“C’è un ragazzo che piange laggiù…”, dice uno della security.
“Ma è uno dei nostri?”, chiede il dirigente.
“E’ quello che ha segnato di chiappe con il Torino, dice che non vuole tornare in Inghilterra”.
Passa a volte anche dalle chiacchiere di spogliatoio la carriera di un calciatore. Dicono che Juan Cuadrado durante i festeggiamenti per la vittoria dello scudetto si sia lasciato andare, chiedendo in modo più o meno esplicito che non venisse rimandato al Chelsea. “Neanche se c’è Conte”. La sensibilità, i sentimenti, i desideri espressi o meno dei calciatori spesso passano dal portafoglio, ma a volte si devono leggere nella vita che sognavano da ragazzini questi sportivi per modo di dire e che poi si è realizzata di colpo, con un effetto magico che non può lasciare proprio indenni. L’essere applauditi da uno stadio deve essere una bella sensazione, del resto. Anche perché la storia qui è nota. Cuadrado dopo le stagioni alla Fiorentina voleva andare a Torino, sponda bianconera.
Si ricordi che la società viola di fatto glielo impedì e lo impacchettò spedendolo a Londra. Un po’ quel che poi aveva già fatto con Jovetic (si indaghi, chi vuole, sulla felicità del montenegrino nell’essere stato spedito al Manchester City invece che altrove). Quando all’ormai nostra piccola ala colombiana poi si presentò l’occasione di compiere il viaggio proposto poco tempo prima ecco che le cose sono state messe in modo da risolversi. Le buone prove degli ultimi mesi e forse anche quelle risate semplici con Zaza, Pereyra e Morata hanno fatto capire a tutti che Cuadrado era veramente uno capace di cambiare le storie, di farle andare in discesa, con un dribbling e una corsa lungo la fascia preferita.
Può essere un difensore ed un centrocampista, un attaccante e un laterale. Nelle partite che contano, in Europa, dovrà arrivare ancora più carico, tonico, in forma. A differenza della stagione scorsa, di alcuni balbettamenti che dall’allenamento lo hanno fatto andare in panchina invece che in campo salvo poi frustare Guardiola a Monaco. Perché nelle grandi squadre funziona così. Se ti impegni durante la settimana poi giochi titolare, quando conta. Fatto salvo il numero di campioni che hai davanti, le scelte dell’allenatore e quelle del direttore di turno. E poi la regola è quella suggerita da Padoin e cioè che bisogna coprire le spalle di chi sta davanti, perché così si fa in trincea, tra compagni di battaglia. E quando giochi davanti a 100mila tifosi avversari i termini bellici sono più che adatti.
Simone Navarra
Guida bianconera alla sopravvivenza senza playmaker
Senza entrare nel merito delle dinamiche del mercato, la situazione attuale della rosa juventina impone alcune riflessioni per quanto riguarda il centrocampo. Limitandoci ai giocatori che saranno disponibili dopo la sosta nazionali, possiamo osservare un reparto formato da Khedira-Pjanic-Asamoah-Lemina-Sturaro-Hernanes. Si stratta di un reparto che presenta un buon mix di qualità e quantità, tecnica e forza fisica, eppure salta subito agli occhi (e non si tratta di un gran segreto, d’altronde) la mancanza di un centrocampista in grado di gestire il traffico in mezzo al campo. Nonostante le dichiarazioni di Allegri su Pjanic (“lo vedo davanti alla difesa”) e l’impiego di Hernanes nella passata stagione, la Juventus sembra presentare un “buco” laddove la filosofia del tecnico richiede la presenza di un giocatore in grado di equilibrare la squadra sia in fase difensiva sia in fase offensiva. Come ovviare a questo problema, a mercato chiuso e senza forzare il rientro di Marchisio?
Potrebbe in realtà trattarsi di un’occasione per far mutare lievemente la pelle alla squadra: quasi come adattare un vestito – visto il mood da fine estate – agli eccessi delle vacanze e ai piccoli difetti di linea, alla luce anche di quei pochi spunti tattici che possiamo tirare fuori dalle prime due partite di campionato
La prima cosa che viene in mente è: avendo due esterni d’attacco come Cuadrado e Pjaca, perché non sfruttarli? Il primo, in particolare, ha dimostrato lo scorso anno di essere in grado di far cambiare il passo alla squadra in fase di transizione offensiva, creando superiorità numerica con dribbling e inserimenti sul lato debole. Un vestito adatto a mettere in evidenza questi punti di forza potrebbe essere il seguente:
Questo assetto consentirebbe di:
- Sopravvivere in assenza di un playmaker vero e proprio davanti alla difesa;
- Utilizzare al meglio i triangoli che naturalmente si formano in mezzo al campo;
- Sfruttare gli inserimenti di Khedira;
- Conciliare la contemporanea presenza in campo dei big del mercato (Pjanic, Alves, Higuain, Cuadrado) e garantire un inserimento ottimale delle prime alternative (Pjaca su tutti).
