CR7 timbra il Derby

Un rigore di Ronaldo, il cinquemillesimo gol bianconero in serie A, consegna la stracittadina alla Juve

Un Derby brutto, confuso, con poco spettacolo e ancor meno occasioni. Ma proprio per questo vero, sanguigno, dal sapore antico. La Juve lo fa suo grazie a un rigore di Cristiano Ronaldo e a una maggiore esperienza e con il gol numero 5.000 siglato in serie A nella sua storia centra il 15° successo su 16 gare di campionato. Semplicemente mostruosa.

TANTA LOTTA, POCO CALCIO


Derby brutto si diceva, e in effetti deve passare un quarto d’ora per vedere la prima palla gol, e sarà una delle poche: Ronaldo ha il pallone buono sul destro, lo calcia al volo e Sirigu si distende per deviare in angolo. Qualche minuto prima il portiere era entrato in contatto con Emre Can subendo un colpo alla schiena e al 20′ è costretto a lasciare il posto a Ichazo. È una partitaccia, che offre solo corsa e agonismo, un copione che non favorisce certo la squadra più tecnica e che permette al Toro di controllare il gioco più di quanto si potesse pensare. I bianconeri si fanno trascinare dal caos, la manovra ne risente, manca di precisione e lucidità e così l’unica altra occasione del primo tempo è colpo di tacco di Chiellini, che devia tra le braccia di Ichazo l’angolo di Dybala.

RONALDO DI RIGORE


L’assist della Joya e il sinistro a lato di Matuidi aprono la ripresa. Il Toro punta sulle accelerazioni di Belotti, che fa spendere due gialli a Pjanic e e Emre Can e cerca la porta con un destro dai venti metri, deviato in angolo. La Juve ci prova con il cross rasoterra di Alex Sandro per Matuidi, anticipato da Ichazo, quindi con lo spiovente di Ronaldo e la sponda di Mandzukic per l’inserimento di Dybala, anche lui chiuso al momento della battuta. Con il passare dei minuti il Toro abbassa il ritmo e i bianconeri iniziano a prendere possesso del campo. La gara è spigolosa e di occasioni non se ne vedono molte, bisogna lottare per procurarsele. È quanto fa Mandzukic quando corre come un matto per arrivare sul retropassaggio avventato di Zaza e viene steso dal tackle di Ichazo: è rigore e Ronaldo infila dal dischetto, nonostante l’estremo, infruttuoso tentativo del portiere granata che tocca il pallone, senza riuscire a evitare il cinquemillesimo gol bianconero in serie A. Tre minuti dopo Mandzukic chiuderebbe la partita sparando il rete l’assist di Pjanic, ma il fuorigioco di Ronaldo sulla punizione del bosniaco vanifica l’azione. Basta comunque il minimo scarto, perché la Juve adesso è padrona del gioco, tiene palla, gestisce il tempo, non rischia più nulla e porta a casa tre punti d’oro. Torino è ancora una volta bianconera.

TORINO-JUVENTUS 0-1

RETI: Ronaldo rig. 25′ st

TORINO
Sirigu (20′ pt Ichazo); N’Koulou. Izzo, Djidji; Aina (40′ st Berenguer), Baselli, Meité, Rincon, Ansaldi (31′ st Parigini); Zaza, Belotti
A disposizione: Rosati, De Silvestri, Bremer, Moretti, Lukic, Soriano, Damascan, Edera, Iago Falque
Allenatore:  Mazzarri.


