Sembrava una di quelle serate magiche, da consegnare agli annali, e si è invece trasformata in una battaglia e un boccone amaro da masticare per tre settimane, fino al ritorno. La Juve colpisce il Tottenham a freddo con un uno due firmato Higuain, ma poi lascia gli inglesi il gioco, subisce prima il gol di Kane, poi fallisce un rigore allo scadere del primo tempo e nella ripresa incassa il pareggio di Eriksen, che la costringerà a cercare l’impresa a Wembley per accedere ai quarti. E dire che, davvero, sembrava una serata magica…
PRONTI, VIA, DOPPIO PIPITA
Il cronometro non segna ancora due minuti quando Pjanic batte un calcio di punizione sulla trequarti, pennellando in area per Higuain, che parte sul filo del fuori gioco e calcia al volo in perfetta coordinazione il diagonale che fulmina Lloris.
Ci sarebbe da raccontare anche della mossa tattica di Allegri che pur inserendo quattro attaccanti dall’inizio, non rinuncia al 4-3-3, schierando Douglas Costa nell’inedito ruolo di mezz’ala, ma… non c’è il tempo. Perché il cronometro non segna ancora nove minuti quando Higuain spara in rete il 2-0, trasformando il rigore concesso da Brych per un evidente fallo di Davies ai danni di Bernardeschi.
KANE RIAPRE I GIOCHI
L’uno-due immediato stenderebbe chiunque, ma non gli Spurs, che prendono invece il comando delle operazioni, un po’ per merito loro, un po’ perché la Juve abbassa troppo il baricentro e fatica a ritrovare ritmo. I bianconeri si difendono con ordine, ma alla minima disattenzione rischiano grosso, quando Kane viene pescato nell’area piccola da Lamela we schiaccia di testa a colpo sicuro, trovando però una miracolosa risposta di Buffon. Gli inglesi non mollano, ma si espongono inevitabilmente al contropiede ed è davvero per un soffio che non arriva la tripletta di Higuain dopo la ripartenza orchestrata dallo stesso Pipita e da Pjanic. A forza di lasciare il gioco in mano agli avversari però è inevitabile che fuoriclasse del calibro di Kane colpiscano: accade al 35′, quando l’attaccante parte al momento giusto per evitare il fuorigioco e arrivare sul filtrante di Dele Alli in tempo per saltare Buffon e riaprire la partita
HIGUAIN, TRAVERSA DAL DISCHETTO
Higuain, ancora lui, avrebbe l’occasione di chiuderla nuovamente proprio nel finale di primo tempo: un’accelerazione bruciante di Douglas Costa costringe Aurier al fallo in area e Brych indica nuovamente in dischetto. Questa volta il Pipita però calcia forte e centrale, ma colpisce in pieno la traversa
ERIKSEN, PUNIZIONE AL VELENO
La Juve che torna in campo nella ripresa è tutt’altro che scossa dal rigore sbagliato, anzi mette in campo il piglio dei primi minuti di gara e impegna Lloris con un diagonale di Bernardeschi e un colpo di testa di Mandzukic. Come nel primo tempo però, a lungo andare il Tottenham riprende possesso del centrocampo e dopo un destro di Kane dal limite, che Buffon respinge non senza difficoltà, Eriksen pareggia i conti su punizione, infilando un rasoterra dai venti metri sul palo del portiere.
TOCCA VINCERE A WEMBLEY
Allegri, che già aveva cambiato Khedira con Bentancur, alla mezz’ora deve rinunciare anche all’acciaccato Mandzukic e manda in campo Sturaro. Bernardeschi cerca ancora il diagonale entrando in area dalla destra, ma trova una deviazione che consente a Lloris di bloccare e Benatia alza troppo la mira, deviando di testa l’angolo di Pjanic. Ormai però la stanchezza domina e la frittata è fatta. Finisce 2-2 e questo significa che, a meno di un pareggio a suon di gol, la Juve sarà costretta a vincere a Wembley, il 7 marzo prossimo, per passare il turno.
