Come ogni anno, le giornate che precedono il 30 giugno – data di chiusura dell’esercizio sociale della maggior parte delle squadre, tra cui la Juventus – regalano dibattiti, talvolta surreali, sulla sostenibilità delle attività messe in campo dalla società campione d’Italia e dell’impatto economico che queste hanno avuto. E come ogni volta, sono molti i dubbiosi sulla tenuta dei conti della Juventus rispetto alle manovre di calciomercato che vanno prefigurandosi: potremo permetterci De Ligt? L’ingaggio di Rabiot sarà troppo elevato? Saremo costretti a vendere Cancelo per pareggiare il bilancio? E così via.
Sono interrogativi che se non inseriti in un contesto più ampio, quale è quello di una società quotata in Borsa e con mezzo miliardo di fatturato, lasciano il tempo che trovano. Per questo, proveremo a capire lo stato dell’attuale situazione economica sulla base di alcuni dati ufficiali e qualche ragionamento con bilancio alla mano. Le risposte, forse, verranno da sole.
Partiamo dal titolo azionario. Dal 10 luglio 2018, data dell’ufficializzazione dell’arrivo di Cristiano a Torino, il valore delle azioni della Juventus è quasi raddoppiato, passando da un prezzo unitario di 0,89€ agli attuali 1,48€, raggiungendo il picco più alto, 1,72€, ad aprile. La capitalizzazione del titolo azionario – il valore di tutte le azioni della società, passato da 1,34 a 1,5 miliardi di euro circa in un anno (cifra per la quale molte società quotate metterebbero la firma)– pur non avendo impatti sul conto economico del bilancio societario, ha una rilevanza fondamentale nell’attrazione di nuovi capitali dal mercato azionario e in termini di “reputazione” finanziaria, come dimostrato dall’ottimo collocamento del bond a 5 anni emesso lo scorso febbraio che ha raccolto oltre 250 milioni di euro, quando si prevedevano ordini per 150. Sponsored by Hyundai Sponsored Content
Cosa significa? Che la Juve in questi anni ha messo le basi per passare dall’essere una società sportiva tradizionale alla trasformazione in un colosso commerciale, seguendo il modello inglese, in cui molte società hanno mostrato di essere in grado di produrre risultati economici slegandosi, seppur in parte, dal risultato sportivo.
Colosso commerciale, appunto. Guardiamo ad esempio al merchandising che, nel primo semestre 18/19 ha registrato ricavi per oltre 26 milioni di euro, in crescita dell’81% rispetto al periodo di riferimento precedente (11 milioni in più, in un solo anno). Effetto Ronaldo, certo, ma che ha come causa originaria una chiara strategia di internazionalizzazione del brand, che ha impatti concreti e molto positivi anche nel brevissimo periodo.
Se da un punto di vista finanziario e di costruzione della reputazione a livello internazionale la situazione è positiva, è probabile che – salvo cessioni illustri nelle prossime ore – il conto economico della Juventus possa chiudere in rosso, con una perdita di 50 milioni circa, secondo gli analisti di Intermonte. Pesa sicuramente, oltre all’aumento dei costi generati dagli adeguamenti contrattuali dei calciatori e la messa a bilancio delle spese CR7, l’uscita ai quarti di finale di Champions contro l’Ajax.
In questo caso, parliamo di mancati introiti che erano originariamente stati preventivati a bilancio, come dimostra anche l’ultima relazione semestrale che prevedeva una forte influenza dell’andamento dei risultati sportivi, soprattutto a livello continentale. L’eliminazione avrebbe comportato un mancato introito di circa 20 milioni di euro: cifra importante, certo, ma che da sola non può costituire una minaccia per la Juventus, vicina ai 500 milioni di fatturato, plusvalenze escluse.
La perdita di circa 50 milioni sarebbe di certo uno dei peggiori risultati negli ultimi anni, ma che deve tener conto degli investimenti messi in campo e, soprattutto, della loro redditività nel medio lungo termine. Gli analisti di Intermonte, infatti, non ritengono un problema un momentaneo rosso in bilancio, prevedendo nel periodo 2018/25 un incremento medio annuo dei ricavi dell’8%, che porterebbe la Juventus tra i primi 5 club al mondo per giro di affari. Sono due i parametri sui quali si fonderebbe questa crescita: i ricavi commerciali e l’aumento degli introiti da diritti TV, tenendo come standard il raggiungimento dell’obiettivo dei quarti di Champions.
Da non trascurare, inoltre, il tema del Fair Play Finanziario. Uno dei più grandi equivoci attorno all’argomento è quello secondo cui se una società è temporaneamente in perdita, questa debba entrare automaticamente nel programma di limitazione della spesa per rientrare nei parametri imposti dall’UEFA. La verità è che la Juventus, almeno per quest’anno, non dovrà porsi particolari problemi in rapporto a tali paletti. Sia perché, secondo le regole del FFP, dal risultato economico vanno scomputati i cosiddetti costi virtuosi (ammortamenti per infrastrutture, accantonamenti, investimenti nel settore giovanile, fiscalità), che si aggirano attorno ai 30 milioni; sia perché i precedenti due bilanci validi per il triennio 2016-2019, si sono chiusi con un attivo complessivo superiore agli 80 milioni di euro.
È per questo che la data del 30 giugno, pur essendo importante, non sarà un parametro fondamentale per comprendere quali siano le strategie del calciomercato bianconero. Di fatto, l’assenza di rischi di infrazione del FFP non costringe la Juventus a vendere giocatori e generare plusvalenze entro la fine del mese, permettendo alla società di ripianare eventualmente il rosso di bilancio nella stagione successiva. Ricordate Pogba? Era il 9 agosto 2016 quando fu ceduto per 110 milioni di euro allo United, ben oltre la data di chiusura dell’esercizio precedente.
L’attenzione maggiore in queste settimane, restando sul tema Fair Play Finanziario, è focalizzata sul patrimonio netto, che secondo le regole deve essere positivo e che lo scorso anno ammontava a circa 70 milioni. Fatti due conti, con una perdita di 50 milioni e sommati i costi complessivi, sarà necessario puntare a un bilancio in pareggio nel 2020 che al momento, senza calciomercato in uscita, sembra lontano.
Non sarebbe quindi sorprendente vedere quest’estate la partenza di un big che possa garantire elevate plusvalenze, che farebbero respirare il bilancio societario e potrebbero essere usate per finanziare l’acquisto di giocatori altrettanto importanti. L’impressione è che la società sia pronta a valutare offerte per buona parte dei giocatori in rosa, fatte le dovute eccezioni come CR7 e pochi altri, valutando poi la convenienza sportiva ed economica volta per volta, anche in un’ottica di reinvestimento intelligente del capitale eventualmente acquisito.
Sacrificare sull’altare del bilancio alcuni dei gioielli di famiglia migliorando al tempo stesso la rosa può sembrare contraddittorio, ma la Juventus è pur sempre quella società in cui, come ha detto qualche giorno fa Iker Casillas su Twitter, il mercato sembra fatto da Harry Houdini. Visti i precedenti, difficile dargli torto.
di Giuseppe Stamegna