Domenico Berardi un anno dopo: prospettive e aspettative

Domenico Berardi, finalmente. Sulle orme di quanto già fatto con Paulo Dybala, quanto meno nelle modalità di acquisizione; nell’attesa (e nella speranza) che la replica in copia carbone sia relativa anche alle faccende di campo. Come già accaduto per la “Joya”, infatti, Beppe Marotta avrebbe bruciato la concorrenza con largo anticipo, assicurandosi il talento calabrese per una cifra che si aggira sui 25 milioni di euro: denaro che al Sassuolo verrà versato alla riapertura della finestra di mercato.

La domanda ora è: il 21enne di Cariati Marina arriva al momento giusto? Quesito complesso che se ne trascina dietro altri. Proviamo a rispondere punto per punto, cercando di capire cosa è lecito attendersi da un giocatore su cui si ripongono, già da un paio di stagioni, molte (troppe?) aspettative.

Berardi è migliorato rispetto alla scorsa stagione? Se si, di quanto?

Da un punto di vista puramente statistico il paragone con il 2014/2015 è, a voler essere buoni, ingeneroso. Al momento, infatti, il 25 neroverde ha realizzato 6 gol e smazzato 4 assist in 24 presenze, con una rete ogni 291 minuti sui 1748 fin qui disputati, il 52% di shot accuracy e circa 31 occasioni da gol create complessivamente. L’anno scorso le realizzazioni furono 15 in 32 apparizioni (un gol ogni 177 minuti sui 2664 giocati), condite da 11 assist. Numeri impossibili da replicare a sei gare dal termine della stagione. Fortunatamente, però, le cifre non sono tutto, soprattutto se si parla di un ragazzo che è alla sua terza stagione di Serie A e che, dopo la partenza di Zaza, ha dovuto caricarsi sulle spalle gran parte delle responsabilità dell’attacco del Sassuolo. Cantando e portando la croce e dovendo far fronte, di tanto in tanto, ai ben noti problemi caratteriali e a qualche infortunio di troppo. Niente che non sia previsto nel processo di crescita e maturazione di un giovane talento, compreso qualche passaggio a vuoto.

Gli ha fatto bene restare un altro anno a Sassuolo?

Fanno fede le parole di Eusebio Di Francesco cui un domani, nel caso, andrà riconosciuto il merito di aver saputo sgrezzare quello che, al momento, è solo un progetto di grande giocatore: “Non è andato alla Juventus per sua scelta, perché vuole completare il suo percorso con noi, soffre i cambiamenti improvvisi, va accompagnato e assecondato“. Da questo punto di vista, quindi, la decisione, sembrerebbe inappuntabile. D’altra parte, però, c’è chi ha interpretato questa scelta come una sorta di paura del ragazzo di confrontarsi con quella che sarà (o dovrebbe essere) la sua futura dimensione. E, di conseguenza, come una sorte di fragilità dal punto di vista mentale che mal si sposerebbe con le pressioni e le aspettative costanti compagni di viaggio di ogni singola stagione a strisce bianconere. Qualche perplessità sorgerebbe anche dal punto di vista tecnico-tattico. Di Francesco è un maestro di calcio ed è certamente riuscito ad eliminare la monodimensionalità del gioco del ragazzo (che ha sviluppato anche una discreta attenzione in fase di non possesso ed è, ad oggi, dopo Belotti, l’attaccante che compie più tackle in Serie A, con circa il 34% dei contrasti vinti) esaltandone al meglio le caratteristiche di base (velocità, dribbling, attacco della profondità). Paradossalmente, però, questo potrebbe costituire anche un limite: Berardi ha dimostrato di valere tanto nel sistema di Di Francesco. Riuscirà a fare lo stesso in un tipo di gioco meno verticale ed immediato e molto più ragionato?

E’ pronto per la Juve?

Tocca, fatalmente, ricollegarsi al punto precedente. E la risposta è ni. Ci sono i pro e i contro, e non potrebbe essere altrimenti. E mentre i primi attengono alla sfera puramente tecnica, i secondi riguardano soprattutto la testa e il modo di approcciare le partite dal punto di vista disciplinare. E, sotto questo aspetto, non ci siamo ancora: nelle prime 12 partite di questo campionato, Berardi ha collezionato 5 gialli e un rosso, per 4 giornate complessive di squalifica. Troppe per un giocatore che, dall’anno prossimo, sarà sottoposto a provocazioni continue da parte di avversari più maliziosi ed esperti nello sfruttare questo suo tallone d’Achille. Poi, certo, nel prosieguo della stagione le cose sono andate migliorando (attualmente siamo 7/1, 0.30 cartellini di media a gara) ma le 32 ammonizioni e le 3 espulsioni in appena 3 anni di massima serie (il più delle quali raccolte per falli di reazione o a palla lontana) non sono certo il miglior biglietto da visita possibile da presentare a Vinovo. E non è detto che Allegri abbia così tanto tempo a disposizione per lavorare sulla testa del ragazzo che, comunque, dovrebbe cominciare a darsi una calmata già di suo. Dal punto di vista delle qualità individuali, invece, il giocatore non si discute. Resta da vedere come e quanto riuscirà a farle fruttare in un sistema di gioco che, almeno inizialmente, si rivelerà tutto da scoprire. Ma va detto che erano le stesse perplessità che circondavano Dybala. Come è andata a finire, poi, lo sappiamo tutti.

Dove e in che ruolo sarebbe impiegabile?

I grandi maestri ungheresi erano soliti ripetere che “i grandi giocatori un modo per giocare assieme lo trovano”. Per Berardi la strada potrebbe essere ulteriormente agevolata dal fatto che, potenzialmente, potrebbe essere impiegato in tutti e tre i moduli fin qui schierati da Massimiliano Allegri: dall’ovvio esterno alto a destra nel 4-3-3, alla seconda punta nel 3-5-2 o 4-3-1-2. Anzi, in quest’ultima ipotesi, c’è addirittura chi lo vorrebbe alle spalle delle due punte. Un azzardo che rischia di non pagare i dividendi sperati, non foss’altro perché, al momento, si tratta di una possibilità nemmeno lontanamente esplorata da Di Francesco e dal diretto interessato. Il quale, comunque, è diventato molto più intelligente anche dal punto di vista tattico, come dimostrano i sempre più frequenti movimenti a liberare lo spazio per gli inserimenti dei compagni e l’accresciuta abilità a giocare in coppia con il terzino che agisce sulla sua fascia di competenza. Il tutto senza sacrificare l’amato taglio tra il terzino e il centrale avversari che lo ha reso una delle più devastanti armi offensive attualmente circolanti in Italia. Importanti, inoltre, i miglioramenti nella predisposizione al sacrificio (dopo Toni, è l’attaccante che subisce più falli, poco meno di 2.50 a gara), nell’uso sempre più frequente del piede debole e nell’abilità di operare i cosiddetti key passes (27, circa 1.12 a partita, con una naturale predilezione per il lancio lungo tra in 15 e i 18 metri). Duttilità is the way, quindi. E trovargli uno spazio appare veramente l’ultimo dei problemi.

Tornando al quesito d’apertura: Berardi è l’uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto? Difficile dirlo ora, nonostante di lui si conosca praticamente tutto. Di sicuro, però, gli andranno lasciati tempo e spazio per maturare in un contesto totalmente diverso dalla tranquilla Sassuolo, senza esaltarsi alla prima buona giocata e senza scaricarlo al termine di una partita poco felice. Solo in questo modo le possibilità che ci si trovi di fronte a un “Dybala bis”potranno aumentare esponenzialmente.

Claudio Pellecchia