JUVENTUS-TOTTENHAM 2-2
RETI: Higuain 2′ pt e 9′ pt (rig.), Kane 35′ pt, Eriksen 27′ st
JUVENTUS
Buffon; De Sciglio, Benatia, Chiellini, Alex Sandro; Khedira (21′ st Bentancur), Pjanic, Douglas Costa (47′ st Asamoah); Bernardeschi, Higuain, Mandzukic (31′ st Sturaro)
A disposizione: Szczesny, Rugani, Marchisio, Muratore
Allenatore: Allegri
TOTTENHAM
Lloris; Aurier, D. Sanchez, Vertonghen, Davies; Dier, Dembelé; Eriksen (47′ st Wanyama), Dele Alli (38′ st Son), Lamela (43′ st Lucas); Kane
A disposizione: Gazzaniga, Trippier, Rose, Sissoko
Allenatore: Pochettino
ARBITRO: Brych
ASSISITENTI: Borsch, Lupp
QUARTO UFFICIALE: Hacker
ARBITRI D’AREA: Dankert, Fritz
AMMONITI: 8′ pt Davies, 45′ pt Benatia, 2′ st Aurier, 15′ st Higuain, 35′ st Bentancur
Juve-Tottenham 2-2: va bene così perché… (LOOP)
Finisce così, 2-2, tutto rimandato a Wembley. E dici poco…
Partita shock, Juventus presa a palla sul naso dal Tottenham dell’unico piemontese tosto tosto tra i protagonisti, considerato il Marchisio di questi tempi e il trattamento conseguente. Scoramento, sfiducia, rimembranze delle condizioni in cui la squadra bianconera andò all’Allianz Arena esattamente due anni fa (perché non si può dire non si sia fatta collezione di grandi teatri dal 2015 a oggi, a partire dal Westafalen o ancora prima da Stamford Bridge, parlando dell’Europa di questo ciclo, campi dove nei 90 minuti sono più le volte in cui non si è perso).
Inizio così così, solo strappi, di Douglas Costa e Bernardeschi nella posizione per cui furono acquistati, larghi, a prendere follemente campo l’uno, a rientrare e tirare l’altro. Higuain si dà da fare, nessun dubbio, ma sembra avere già ottanta minuti nelle gambe.
Gli inglesi palleggiano sornioni, lo 0-0 può stare bene. E pensare che c’è chi lo firmerebbe tra gli juventini già nel pomeriggio. Dembelé ha libertà di fare lo N’Zonzi, più carne che pesce ma Kane è isolato. Deve abbassarsi Eriksen. Il ritmo non decolla.
Proprio il danese, quando lo Stadium non canta da diversi minuti, mette una pietra sui sogni dei 40.000 accorsi a Torino tra larghe delegazioni pugliesi e gruppi di Moncalieri e Collegno già fuori dalla Sud alle quattro del pomeriggio (tutto documentato nei collegamenti pomeridiani in diretta da parte di chi scrive). Fotografia: punizione centrale, Chiellini stende Dele Alli che fa una partita alla Nwankwo Kanu dei primi anarchici tempi, e Buffon vede cose prima del dovuto. 0-1 pesante, pesantissimo, quando non è ancora finito il primo tempo.
Partita a questo punto lievemente più intensa, la Juve reagisce nell’attitudine, ma Mandzukic non molla la fase difensiva e Pjanic ha illuminazioni nelle uscite a corrente alterna. In sintesi, si va negli spogliatoi con i pugni caldi per le imprecazioni degli juventini sulla bella parata di Lloris sulla più classica delle conclusioni da destra di Bernardeschi.
Nel secondo tempo, come si intuisce dal risultato finale, succede di tutto. Douglas Costa entra dentro il campo e i birilli diventano ostacoli da saltare per andare a caccia di un Higuain che deve aver bevuto qualcosa di buono. Entra anche Khedira, checché ne possano dire le pagelle postume. Un minuto: rigore proprio sul brasiliano che si invola con un po’ più di naturalezza di un Matuidi, steso sulla corsa da Sanchez dopo aver preso alle spalle Dier e Aurier in progressione. Solo traversa per Higuain, e se la palla fosse stata 15 centimetri più bassa, Lloris avrebbe pure parato.
