dentro e fuori dal campo.
Assenza di saudade (e di convocazioni)
Alex Sandro è in Europa dal 2011. Da allora non si registrano fuitine a campionato in corso per assistere al carnevale di Rio (si Edmundo, sto parlando con te), depressioni post vacanze e pre ritiro estivo, interminabili trasferte intercontinentali per l’altrettanto interminabile girone di qualificazione mondiale sudamericano. Anche perché Tite, bontà sua, continua a preferirgli Marcelo. Meglio così, siamo risparmiati corse notturne alla stazione di Porta Nuova per convincerlo a farlo scendere dal treno o interminabili nottate in bianco per provare a farlo addormentare.
Bellezza al servizio dell’utilità
Dimenticate Zidane (scherzo, ovviamente), dimenticate l’Avvocato (scherzo bis) e il suo «più divertente che utile». Oppure, visto che si parla di Brasile e brasiliani, dimenticate la pedalada di Denilson, buona solo per soddisfare l’edonistico piacere dell’estetica fine a se stessa. Con Alex Sandro il futbol bailado è messo al servizio di un’utilità di squadra volta al raggiungimento di un risultato. Come quando, a Lione, ha fatto trascorrere ai due guardiani della fascia destra i peggiori trenta secondi della loro stagione. Anzi, probabilmente lo stanno ancora cercando
Presenza fisica
Qualche giorno dopo la partita con il Napoli ho incontrato un amico tifoso azzurro che mi ha confidato: «Non è tanto la tecnica, la corsa, gli inserimenti senza palla. Quelli son buoni tutti a notarli. Questo fa FISICAMENTE paura ai suoi avversari». Sono andato a spulciare qualche dato e, effettivamente, aveva ragione lui: di testa le prende quasi tutte (21/32 fino ad oggi) e la percentuale di contrasti vinti è nell’ordine del 65%. Dite addio ai brasiliani che si scansano (“parola più parola meno” cit.) per evitare il contrasto e il confronto fisico con gli avversari: siamo di fronte all’evoluzione della specie.
Applicazione difensiva
Quando si pensa a un terzino verdeoro si pensa a Roberto Carlos, Carlos Alberto (mancato pochi giorni fa, purtroppo), Djalma Santos, Dani Alves: gente piuttosto “vegetariana” quando si trattava di difendere o di correre all’indietro per anche solo una parvenza di copertura preventiva. Alex Sandro invece no, Alex Sandro è Alex Sandro su entrambi i lati del campo: solo in campionato cinque azioni difensive di media a partita (quattro in Champions), 31 intercetti e 27 chiusure decisive. Certo ci sono alcuni passaggi a vuoto (Fiorentina e Napoli su tutte), ma fosse anche già perfettamente disciplinato anche nella sua metà campo, non sarebbe francamente legale.
Ambidestritudine
Di solito, quando la natura esagera con qualcuno come il nostro, tende a confinare quell’immane dose di talento e potenza in una sola delle due estremità inferiori. Valga, a titolo puramente esemplificativo, il caso di Roberto Rivelino o del già citato Roberto Carlos, mancini come Alex Sandro e che adoperavano il destro solo per camminare. Lui no, lui ci va di destro e di sinistro. Prendendoci benissimo in un caso o nell’altro.
Si ringrazia Pagno72 per entrambi i video
Claudio Pellecchia