JUVENTUS
Perin; De Sciglio, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Can, Pjanic, Matuidi; Dybala; Mandzukic, Ronaldo
A disposizione: Szczesny, Pinsoglio, Benatia, Rugani, Spinazzola, Bernardeschi, Douglas Costa, Kean
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Guida
ASSISTENTI: Preti, Costanzo
QUARTO UFFICIALE: Marinelli
VAR: Mazzoleni, Paganessi


AMMONITI: 27′ pt Zaza, 3′ st Pjanic, 6′ st Emre Can, 25′ st Ronaldo, 27′ st Ansaldi, 47′ st Perin

Torino-Juve 0-1: se non la risolve Ronaldo, ci pensa CR7

Partiamo dalla fine, e probabilmente dall’unica nota positiva della serata: la Juve ha vinto, è bianconero il derby di Torino, però diciamolo subito, è stata una vittoria casuale, al di là di qualche occasione-gol in più prodotta dalla Vecchia Signora, ma quanto visto stasera sarebbe stato più giusto, sportivamente parlando, se avesse prodotto uno 0-0. Ed invece arrivano tre punti, e forse nelle stracittadine portarla a casa così fa un po’ più godere perché vedi gli altri crederci, e poi li vedi, come al solito, disperarsi perché costretti a tornare a casa solo con rimpianti e occhi lucidi di rabbia.

Parlando, invece, degli aspetti pratici, a tratti la Juve è sembrata in difficoltà dal punto di vista fisico come nel periodo Spal-Crotone dell’anno scorso, anche se, stranamente, nelle ultimissime battute, seppur senza un cambio posto in essere da mister Allegri, sono sembrati i nostri ad averne di più. Per il resto comunque pochi sorrisi, speranza che sia una situazione voluta per tentare di arrivare con un certo distacco alla pausa invernale, poi ricaricare le pila per ripartire con la seconda parte della stagione.

Sono finite, invece, le parole di ammirazione nei confronto di Giorgio Chiellini: non ha perso un duello contro nessuno stasera! La copertina è sempre quella di CR7: partita bruttina, però poi eccolo lì, freddo, “provocante”, decisivo, come lui sa, come lui è. Sempre. A freddo ci sarà modo per analizzare tutto il resto dei nodi non sciolti, stasera incameriamo i tre punti e godiamoci la domenica da spettatori.

Fabio Giambò.

Il solito Derby (o forse no)

Il 147mo Derby della Mole, se non soltanto grande soddisfazione per la 15a vittoria in campionato, l’ottava in trasferta (100% success rate) e a rete inviolata (quinta partita consecutiva in serie A), consegna agli archivi una giornata da ricordare per diversi motivi. Rivediamoli.

Liverpool 

In una realtà, dal punto di vista del giudizio sportivo, storicamente impari, qualche brillante tifoso granata rende omaggio alle 39 vittime dell’Heysel, (dis)onorandole con scritte becere, mentre un suo degno pari, con la complicità di DAZN, appare alle telecamere con la sciarpa del Liverpool. Come a Napoli, anche a Torino, questo verrà derubricato a “folklore o parodia” o semplicemente ignorato, c’è da scommetterci; e l’impunità, generalmente applicata a tutti meno che ai nostri, incoraggerà ulteriori, futuri episodi della stessa risma.

La gaffe tremendista

I tifosi granata, che aspettavano come sempre questa giornata da quella dell’anno scorso, non si rendono conto di dileggiare il pullman della squadra sbagliata: la propria. Nulla da eccepire, da parte mia, nel merito del termine utilizzato (“merde”), ma non credo sia il miglior modo per motivare i propri beniamini nell’unica partita di campionato che per loro conta. In fondo, non erano ancora neanche scesi in campo: è proprio vero che l’odio acceca.

Segna e vola sotto la curva, Pavel Nedved tira la…

…Bomba. Clamoroso quanto esaltante il commento del nostro VP, a pochi minuti dal fischio di inizio, in relazione all’assunzione del ruolo di AD con delega allo sport di Marotta all’Inter. La lamentata mancanza di juventinità vuole forse rivelare ben di più delle semplici parole e soltanto i noti, insoddisfatti ex giornalisti da Twitter possono parlare di caduta di stile. A me, ad esempio, fanno pensare che l’allontanamento di Marotta, fin troppo repentino, possa essere stato, invece, determinato da uno scollamento del rapporto fiduciario con il vertice della società, che trova, nell’espressione di Nedved, un’ evidente conferma: c’è da chiedersi, infatti, se la “non juventinità” di Marotta si sia rivelata nella scelta di andare all’Inter o si fosse manifestata già prima. 