L’inizio della fine? No, perché ci sono notizie peggiori. Kane sale di tono e inizia ad accettare le botte di Benatia (nel primo tempo ci aveva provato unicamente con un discreto sinistro dalla distanza). La Juve perde un contrasto a centrocampo, i mediani sono presi alle spalle, la difesa resta a metà strada come da copione in queste situazioni, imbucata perfetta e il 10 inglese, al settimo centro in sei partite stagionali in Champions, salta anche Buffon (che non può ripetere un Immobile-bis e un erroraccio-bis dopo il gol di Eriksen) e deposita. 0-2. Silenzio assordante. Fa freddo, freddissimo.
E’ finita davvero? Allegri è all’angolo, le partite vanno vissute mentre scorrosono. Sono botte psicologiche. Botte da orbi. Buffon fa un miracolo su Kane che stacca da pochi passi. Higuain sfiora o divora il possibile 1-2 dopo aver duettato in contropiede con Pjanic e aver steso mezza difesa di una mezza difesa come quella composta da Sanchez e Venthongen. Fuori. Di poco, di pochissimo. Ma fuori. Lloris ringrazia il cielo. La fortuna aiuta gli audaci, tranne che in questo caso specifico.
E’ qui che inizia una nuova partita. E’ la partita di Higuain contro tutti, del solito beffardo Bernardeschi che una ne tocca e una combina agli avversari: controllo su cambio-campo, siamo dentro l’area, e Davies imita un tal Patric della Lazio travolgendo l’ex viola. Stavolta Higuain (due palle grandi così) non sbaglia anche se Lloris tocca: diagonale destro dagli undici metri, stando ben lontano dal palo che non si sa mai…
1-2. Lo Stadium esiste e pare sia pieno di juventini. Fa da mezzo di trasporto, Higuain è un mostro e il Tottenham palleggia bellamente accettando le parità dietro. Dei mostri bigogna aver paura, così come delle preghiere dei credenti allo stadio e a casa. Non è assalto, ma è impeto. E’ Juve #finoallafine, vecchia maniera, quella in cui il mondo bianconero si riconosce. Passione. Fino a un’apparente innocua ennesima punizione dalla media distanza. Pjanic non può tirare e allora può inventare. Da fermo è ancora un calciatore del livello richiesto: Higuain anticipa il movimento a uncino (posizione di partenza al limite, ciao VAR) e arpiona al volo di destro un tocco morbido bosniaco alla Eriksen. Potente, prepotente, liberatorio. 2-2. A 150 secondi dalla fine. Risultato giusto.
Va dunque bene così, 2-2, tutto rimandato a Wembley. E dici poco…
Luca Momblano
Juve-Tottenham 2-2: occasione sprecata, tesoro in fiamme
Juve, così no: è tanto l’amaro in bocca che stasera accompagna il popolo bianconero al fischio finale del match col Tottenham, nell’andata degli ottavi di Champions League i bianconeri non riescono ad andare oltre il 2-2 interno sprecando il doppio vantaggio firmato Gonzalo Higuain. Gonzalo Higuain che, però, ha sulla coscienza l’errore dal dischetto che a fine primo tempo avrebbe riportato a due gol di distanza la Vecchia Signora, ma sparare sul Pipita stasera sarebbe ingeneroso considerando che quel poco che si è visto lì davanti ha avuto sempre l’argentino come protagonista.
Dieci minuti e 2-0, sembrava tutto fatto, ma poi un blackout praticamente totale, qualche sporadico lampo a parte: gli inglesi schiacciano Chiellini e compagni nella metà campo di difesa, i contropiedi bianconeri non vanno a buon fine, e a lungo andare crolla la resistenza dei padroni di casa con Buffon che spalanca ad Eriksen, dopo il 2-1 del primo tempo di Kane, piazzando una barriera così male che più male non si può: è la punizione del 2-2.
