Ed un’altra finale di Champions League è terminata. Questo trofeo suscita ancora amarezza per la modalità con cui si è conclusa l’avventura bianconera, ossia l’essersi fatti raggiungere allo scadere dopo la prestazione europea forse più bella dell’ultimo decennio. Nel leggere i commenti di molti tifosi sul derby madrileno di sabato, noto un modo di pensare a mio avviso fuorviante e che, lo ammetto, un po’ mi preoccupa.
E’ ormai vulgata comune la tesi secondo la quale se Evra avesse spazzato il pallone (pluri-multi cit.), la Juventus avrebbe annichilito con facilità qualsiasi avversario, non ci sarebbe più stata storia e a momenti la Uefa ci avrebbe consegnato la Champions d’ufficio. Eppure, la storia di questa Coppa dovrebbe ormai averci insegnato come stanno le cose: a noi, per dire, è capitato di eliminare Barcellona e Real Madrid con prestazioni super e di perdere contro un Milan che in campionato avevamo sopravanzato di 11 punti. L’Atletico di Simeone, dopo aver superato in due incandescenti doppi confronti Barcellona e Bayern (ossia le principali favorite), si è visto infrangere i sogni di gloria da un avversario che, figurine a parte, non è certo irresistibile.
Insomma, in Champions gli imprevisti sono dietro l’angolo: oltre alla buona sorte, ci va anche la capacità di saper trarre a proprio vantaggio i singoli momenti nell’arco della gara. All’Allianz la Juventus avrà anche sfornato una prestazione monstre, ma i fatti dicono che non è bastata per eliminare il Bayern e l’essersi fatti acchiappare proprio sul filo del rasoio può anche essere considerato un’ulteriore aggravante. Quindi, c’è ancora da migliorare, com’è normale che sia.
Dopo la finale col Barcellona, questa annata europea suscitava in me profonda curiosità. Volevo capire se nella stagione 2014-2015 avevamo semplicemente colto l’annata giusta o se invece eravamo (e quindi siamo tuttora) in grado di nutrire serie ambizioni e di potercela giocare coi top club. La stagione conclusa ha fortunatamente dimostrato questa seconda ipotesi e proprio da ciò si deve ripartire, con la giusta dose ottimismo e consapevolezza dei propri mezzi.
Di contro, continuare impuntarsi sul fatalismo (“tutta sfiga”) o esibire una presunta ed immotivata superiorità nei confronti delle altre squadre (“meritavamo noi, siamo nettamente più forti delle due finaliste!”) sono invece i modi migliori per correre il rischio di non riuscire mai a vincere quella maledetta coppa e di non far tesoro degli importanti segnali arrivati da quest’ultimo anno.
Jacopo Azzolini.