Che poi, essere tifosi della Juve, a queste latitudini era un po’ come essere tifosi del Real Madrid o del Manchester United. Scarse possibilità di vedere dal vivo la squadra, soprattutto se eri uno studente squattrinato e occupavi ancora una stanzetta nella casa di mamma e papà e non riuscivi a raggiungere Torino che un paio di volte l’anno.
Gli studi che stavo facendo all’epoca mi permettono di dire, oggi, che quel mio reato è ormai prescritto quindi ne posso parlare tranquillamente. E insomma: Pasquale ‘o mericano era uno che con diecimila lire al mese ti forniva una scheda con chip (ci teneva molto a sottolineare il particolare, forse per distinguersi da altri sul mercato) per vedere Telepiù (la mamma dell’attuale Sky). Con cinquemila in più potevi anche vedere i film a luci rosse ma a noi interessava solo la Juve, pensa te come eravamo messi. E nelle diecimila lire era compresa anche “l’assistenza tecnica”, nel senso che se quelli della pay tv (quei “disgraziati”, come diceva ‘o mericano) avessero cambiato i codici per la visione della partita tu potevi chiamarlo, in qualunque momento, e lui riusciva a risintonizzare, a distanza, la tessera; oh, l’ho detto che era un genio, no? Il rischio che potevi correre era che la cosa poteva succedere durante la partita, e qui diventava più complicato. Tra il tempo della chiamata e l’intervento di Pasquale ‘o mericano, potevi perdere anche una mezz’ora ma, insomma, per diecimila lire era un rischio calcolato.
Soprattutto perché quelle diecimila lire non erano tutte mie: erano divise per 8, che non faceva esattamente un numero pari ma si era deciso di fare un fondo cassa per ammortizzare le spese iniziali della parabola e del decoder e per comprare il caffè o la coca cola e la pizza, nel caso di partita serale.
La prima partita che riuscimmo a vedere, dopo qualche prova fallita, fu proprio Juve – Inter, campionato 1996/97. Che Boksic ad inizio partita avesse preso un palo lo sapemmo nell’intervallo visto che ‘o mericano, che quella sera era a casa mia, proprio perché era la prima volta, era riuscito a darci la connessione solo a metà primo tempo. Ricordo anche un applauso a quello strano personaggio bassino e con gli occhi piccoli piccoli con gli occhialini rotondi, nel momento in cui le prime immagini comparvero sul mio televisore: una cosa da sbarco sulla luna, bisognerebbe provare vergogna, lo so. Eppure…
Eppure, oggi, quel momento è una specie di pietra miliare nella mia vita, uno dei giorni da ricordare (e posso permettermi di dirlo solo perché so che mia moglie non legge juventibus). Ma, sul serio: quel momento ha cambiato per sempre il mio modo di vedere le partite. Per sempre.
Da quel 2-0 dell’ottobre 1996, in cui si rivelò l’immensa grandezza di Zidane, ad oggi, quel gruppo è rimasto pressoché lo stesso. Qualcuno è uscito per motivi di forza maggiore, qualche altro è entrato. La casa è cambiata un paio di volte e oggi abbiamo un abbonamento ufficiale, anzi due, per la Champions, che, pare, sia in esclusiva per tre anni da un’altra parte, almeno così mi hanno detto.
Ma oggi non saprei vedere la mia Juve in altro modo, da solo o con altre persone. La mia Juve è con loro, autentici personaggi, con le nostre fissazioni, le nostre scaramanzie.
E di questo mi piacerebbe parlare di tanto in tanto, se vi va. Di quasi 20 anni di partite insieme, da Pasquale ‘o mericano ad oggi, da un Juve – Inter 2-0 in un anno culminato con lo scudetto ad un Juve – Inter 2-0 in un anno…
Ok, ok, sto zitto. Anche perché, per capirci, con una frase del genere sarei già stato messo alla porta, con sdegno, dai miei amici. Per dire, come siamo fatti.
Francesco Alessandrella