Risultato che calma la spinta degli inglesi, la Juve gestisce meglio complice anche l’uscita dal campo di Khedira che per ora sembra girare a 1000 giri di motore in meno rispetto a chiunque gli giochi contro, le folate di Douglas Costa sono troppo discontinue, ed allora non cambia praticamente più nulla, tutto rimandato al match di ritorno.
Occasione sprecata, dunque, perché archiviare la qualificazione per come si era messa la partita era tutt’altro che impossibile: avrebbe permesso ad Allegri di gestire le forze, ci sarà invece bisogno dell’impresa. Impresa ad oggi, nonostante il potenziale offensivo della Juve, sembra davvero un’ipotesi non tanto probabile: non può non regnare la negatività stasera, non si possono non tirare le orecchie al mister perché da agosto ad oggi è stato bravo a sistemare un paio di situazioni, ma che una rosa del genere non riesca ad esprimersi con qualità e continuità sta cominciando ad essere un fattore fastidioso, frustrante.
Fabio Giambò.
Champions League, andata ottavi di finale: Juventus – Tottenham 2-2
di Luca Rossi
Una Juventus decisamente poco brillante si fa sovrastare tatticamente e atleticamente dal Tottenham che riesce a recuperare due gol di svantaggio
Finalmente allo Juventus Stadium si torna a respirare l’atmosfera dell’Europa che conta. L’avversaria della Juventus è il Tottenham, quinta in Premier League ma sorprendente vincitrice del girone di Champions League in cui ha superato la concorrenza di APOEL, Borussia Dortmund e soprattutto Real Madrid. Allegri deve fare i conti con una serie di assenze per infortunio tra cui spiccano Dybala, a breve in gruppo, e Matuidi ai quali si aggiungono Cuadrado, Barzagli e Lichtsteiner. Nei giorni pre-partita si è discusso su quale schema avrebbe deciso di adottare Allegri e su chi sarebbe capitata l’incombenza di sostituire Matuidi nel centrocampo a tre. Il tecnico livornese però sorprende un po’ tutti schierando, almeno sulla carta , il vecchio 4-2-3-1. Buffon in porta; De Sciglio, Benatia, Chiellini e Alex Sandro nel pacchetto arretrato; Khedira e Pjanić nel doble pivote; Bernardeschi, Douglas Costa e Mandžukić a sostegno di Higuaìn. Pochettino risponde con uno dei moduli d’ordinanza che è speculare a quello bianconero. Lloris in porta; difesa a 4 con (da destra a sinistra) Aurier, Sanchez, Vertonghen, Davies; Dier e Dembélé nella mediana a due; Eriksen, Dele Alli e Lamela a supporto dell’incontenibile Kane.
La Juventus inizia nella migliore maniera possibile il match andando in vantaggio dopo poco più di un minuto di gioco grazie a uno schema su punizione ottenuta in seguito a un pressing ben effettuato che ha permesso un recupero alto da pallone. Da apprezzare l’eccellente coordinazione di Higuaìn nel girarsi trovando l’impatto ottimale col pallone. Questo gol mette ovviamente in discesa la gara per i bianconeri e nei minuti appena seguenti la realizzazione è possibile individuare come i due allenatori hanno deciso di impostare la partita. Il Tottenham attua un pressing con marcature orientate sull’uomo interpretato con grande intensità e aggressività. Particolarmente aggressiva è la marcatura sul centrale di centrocampo a cui viene destinato il pallone e molto spesso sia Pjanić ma soprattutto Khedira si fanno anticipare e concedono agli avversari un recupero alto del pallone.
Gli Spurs inoltre esercitano costantemente una tattica di riaggressione non appena viene perso il pallone in modo tale da non permetterne mai alla Juventus una gestione sicura e tranquilla. In fase di difesa posizionale (che in realtà nel corso della partita il Tottenham non si troverà quasi mai a interpretare) gli inglesi si posizionano col 4-4-2 con Eriksen e Lamela che si sistemano sulla linea dei centrocampisti. In fase di possesso Dembélé riceve palla tra i due centrali con i terzini che si allargano e talvolta lo stesso Eriksen abbassa il suo raggio d’azione per ricevere e aiutare la costruzione della manovra. Negli ultimi trenta metri è invece compito dei trequartisti muoversi tra le linee e in particolare trovare spazio negli half spaces in maniera da poter mettere in difficoltà la retroguardia bianconera.