Glik marca visita

Questa volta non risultano visite motivazionali preliminari in hotel. Peccato, portava bene.

Derby brutto e irrazionale

Su un indegno campo di barbabietole (dal colore non casuale), entrambe le squadre commettono una serie incredibile di ripetuti errori tecnici, che rendono la partita decisamente sgradevole. La proverbiale (?) grinta del Toro appare (ancora una volta) soltanto a sprazzi, soprattutto nel furore agonistico di un Belotti dalle frivole labbra scarlatte, mentre i nostri si affidano poco lucidamente al lancio lungo di Bonucci per sovrastare fisicamente gli avversari nei venti metri finali, producendo un primo tempo equilibrato, ma con le uniche occasioni nette a nostro favore. Nella ripresa – dopo aver appreso da Baselli, durante l’intervallo, che si trattava di una vera e propria “guerra” -, le squadre sembrano persino crescere di condizione fisica e, stancamente, la gara si trascina finché la Juve non capitalizza l’episodio-chiave del match. Insomma, il solito Toro, emotivo e trepidante per il gala annuale, la solita Juve, gelida e snob, il solito risultato. L’unica vera novità è che, per una volta, hanno chiuso la partita in undici.

Le consuete polemiche e l’inaspettata gratitudine

Le vacue proteste granata – evidenziate nel post gara dallo sconforto del solito Mazzarri – per ben due rigori non assegnati su Zaza e Belotti (a mio avviso, inesistenti) non impediscono al primo di compiere quella grave “leggerezza”, che ci consente di portare a casa l’incontro, nel recente solco di quei nostri ex calciatori (Higuain e Asamoah) che si sentono nel dovere atavico di esprimerci gratitudine per gli unici trofei vinti in carriera.

“Quando c’è un po’ di fango, bisogna sapersi sporcare le mani”

Twitta Mr Allegri e in questo contesto calcistico la frase è totalmente calzante. Non solo per le condizioni del terreno di gioco, ma anche per quanto tentato da alcuni componenti del club avversario e da qualche loro tifoso. Al netto degli infortuni, la nostra squadra appare stanca ma, nella parte finale della ripresa, corre persino più del Toro, quindi probabilmente non lo è. A me questa Juve dà spesso l’impressione di impostare prima di ogni match la percentuale di rendimento da impiegare e, se così fosse, sarebbe straordinario.

Le sciarpe viola

Non so se fosse un effetto della mia TV, ma ho notato diverse sciarpe viola con scritto Forza Toro: storie di gemellaggi storici?

Torino

È bianconera. Buone Feste agli amici granata.

Pregi e difetti con Can a centrocampo

Se negli ultimi anni il derby della Mole aveva mostrato un evidente calo agonistico rispetto alle sfide piuttosto cattive di diverso tempo fa, il Torino-Juve forse più squilibrato di tutti sulla carta si è invece rivelata la stracittadina più equilibrata e tirata del recente passato, seppur il livello tecnico sia stato oltremodo basso. Le novità tattiche della gara sono state essenzialmente due: prima di tutto, il forfait di Iago Falque ha costretto Mazzarri a schierare un doppio 9 (Zaza-Belotti) che nelle settimane precedenti aveva funzionato ben poco ,dovendo così rinunciare alla già poca qualità sulla trequarti che il galiziano forniva; inoltre, si è visto il ritorno di Emre Can dal primo minuto.

