Direzione Torino,
l’unica verso cui possiamo guardare in vista del ritorno di Champions
non senza aver fatto un rapido riassunto e qualche riflessione su quanto
abbiamo visto ieri sera.
La prima riguarda l’Atletico Madrid
che ha fatto la classica, attesa, precisa partita che tutti si
aspettavano e che fa solitamente e complimenti a loro per questo, noi
però cosa avevamo preparato per affrontarli al di fuori dei concetti di
vincere o segnare necessariamente un gol?
Che poi, per quanto possa essere riduttivo come concetto, questo gol non è stato fatto, ma cosa avevamo realmente preparato per mettere i bastoni tra le ruote al modo preciso, esatto e atteso di giocare dell’Atletico?
A questa domanda ovviamente non ho risposta, ed è l’aspetto che lascia più l’amaro in bocca di una serata rimediabile solo a fronte di una partita perfetta: l’Atletico ad esempio non ha fatto una partita perfetta (perché la partita perfetta in questo sport non esiste), ma a noi servirà la perfezione che poi è una miscela di eventi da tirare completamente dalla nostra parte non senza il contributo del fato.
Seconda riflessione: la difesa ha preso gol, il centrocampo ha totalmente latitato – un centrocampo che non è stato né corto né compatto con la difesa e non ha fatto alcun tipo di rifinitura in avanti, ma che nessuno degli interpreti fosse al 100% e magari neanche al 90% già lo sapevate – accendendo così quello che è il “tema copertina” di questa campagna Europea della quale nessuno ha ancora letto l’ultimo capitolo. Ovvero la fase offensiva della Juventus.
Quando ci sono serate così, l’unica sensazione è che si debba buttare via tutto, però dobbiamo provare a capire – noi lo si può fare da fuori – quale possa essere la vera forbice che ci può portare dalla delusione all’illusione di poterla ribaltare: questa squadra da tempo non ha una fase offensiva e quando parlo di assemblaggio offensivo non parlo della potenza di fuoco dei singoli del reparto, intendo accompagnare gli attaccanti in gol, vedere gli attaccanti dialogare con un indice di pericolosità elevato, e, più in generale, assortire l’offerta offensiva esaltando le caratteristiche dei nostri.
L’unico appunto che mi faccio da solo è che in realtà che questa squadra, quest’anno, è stata invero capace di esaltare a tratti Mandzukic (assente nelle due gare contro lo United, dove però siamo stati dominanti a centrocampo e comunque terminate con un aggregate di 2-2), però la fase offensiva è un concetto molto più ampio, e non credo sia in generale progettabile una campagna europea di grande spessore e con grandi chance di arrivare all’obiettivo finale senza una fase offensiva percussiva, reiterata e funzionante che esalti, nel nostro caso per forza, il pezzo da novanta: Cristiano Ronaldo.
Ronaldo al Wanda ha disputato nelle difficoltà e nel traffico una partita una spanna sopra tutti gli altri compagni, ha giocato la fase offensiva praticamente da solo (a tratti sembrava Douglas Costa, e lo scrivo senza ironie) e in questi 20 giorni che ci separano dal ritorno serve come appiglio una sterzata da questo punto di vista.
Il miglior rifinitore che abbiamo in squadra è Cancelo (su Dybala sorvolo, in quella posizione è chiamato a un calcio difficile, da fuoriclasse assoluti del football) che è un rifinitore atipico, un po’ come lo era Camoranesi, in modo diverso ma non diametralmente opposto: aiutiamoci da soli, perché dobbiamo arrivare a un passo dalla gara di ritorno con qualcosa di forte davanti e ovviamente, come tutti sapete, ciò non dipende dal numero di attaccanti che si schierano contemporaneamente.
Ma questo è tutto un altro discorso, un discorso più grande – o forse a pensarci bene più piccolo – rispetto alla pratica da espletare il 12 marzo. Che prevede, oltre a ciò su cui ho insistito sopra, nell’evitare di pensare di poterla ribaltare senza vincere un contrasto a terra. Ci siamo intesi…
Luca Momblano.