La Juventus nei minuti che intercorrono tra il primo e il secondo gol risponde con un pressing abbastanza alto per impedire una costruzione dell’azione troppo semplice agli avversari a cui si affianca il 4-4-2 di difesa posizionale con Bernardeschi e Mandžukić a posizionarsi sulla stessa linea di Khedira e Pjanić. In fase di possesso già in questi minuti si evince la fatica della Juve a uscire in maniera pulita palla terra a causa dell’aggressività e della densità avversaria sul lato palla. È da notare la posizione di Douglas Costa che occupa la zona di centro sinistra e molto spesso abbassa il suo raggio d’azione per aiutare in impostazione.
La partita è senza dubbio intensa e la Juventus è brava a trovare il rigore intorno al minuto 8 dopo un’azione ben costruita proprio da Douglas Costa sul centrosinistra e Mandžukić. Higuain realizza, si va 2-0 e paiono essere posti i presupposti migliori in ottica passaggio del turno.
Da questo momento però la partita cambia radicalmente poiché il Tottenham prende campo, ottiene il dominio quasi incontrastato del pallone (73% del possesso palla a favore degli inglesi nel primo tempo) e aumenta progressivamente la pressione sulla retroguardia bianconera. In particolare sale in cattedra Eriksen che con i suoi continui movimenti e grazie alle sue eccellenti qualità tecniche e di intelletto crea enorme confusione nello schieramento bianconero. Dall’altra parte la squadra di casa rinuncia pressoché totalmente a esercitare pressing e si affida a una continua fase di difesa posizionale. In quest’ultima fase all’inizio i bianconeri si schierano col 4-4-2 come da piano gara, ma col passare del tempo Mandžukić si abbassa sulla linea dei difensori e Costa lascia Higuain da solo in pressione per posizionarsi come quarto di sinistra a centrocampo.
La fase di difesa posizionale però non funziona perché il Tottenham dimostra innanzitutto un’invidiabile intensità ma soprattutto eccellenti capacità tecniche e tattiche che consentono di annullare il centrocampo bianconero e mettere in imbarazzo costantemente la difesa bianconera. In particolare incidono negativamente la totale libertà concessa a Dembélé palla al piede che molto spesso è libero di arrivare indisturbato quasi sulla trequarti e l’inesistente schermatura delle linee di passaggio operata nello specifico da Khedira. I bianconeri non riescono mai a consolidare il possesso palla una volta recuperata sia per il gegenpressing esercitato dagli avversari sia per errori nei passaggi. In quest’occasione non trova successo nemmeno l’alternativa del lancio su Mandžukić per poi conquistare la seconda palla. In questo “nuovo” contesto tattico il Tottenham macina gioco e crea occasioni soprattutto trovando spazio negli halfspaces.
Al minuto 35 arriva il gol per via di un Tottenham che recupera il pallone con la Juve in risalita per un contropiede e riesce a bucarla con una certa facilità trovando sostanzialmente tre giocatori liberi tra centrocampo e difesa. Nonostante il gol subito la Juventus non riesce a trovare la reazione ma Douglas Costa con la sua eccellente qualità (nell’unica circostanza in cui funziona il lancio sul numero 17 bianconero) riesce a procurare un secondo rigore alla causa. Higuain sbaglia e si torna negli spogliatoi.
