La Juve può anche rinunciare a Paulo Dybala, ma non può rinunciare a valutare seriamente la necessità di trovare chi ne può raccogliere eventualmente l’eredità tecnica. La scommessa di Allegri, a un certo punto, è stata Bernardeschi; la scommessa di Sarri è parimenti quella di formare l’ex viola da attaccante aggiunto, che parta da posizione esterna, che si sposti a fare il suggeritore vecchia maniera. Insomma, un po’ Chiesa e un po’ Isco, Bernardeschi si applica mentre la Juve attende di comprendere Ramsey (e viceversa) rischiando di diventare una delle discriminanti più importanti per un ottimo o complicato impatto di Sarri con una squadra che viene chiamata a cambiare mentalità, come se non fosse stata ciclicamente capace di esprimere partitoni in Europa sotto la gestione Allegri. Ecco, all’ex tecnico si può imputare molto, ma non di aver giocato al risparmio, quanto invece di aver perso il bandolo della matassa, ovvero dopo Cardiff. l’aver scelto o l’aver subito la rinuncia a un undici, dodici, tredici ideale, di riferimento, che rendesse reale quel “calcio di conoscenza” in cui semplicemente poi aggiungere il fattore Ronaldo.
Allegri però a un certo punto battezza Dybala dentro mansioni oggettivamente irraggiungibili per la Joya, lo battezza e lo bacchetta, vuol far fare a Sivori ciò che faceva Platini invece è solo Dybala. Il mister si becca gli accidenti di mezzo mondo Juve, soprattutto per l’inefficienza della macchina offensiva bianconera, in quel mezzo mondo c’è anche chi poi gli toglierà la panchina. Intanto Dybala si autosvaluta – calcisticamente va in altalena e sbaglia chi vede in Ronaldo il tappo della parabola – e pure si svaluta. Tra gli operatori di mercato tutti sanno che il calciatore è potenzialmente cedibile, ma la Juve fa quadrato anche sui conti: tra i 90 e i 100 milioni per ascoltare. Nessuno ha mai avvicinato quella cifra, il più intrigato fu Klopp un anno fa, e oggi come oggi Dybala vanta (logicamente) più estimatori in Italia che all’estero. Funziona un po’ come Icardi, paradossalmente, solo che l’ex capitano nerazzurro ha cinque o sei partite in Champions e il demerito sportivo di non esser stato un trascinatore che andasse oltre la contabilità. Tra i giornalisti, si fa fatica negli ultimi otto mesi a trovare una pista che non sia la rinnovata fiducia della Juventus (soprattutto in caso di cambio della guida tecnica) o la storia del Marotta padre putativo.
Questo fin quando Leonardo si è reinsediato al PSG. Sullo United le notizie sono più frammentarie, ancora per certi versi legate ai tempi della stima di Mou per l’argentino più che allo scouting nudo, crudo e sincero del club oggi in mano a Solskjaer. Da Parigi qualcosa di concreto arriva: società e giocatore si piacciono a vicenda, il PSG cerca un attaccante di talento per completare il fuoco di Tuchel (al quale è già stato comunicato che Neymar ha confusamente chiesto la cessione nel summit con la società nel giorno delle visite mediche) ma al solito c’è un ma; Pare non del tutto ostativo. Ossia che Leonardo intenderebbe sfruttare il momento, ritenendo seria e attuale una valutazione di Dybala tra i 50 e i 55 milioni. Per chi scrive Dybala ne vale 70, per chi legge tra i 40 e i 140. Il mercato è opportunità, creatività, momento giusto nel posto sbagliato e poi improvvisamente nel posto giusto. Intanto si prenda atto che il pensiero di Sarri, come quello di Dybala, paiono piuttosto confusi. E che la questione dell’erede tecnico – per la dimensione in cui oggi la Juventus pretende di essere – non andrebbe comunque procrastinata. A meno che l’erede tecnico di Dybala junior non sia a Dybala senior e allora vivrebbero tutti felici e contenti.
Luca Momblano.