Perché non stiamo ancora scendendo a patti con la realtà di Cristiano Ronaldo in bianconero
Le ore surreali che separarono la partenza del charter di Andrea Agnelli dagli annunci ufficiali erano talmente imbevute di assurdità da risultare stranianti. Un po’ come per eventi cataclismatici nella memoria collettiva (l’undici settembre, la vittoria del mondiale in Germania, l’elezione di Trump, etc.) per noi juventini vale la domanda: “tu dov’eri, e cosa facevi quando annunciavamo Cristiano Ronaldo?”. Ecco, io ero in ferie e aggiornavo compulsivamente sulla home di Twitter in attesa di uno straccio di ufficialità a cui appellarmi per far finire la nausea da calciomercato.
Tuttavia, a quasi tre settimane dalla presentazione, il sentimento collettivo è quello di una gioia passeggera. Io – e mi sono confrontato prima di scrivere queste righe – così come molti altri fratelli di tifo non ho ancora la piena percezione di cosa significa aver ingaggiato le prestazioni sportive di Cristiano Ronaldo. Tralasciando le questioni economiche e commerciali, per le quali rimando a opinioni più competenti delle mie, vorrei analizzare la galassia di comportamenti sociologici per cui viviamo ancora in una grande involontaria negazione. E per ora ci sta bene così.
Le formazioni
In tutte gli azzardi a come giocherà la Juventus, ovviamente, Cristiano è là, in solitaria, punta di diamante di uno splendido gioiello. La cosa che fa sorridere, è che il ruolo di Cristiano viene sistematicamente tagliato su quello che era (è) di Higuaín. Il giornalista interpreta Cristiano come un upgrade rispetto all’argentino, dimenticando nella canna della penna che il portoghese ha al contrario caratteristiche diverse e ben più peculiari rispetto all’ex River. Per esempio, dimentica che negli ultimi due anni Cristiano ha giocato da seconda punta (Ronaldo-Benzema + Isco) o che ha fatto finta di essere un esterno destro (Asensio-Benzema-Ronaldo) o sinistro (Ronaldo-Benzema-Bale), o ancora che solo raramente svolgeva il ruolo di prima punta, almeno per come lo intendiamo classicamente in Italia. L’identità di gioco del Cristiano Ronaldo non è stata ancora pienamente riconosciuta.
Noi tifosi
Il pensiero più ricorrente tra di noi rimane l’incredulità. Come in un ribaltamento simmetrico del modello di Kübler-Ross, siamo passati dalla fase credulona (1) per gli abboccamenti del calciomercato, a quella (2) della rilassatezza e adesso alla (3) gioia esagerata. Così come nel famigerato modello di elaborazione del lutto, anche noi dobbiamo raggiungere il quinto stadio per dirci completamente in pace con gli eventi, pervenendo ad una sorta di accettazione forzosa della realtà positiva. Ma non vi siamo ancora. Vi saremo quando la realtà brutale ci metterà di fronte al fatto compiuto, e sono certo che il momento dell’epifania varierà da individuo a individuo. Io l’ho personalmente identificato (o almeno credo) nel momento in cui lo vedrò allenarsi con la squadra al completo di ritorno dalla tournée, ma sento amici dire che finché non farà il suo esordio in campionato o addirittura il primo gol, non potremo realizzare appieno di averlo in squadra. La percezione della realtà rimane un esercizio strettamente ondivago e più che mai personale, checché ne dicano i contratti firmati.
La metonimia (e la scissione) Juventus-Cristiano
Quanti titoli abbiamo ahinoi letto con “Cristiano chiama Tizio, Cristiano chiama Caio”? Ormai è Cristiano che fa il mercato, non più la società. La forza con cui viene rilanciata la simmetria tende a far scomparire il sistema – la Juve – nel singolo – Cristiano – negando la moltitudine di sfaccettature che compone il primo. Fateci caso, la Juventus viene veramente tirata in ballo solo nel caso delle cessioni.
Uno dei sintomi più evidenti del fatto che Cristiano trascenda la narrazione tipica del colpo di calciomercato è stato il “live” del sorteggio del calendario. Un evento sempre più mediatico, ma che suscita sempre meno interesse. La maggior parte dei giornali titolava con l’ossimorico esordio di Cristiano Ronaldo al Bentegodi – e non della Juventus eptacampione. Lo scambio impudente tra calciatore e squadra significa identificare quest’ultima col primo, mostrando come le due realtà siano sì interscambiabili, ma mai veramente “insieme”.
Alcuni sono andati anche oltre. Le tv (Sky) hanno sfornato carrellate di servizi immaginando il campionato della Juventus come un one-man show in giro per l’Italia, che però non combacia con il senso del campionato stesso: ossia che si affrontino 20 squadre diverse. Questa scissione binaria, netta, violenta, tra Cristiano e la Juventus non rende giustizia né all’uno né all’altra, ma è anzi esemplificativa della mancanza di connessione subconscia tra i termini “Cristiano Ronaldo” e “Juventus”. Come se il giocatore fosse un’entità a sé stante, quasi fosse più grande della squadra che l’ha ingaggiato (anche se per certi versi lo è). Due insiemi che non si toccano mai, o perché interscambiabili o perché sconnessi.
Insomma, siamo davvero sicuri di aver veramente assimilato il concetto che Cristiano Ronaldo è un nuovo giocatore della Juventus?
Andrea Lapegna