Dopo uno splendido e inaspettato avvio la Juventus permette in questo primo tempo al Tottenham di imporre il contesto tattico migliore per esprimere il suo gioco: troppa libertà concessa a Dembélé e Eriksen in fase di impostazione; baricentro troppo basso e pressing pressoché nullo e quindi nessun tentativo di portare il Tottenham all’errore in costruzione; troppi errori nella gestione del pallone che hanno reso perfettamente funzionante il sistema di riaggressione del Tottenham; intensità decisamente inferiore rispetto agli Spurs; centrocampo sovrastato in cui l’assenza di Matuidi ha pesato tantissimo, conseguente uscita continua dei centrali sui trequartisti avversari e quindi destrutturazione della squadra in fase di difesa posizionale. Anche Douglas Costa (uno dei pochi positivi) in posizione centrale non rende poiché fa fatica a trovare spazio e non gli arrivano quasi mai palloni a causa del recupero immediato avversario. Alla luce di questo quadro non aver realizzato il gol del 3-1 è senza dubbio un grosso rammarico.
Il secondo tempo inizia con gli stessi 22 che sono rientrati negli spogliatoi ma oltre ai giocatori, anche l’andamento del match non cambia per nulla. Il Tottenham fa la partita, trova spazio alle spalle del centrocampo mentre la Juve lascia totalmente solo Higuaìn davanti che ovviamente da solo non può fare nulla in ripartenza. La sensazione è che i bianconeri riescano a offendere solo per azioni casuali che non rispondono a principi specifici con i quali eludere la tattica inglese. Tutto ciò ovviamente alimenta ancora di più la confusione e accresce le motivazioni e le convinzioni degli avversari che per tutto il secondo tempo non cedono un millimetro nell’esercitare il pressing. Qui la situazione su un fallo laterale. L’unica occasione rilevante la Juventus se la guadagna grazie a una sponda di Mandžukić, a un’ottima gestione del pallone di Higauìn che serve Bernardeschi il quale sbatte contro il muro Lloris. Al minuto 66 Allegri inserisce Bentancur al posto di Khedira nell’ottica di dare più frizzantezza ma soprattutto intensità a centrocampo. Il quadro della situazione però non cambia e il Tottenham 5 minuti dopo ottiene il pareggio su punizione. L’ultimo quarto d’ora che vede Sturaro al posto di Mandžukić non regala grosse emozioni e la partita si chiude sul 2-2.
Il risultato e le prestazione di questo match d’andata non sono senza dubbio positivi. In primo luogo vanno riconosciuti i grossi meriti del Tottenham che ha giocato da squadra forte e matura. Non si poteva pensare di passeggiare contro una squadra del genere. Allo stesso tempo la Juventus ha mostrato un’inconsistenza abbastanza preoccupante e perseverano anche dubbi di natura tattica dettati dalla collocazione di Dybala e dall’imprescindibilità di Matuidi. Il passaggio del turno ovviamente non è compromesso anche perché gli inglesi hanno dimostrato una vulnerabilità difensiva di cui già eravamo a conoscenza. Sicuramente non sarà facile e sia atleticamente sia fisicamente servirà una prestazione di gran lunga superiore ma la Juventus è in grado di vincere a londra. Ora testa al campionato.
Appunti tattici di Juve-Tottenham
Partita che lascia l’amaro in bocca, Juve-Tottenham, soprattutto per una ragione: la squadra di Allegri è stata tradita proprio nel momento in cui credeva di essere entrata nella propria comfort zone. Ed è in questi frangenti, quando vengono meno le certezze collettive, che gli avversari sembrano andare al doppio. La ragione non è certo atletica: lo dimostra l’ottima condizione di alcuni singoli andati a sprintare senza fatica anche negli ultimi minuti dei due tempi (qualcuno ha detto Douglas Costa?).
La causa del crollo è proprio da ricercare nell’incapacità di reagire ad un avversario che invece ha saputo farlo al meglio, dopo essersi praticamente estromesso da solo nei primi dieci minuti. L’inizio della gara è giocato egregiamente dai bianconeri, che attraverso la messa in atto di piano gara tutto sommato preventivabile sono riusciti a mettere in enorme difficoltà la costruzione bassa degli Spurs, potendo dunque riconquistare in alto diversi palloni che sono poi valsi il meritato doppio vantaggio.
