L’eredità di Dani Alves
di Charles Onwuakpa
Dopo una sola stagione, i destini della Juventus e di Dani Alves si separano. Un bilancio della stagione vissuta a Torino con uno sguardo al futuro per la formazione d’Allegri.
Il 28 giugno 2016 la Juventus, tramite un comunicato ufficiale, annunciava l’acquisto a parametro zero di Daniel Alves da Silva, meglio noto come Dani Alves, sulla base di un contratto biennale rinnovabile per un’ulteriore stagione.
Esattamente un anno dopo, le due parti hanno optato per la risoluzione consensuale del contratto, con il laterale brasiliano ormai in procinto di accasarsi al Manchester City di Pep Guardiola, suo ex-allenatore ai tempi del Barcelona.Alla base del “divorzio” vi sono le diverse posizioni delle parti in questione sul rinnovo: se molti si sono fiondati sui social per commentare negativamente e pesantemente la vicenda (inasprita anche dalle sue recenti dichiarazioni su Dybala), va detto che la scelta è stata probabilmente la migliore per entrambe, soprattutto perché a 34 anni molti giocatori affermati sono in cerca dell’ultimo lauto contratto, cosa che la società bianconera non avrebbe voluto garantirgli, aldilà del blasone di Dani Alves.
Detto ciò, credo che l’esperienza del terzino brasiliano sia stata significativa per il giocatore e la società, e che vi sia senza dubbio un’importante eredità tecnico-tattica non indifferente.
Un regista occulto
Nelle prime due stagioni di Massimiliano Allegri, l’interpretazione del ruolo di laterale era stato piuttosto classico: vi era una grande alternanza tra un esterno spiccatamente offensivo (Alex Sandro, Cuadrado) ed uno più conservativo in fase di possesso e prudente nella fase di spinta (Evra, Asamoah. Lichtsteiner). I movimenti dei terzini erano piuttosto lineari e volti ad occupare le fasce per fungere da riferimenti alti e larghi nel cambio di gioco (nel 3-5-2) o garantire ampiezza alla manovra offensiva (4-3-1-2). Il fulcro del gioco passava dal centro: nel 4-3-1-2 la circolazione palla era più fluida grazie alla superiorità numerica e posizionale fornita dal rombo di centrocampo, nel 3-5-2 invece era compito del rombo di costruzione (i tre centrali ed il regista difensivo) avviare la manovra e risalire il campo in modo pulito, con le mezzali a tracciare movimenti interni-esterni per aprire spazi e la seconda punta (Dybala) a cercare le zone di ricezione più idonee, verosimilmente gli half-spaces. Un concetto estremizzato con l’aggiunta in pianta stabile di una mezzala (Pogba) libera di alzarsi e ricevere alle spalle del centrocampo avversario, agendo quasi da trequartista, mentre l’altra (Khedira) doveva bilanciare il movimento incontro della seconda punta con inserimenti profondi, quasi da attaccante ombra.
Un esempio tratto da Chievo-Juventus 0-4 della stagione 2015-2016.
Come si può facilmente comprendere, i terzini dovevano regolare meglio la loro posizione in base allo sviluppo dell’azione e rendere le transizioni positive e negative più fluide.
Con la partenza di Pogba è venuto a mancare un perno importante nelle connessioni tecnico-tattiche tanto care ad Allegri: in mancanza di compagni in zona centrale con cui associarsi, Dybala ha continuato a muoversi sul centro-destra, spostando inevitabilmente il lato forte di Madama a destra, ovvero quella del brasiliano.
Dani Alves è molto associativo e rispetto a molti suoi colleghi ama tagliare il campo favorendo le ricezioni larghe ed esterne: lo si è visto soprattutto ai tempi del Barça, con i consueti scambi di posizione tra il brasiliano e Messi. In più possiede straordinarie doti tecniche che gli permettono di effettuare scambi veloci e precisi in spazi stretti. Se da un lato questo capacità di Alves di fungere da regista occulto garantiva maggiore variabilità tattica, dall’altro lato sono mancate adeguate correzioni tattiche e movimenti da parte dei compagni per buona parte della stagione al fine di sfruttare al meglio le qualità del brasiliano.
I problemi iniziali e le successive correzioni di Allegri
In primis una traccia esterna-interna dovrebbe essere bilanciata da una interna-esterna per due motivi:
a) ridurre la ridondanza nella zona del pallone in fase di possesso e facilitare la manovra offensiva;
b) essere pronti ad effettuare una transizione negativa qualora la palla dovesse essere persa, rendendo meno vulnerabile la zona alle spalle del fluidificante, soprattutto perché i centrali della Juventus lavorano spesso stretti nella difesa a tre e perché Alves è per indole abituato a difendere in avanti.
Inoltre il non perfetto scaglionamento della squadra in fase di possesso, unito alla difficoltà nell’impostare da dietro (come già evidenziato nella nostra analisi della stagione bianconera) hanno causato eccessive ridondanze in zona palla, rendendo particolarmente sterili le iniziative bianconere.
Un esempio tratto da Palermo-Juventus 0-1 della scorsa stagione.
La brillante intuizione di Allegri di passare al 3-4-2-1 ha nettamente migliorato il rendimento totale di Alves: sia perché l’asimmetria di Barzagli in fase di possesso garantiva un terzino difensivo nelle marcature preventive della squadra (diventando un 4-2-3-1 sfalsato) e sia per la presenza di Pjanic in mediana che ha facilitato la circolazione palla sotto pressione. Il laterale brasiliano ha così potuto generare superiorità tecnica e posizionale associandosi a Dybala: tale superiorità si è rivelata fondamentale nella finale di Coppa Italia contro la Lazio e nella doppia sfida col Monaco in Champions League.
La centralità di Dani Alves si è manifestata proprio in campo europeo: in 12 partite ha segnato 3 gol e creato ben 31 occasioni (di cui 4 assist) con un percentuale di passaggi riusciti dell’87%.
Numeri importanti che confermano le sue immense qualità di top player.
E adesso?
Innanzitutto la Juventus perde un giocatore con grande personalità e carisma, abituato a vincere sempre ed arrivato proprio per aiutare Madama ad alzare la Champions. Purtroppo non ci è riuscito, ma la sua presenza ha confermato quello che la Juventus deve fare in campo europeo: aumentare il tasso tecnico a disposizione e continuare a mantenersi a questi livelli, anche e soprattutto acquistando giocatori di livello nell’ottimo percorso di crescita fin qui.
L’incontro-scontro tra le due parti, soprattutto per la diversa filosofia di gioco (come spiegato dal brasiliano in questa splendida lettera autobiografica), ha portato Alves a confrontarsi con un sistema di gioco più difensivo e ad affinare le sue doti in fase di non possesso; al tempo stesso ha insegnato alla Juventus che la strada da seguire è la proattività: andare oltre il solo gol segnato in finale. Esporsi di più, senza paura, conscia della propria forza che non deve necessariamente adattarsi sempre all’avversario: solo così potrà imporre la sua identità di gioco in qualunque contesto tattico si trovi.
Dal punto di vista tattico invece la Juventus non dovrebbe cambiare molto: il passaggio al 4-2-3-1 significherebbe giocare con un terzino che interpreti il ruolo in maniera più classica, anche perché sono pochi i terzini così associativi in circolazione. Aspettando le operazioni di mercato, quella di Alves è senza dubbio un’eredità su cui costruire per migliorarsi in ogni aspetto del gioco.