Il match si è rivelato parecchio confusionario, si è patita la pressione alta e intensa del Toro, coi granata che sovente riuscivano ad avere la meglio nei contrasti. E dire che nei primissimi minuti la Juve sembrava avere trovato la via per punire gli avversari: i 3 difensori del Toro erano orientati più sull’uomo che sul pallone, seguendo gli attaccanti bianconeri – che in teoria dovevano svariare molto – si venivano a creare spazi aggredibili dalle mezz’ali, ma purtroppo la Vecchia Signora non è riuscita a muovere il pallone con la dovuta lucidità, soffrendo anzi il contesto particolarmente fisico e “spezzettato” imposto dai granata. Si sono visti quindi errori tecnici ai quali non si era abituati anche dai giocatori più affidabili, con Chiellini che a tratti sembrava quello del 2008.

A maggior ragione senza Falque, il Torino ha senza dubbio sbagliato parecchio in rifinitura e nell’ultimo passaggio, tuttavia i due attaccanti sono stati trovati tra le linee con molta più facilità di quanto fosse logico aspettarsi, coi movimenti non ben seguiti né dai centrocampisti né dai difensori. Si temevano le progressioni di Meitè, ma sono stati soprattutto i break di Belotti a tagliare in due la Juventus, con diversi falli tattici effettuati dai bianconeri per sbrogliare situazioni pericolose.

Con le pesanti assenze di Cancelo (ne avrà per un mesetto) e dello squalificato Bentancur, si è vista forse la Juve più in difficoltà della stagione per quanto riguarda la fase di costruzione, soprattutto contro una squadra così arcigna. Se già Dybala dietro il doppio 9 nelle ultime settimane aveva palesato diversi problemi nella rifinitura centrale – con Allegri che sta tentando di rendere la Joya un tuttocampista -, la presenza di Can ha portato risvolti sia positivi che negativi. Senza dubbio, il tedesco fisicamente ha manifestato lo strapotere che già si sapeva, e lo si è visto nella ripresa: insomma, il derby è stato un contesto quasi cucito su misura per lui sotto questo punto di vista.

Il fallo tattico a inizio ripresa. Grande corsa all’indietro con la Juve spaccata in due.

Tuttavia, l’impressione è che senza Bentancur la squadra perda troppo nel palleggio e nella gestione del possesso. L’ex Liverpool è infatti un giocatore che – oltre a essere soprattutto quantitativo – è molto “diretto”: aiutava ben poco Pjanic e i centrali nella prima costruzione, ma anzi scappava in avanti e si inseriva. Di conseguenza, Dybala spesso si è dovuto abbassare parecchio anche per i suoi standard per aiutare il gioco sul corto, ricoprendo per diversi tratti la posizione di terzo di centrocampo visto che Can non partecipava. Sarà quindi interessante vedere come (e al posto di chi) il tedesco verrà inserito: considerando che Allegri sembra voler mantenere Pjanic vertice basso, togliere Bentancur rischia di privare la mediana bianconera di caratteristiche oggi irrinunciabili nella irsalita.

In ogni caso, l’intensità del Toro non è potuta durare logicamente fino alla fine: uno dei giocatori meno lucidi ha effettuato un folle retropassaggio che ha messo in discesa la partita, con i granata che nel finale non sono parsi in grado di possedere né le energie né le qualità per rimettere in parità il match. La Juve ha centrato così l’ennesima vittoria “pesante” nonostante si trovi nel momento forse meno brillante della stagione.

Non si può però non osservare che, se le partite col Manchester potevano un po’ delineare la strada da seguire per quanto riguarda la Juventus 2018-2019, nell’ultimo mese Allegri ha voluto privilegiare  caratteristiche diverse (e le formazioni viste lo dimostrano,). Sul campionato è già stato posto un punto esclamativo piuttosto forte, ma è ancora un interrogativo la strada tattica che si intende seguire. Questa Juve consente all’allenatore di seguire tantissimi strade, vedremo alla fine che cosa Allegri privilegerà.

Jacopo Azzolini