Da studiare soprattutto le richieste di Allegri a Douglas Costa: senza Matuidi, per mantenere l’assetto a 3 in mezzo Allegri ha optato per il maggior valore assoluto del brasiliano rispetto alla naturale riserva Sturaro. Il numero 11 è infatti chiamato ad occupare tutto l’hafspace di sinistra, con licenza di accentrarsi soprattutto nelle fasi di non possesso, in cui si sganciava dalla mediana a 4 per andare ad indirizzare la pressione insieme a Gonzalo Higuain.
Deputato all’ampiezza a sinistra è stato Mandzukic, che dopo un avvio ordinato si è trovato rinculato fino accanto a Sandro nell’ultima linea difensiva della Juve, formata da ben 5 giocatori, probabilmente scelta assunta per ridurre gli attacchi dal lato debole previsti dai ribaltamenti di Pochettino.
Il sistema di gioco adottato chiaramente dalla Juventus nel primo tempo è dunque stato un 4-1-4-1 in fase di possesso, con Khedira e Costa praticamente sempre sulla stessa linea, sfalsati rispetto a Pjanic che era l’unico ad abbassarsi in ausilio ai centrali di difesa in costruzione. In questo frangente è stato pregevole lo scaglionamento posizionale: i due terzini salivano alla giusta distanza creando una linea difensiva arcuata, che agevolava la formazione di diversi triangoli e rombi per la risalita che hanno permesso di eludere bene, inizialmente, la pressione degli Spurs. Il solito movimento a elastico lungo-corto di Higuain ha messo in enorme difficoltà la capacità di lettura del quartetto arretrato di Pochettino.
Il doppio vantaggio è però fatalmente deleterio: dopo aver fallito le due chance per il 3-0, la Juve opta per una lunga fase di difesa posizionale, con un 5-4-1 anche abbastanza ordinato nella copertura in ampiezza e profondità. Tuttavia, gli inglesi si sono dimostrati degli autentici maestri nel gioco offensivo posizionale, ed i movimenti con e senza palla di Eriksen e compagni sono riusciti a far ondeggiare ripetutamente il blocco juventino fino alla produzione di diverse occasioni da gol.
La Juve incontra, per la prima volta in stagione dopo il match di Barcellona, una squadra capace di muovere il pallone nell’ultimo quarto a livelli tali da mettere in crisi la compatta organizzazione difensiva e le scalate tutto sommato puntuali. Nonostante l’enorme diligenza tattica e generosità dimostrata, in questa fase ha mostrato il fianco Bernardeschi, apparso un po’ incerto nelle chiamate in causa sotto il centrocampo. Dall’altra parte, Mandzukic è rimasto totalmente bloccato di fianco ad Alex Sandro, ma l’impressione è che fosse soprattutto un’indicazione specifica di Allegri.
Ad andare però nel pallone più di tutti è stato senza dubbio Sami Khedira, apparso poco reattivo nella copertura delle linee di passaggio oltre che palesemente ininfluente al momento della riconquista. Dopo il 2-1 gli ospiti riprendono totalmente fiducia ed è un vero e proprio torello, in cui la squadra di Allegri non riesce più a mettere in fila 4 passaggi, mentre gli avversari ne producevano una quota abnorme, grazie alle superiorità numeriche improvvise generate alle spalle dei mediani. Ottima la prova di un Dembelè illuminato, forse non pressato a dovere, che riusciva sempre a trovare la ricezione alle spalle della prima (sfalsata) linea di pressione formata da Higuain e Costa.
E’ stata dunque una serata di sacrificio per gran parte dei calciatori di Allegri, iniziata bene ma finita molto male. In vista del match di Wembley, con un solo risultato utile concretamente a disposizione (difficile immaginare un pareggio con più di due reti a testa), sarà il caso di scegliere di che morte morire: se si opterà nuovamente per un controllo prolungato senza palla occorrerà migliorare molto nella costruzione delle ripartenze e nei tempi di gioco; se invece si vorrà imprimere un piano gara basato sull’intensità, sul recupero alto del pallone e sulle verticalizzazioni rapide, sarà meglio farlo per tutti i 90 minuti, senza patemi d’animo. Come se fosse una finale…o no?
Dario Pergolizzi