La presenza di Alves sulla corsia destra sarebbe il perno su cui far girare questo meccanismo: la simultanea tendenza di Cuadrado a garantire l’ampiezza e di Alves a venire dentro il campo per proporsi come regista aggiunto aprirebbe praterie agli inserimenti già citati di Khedira (vedere il gol contro la Lazio; in quel caso era Alves a garantire l’ampiezza e Dybala, abbassandosi, a impostare il gioco).
A sinistra l’ampiezza sarebbe garantita dall’avanzamento di Sandro, con Dybala che ormai strutturalmente è portato ad arretrare per scomporre la linea difensiva avversaria; anche in questo caso Khedira potrebbe approfittarne (vedere i due gol contro la Fiorentina, soprattutto il primo).
Questo set di movimenti è riassunto nella figura seguente:
Nella sostanza, in fase di possesso consolidato lo schieramento ricorderebbe un 3-2-5 con Pjanic e Alves in posizione di doppio pivot protetti ai lati da Barzagli e Chiellini e alle spalle da Bonucci; i 5 in avanti si disporrebbero invece secondo una M rovesciata (o W, se preferite) molto fluida.
In fase di non possesso, si proporrebbero le scalate già osservate l’anno scorso, quando l’esterno sinistro si abbassava sulla linea dei difensori mentre quello destro si allineava ai centrocampisti; in questo caso la scalata dovrebbe essere speculare, con Alves al fianco di Barzagli e Cuadrado al fianco di Khedira.
E se invece di Cuadrado si volesse inserire Pjaca? Se il croato giocasse a destra non ci sarebbero molte differenze con quanto descritto sopra, se non nell’interpretazione del ruolo che probabilmente lo vedrebbe puntare la porta con maggiore continuità rispetto al colombiano. Se invece si decidesse di schierarlo a piede invertito, i movimenti descritti sarebbero speculari per Dybala, che giocherebbe sul lato destro dell’attacco (lato che ha presidiato con maggiore frequenza nelle prime di uscite di campionato); giocare con due esterni d’attacco a piede invertito – che quindi tendono a rientrare verso il centro del campo – richiederebbe che l’ampiezza del campo fosse garantita dalle sovrapposizioni di Alves e Sandro.
In un contesto simile, ma più spregiudicato, si colloca infine la possibilità di schierare una difesa a 4 in caso di assenza di uno dei tre centrali titolari (che comunque potrebbero essere egregiamente sostituiti, nel caso, da Rugani, Benatia e Evra).
In tal caso, i due terzini (dotati di ottima tecnica entrambi) potrebbero entrare dentro il campo per aiutare nel consolidamento del possesso palla e proporre una sorta di 2-3-5, disposizione che si osserva sempre più spesso anche in Italia (si veda, ad esempio, l’analisi di Ultimo Uomo sulla partita Napoli-Milan della scorsa settimana). In ogni caso è poco probabile che Allegri decida di schierare una formazione simile da inizio partita, mentre sarebbe più concreta la possibilità di vederla a partita in corso.
A livello di rotazioni, a centrocampo Asamoah potrebbe giocare nella posizione di Alex Sandro, mentre Lemina e Sturaro potrebbero far rifiatare Pjanic e Khedira, almeno fino al rientro di Marchisio.
Tutti utili, nessuno indispensabile, quindi? Beh, non proprio. Quanto scritto sopra dipende dalle caratteristiche di due giocatori che più di tutti garantiscono che il giocattolo funzioni. Da un lato, la più volte menzionata capacità di Dani Alves di agire da regista aggiunto sopperisce alla mancanza di un elemento a centrocampo che renda possibile un’uscita pulita del pallone dalla difesa e un adeguato supporto in fase di possesso; dall’altro, Dybala in un anno di praticantato ha appreso al meglio il ruolo di raccordo tra centrocampo e attacco, e in generale di collante fra reparti nei momenti di difficoltà, ossia il ruolo che fu di Tevez e che la Joya ha dimostrato di saper innovare, facendo intuire margini di miglioramento enormi. I sostituti naturali dei due in questione, ossia Lichtsteiner e Pjaca, per caratteristiche non sembrano portati a fornire lo stesso contributo, e in caso di assenza dei due sarebbe forse saggio rifugiarsi in un altro modulo (la coperta di Linus del 3-5-2 rimane sempre nelle corde di questo organico, come abbiamo visto nelle prime uscite stagionali).
Allegri l’anno scorso si è dimostrato un tecnico pragmatico e ha saputo adattare la formazione titolare alle caratteristiche dei giocatori, propendendo per moduli fluidi, culminati nel quasi capolavoro della notte di Monaco. È anche un tecnico piuttosto conservatore e poco incline agli esperimenti, è vero. Però l’abbandono dell’approdo sicuro, mettendo le chiavi della squadra in mano a Dybala e Alves, forse è un rischio che si può correre: affidarsi agli uomini di maggiore qualità per esaltarne le caratteristiche e mascherare, allo stesso tempo, i difetti che la rosa potrebbe manifestare qualora si continuasse con un centrocampo a 3.
di Giovanni Soggia