Sotto di un gol nel primo tempo, i bianconeri pareggiano e vincono nella ripresa e ora sono a tre punti dall’ottavo scudetto di fila
E ora servono altri tre punti. Tre punti solamente, o un’impresa del Genoa domani a Napoli, per lasciare lo scudetto sul petto. La Juve batte anche il Milan, prendendosi un tempo sabbatico, lasciando il vantaggio agli avversari, e ribaltando la situazione dopo aver accelerato nella ripresa. Dybala firma il pareggio, Kean, ancora una volta letale, il successo. Ora si può pensare all’Ajax e farlo con una vittoria in tasca è più semplice.
BUON AVVIO
Prima della gara si osserva un minuto di silenzio in memoria delle vittime del terremoto dell’Aquila di dieci anni e di Gianfranco Leoncini, campione bianconero degli anni ’60, scomparso ieri, che la Juve ricorda giocando con il lutto al braccio. L’avvio è vivace e se la squadra di Allegri cerca subito di spingere quella di Gattuso non sta a guardare e produce immediatamente un contropiede fulmineo, concluso dal traversone di Suso e dal colpo di testa di Piatek, che mette a lato da ottima posizione. Alle fiammate iniziali segue la classica “fase di studio”, durante la quale a prevalere è l’agonismo rispetto alla qualità delle giocate. Il 3-5-2 dei bianconeri non riesce a trovare sfogo sulle fasce: a destra De Sciglio avanza poco, mentre dalla parte opposta Spinazzola affonda più spesso, senza però riuscire ad incidere. Al 25′ Emre Can è costretto ad uscire dopo l’ennesimo duro contrasto e al suo posto si rivede Khedira, nuovamente in campo dopo quasi due mesi.
PIATEK PUNISCE
Se l’inizio prometteva bene, per 40 minuti la partita offre poco, giusto un destro fuori di Kessie. In una gara del genere i singoli episodi sono decisivi e quello che lascia il segno è l’intervento di Bakayoko, che sulla tre quarti bianconera, intercetta il passaggio di Bonucci per Bentancur e serve Piatek. Il polacco è appostato al limite e infila alle spalle del connazionale Szczesny un rasoterra imparabile. La Juve reagisce e Mandzukic sfiora l’eurogol con una spettacolare sforbiciata che Reina mette in angolo, quindi Dybala calcia centralmente dal limite e trova ancora il portiere ospite piazzato quando arriva a deviare al volo un lungo lancio di Bonucci.
LA JOYA PAREGGIA DAL DISCHETTO
Il finale del primo tempo dimostra che, alzando il ritmo, si possono creare non pochi problemi alla difesa rossonera e la Juve prova a farlo in avvio di ripresa, passando al 4-4-2 e aumentando l’intensità delle giocate. Bisogna stare attenti però, perché Piatek è sempre in agguato e impegna Szczesny con un destro dal limite indirizzato nell’angolino, quindi ci provano Borini, con un diagonale a lato di poco e Bakayoko, con un colpo di testa non troppo convinto. Il Milan insomma sembra poter contenere la Juve e anzi affondare il colpo, ma al 14′ si fa infilare dal lancio di Bonucci, che pesca Dybala al limite. La Joya si porta avanti il pallone con il petto, entra in are a viene steso senza troppi complimenti da Musacchio. È un rigore solare, non serve neanche consultare il VAR, e lo stesso argentino trasforma, ristabilendo la parità.
ANCORA MOISE, SEMPRE MOISE!!!
Allegri cambia Spinazzola con Pjanic e dispone la squadra con il 4-3-3, quindi inserisce Kean per Dybala. Appena prima della seconda sostituzione, Calhanoglu aveva fatto correre un brivido a Szczesny con una punizione velenosa, terminata sull’esterno della rete. Ora è un’altra partita, decisamente più frizzante. Bernardeschi pesca Mandzukic in area, la cui sponda libera Bentancur al tiro, murato a pochi metri dalla linea di porta, quindi Kean alza troppo la mira dopo un altro suggerimento del croato e Alex Sandro di testa mette a lato il cross di Pjanic.
Ora la Juve meriterebbe il vantaggio e lo sfiora Bernardeschi accelerando dalla sinistra e sparando un siluro sopra la traversa. Lo trova invece, e di questi tempi non è una novità, Moise Kean. Pjanic è bravissimo a rubare il pallone in zona d’attacco e a servirlo in area e il ragazzo non si fa pregare: controllo e destro a incrociare che vale il suo quinto gol in campionato, il terzo nelle ultime tre partite. Un gol che vale un altro passo verso lo scudetto.
JUVENTUS-MILAN 2-1
RETI: Piatek 39′ pt, Dybala rig.14′ st, Kean 39′ st
JUVENTUS
Szczesny; Bonucci, Rugani, Alex Sandro; De Sciglio, Bernardeschi, Emre
Can (25′ st Khedira), Bentancur, Spinazzola (16′ st Pjanic); Dybala (21′
st Kean), Mandzukic
A disposizione: Pinsoglio, Del Favero, Cancelo, Chiellini, Matuidi, Nicolussi Caviglia
Allenatore: Allegri
MILAN
Reina; Calabria (40′ st Cutrone), Musacchio,
Romagnoli, Rodriguez; Kessie, Bakayoko, Calhanoglu; Suso (31′ st
Castillejo), Piatek, Borini
A disposizione: Donnarumma A., Soncin, Abate, Caldara, Laxalt, Strinic, Zapata, Bertolacci, Biglia, Mauri
Allenatore: Gattuso
ARBITRO: Fabbri
ASSISTENTI: Ranghetti, Del Giovane
QUARTO UFFICIALE: La Penna
VAR: Calvarese, Tolfo
AMMONITI: 41′ pt Bernardeschi, 14′ st Musacchio, 32′ st Calhanoglu, 42′ st Mandzukic
Juventus-Milan 2-1: una lezione da imparare in fretta
Doveva essere la prova del nove in vista dell’andata dei quarti di Champions League contro l’Ajax, e così è stato, questa partita col Milan lancia alla Juventus un segnale chiarissimo: cara Vecchia Signora, sei forte, lo sei come lo sei stata poche altre volte nella tua gloriosa storia, ma per mostrarlo, al netto delle assenze, devi dare sempre il 101%, e soprattutto ti devi presentare col tuo abito migliore quando l’asticella si alza anche solo minimamente, perché schierarti sul terreno di gioco con un modulo che non si capisce bene qual è sino a metà gara è un rischio che non puoi permetterti. Puoi permetterti il ritmo basso, puoi permetterti le disattenzioni alla Rugani o alla Bonucci, ma tecnicamente devi poi essere infallibile.
Mercoledì sarà un’altra storia ancora, questo Milan comunque neanche ci assomiglia a quell’Ajax che ci si ritroverà sul cammino fra qualche giorno, ma mentalmente e caratterialmente era importante reagire. Era importante capire a che livello fossero alcuni dei possibili protagonisti: Dybala è ancora in ritardo, ma è Dybala, e sa come inventare calcio, soprattutto quando gli si dà un po’ più di libertà. Pjanic matura attimo dopo attimo nella gestione dei momenti, della palla, della squadra, degli spazi. E poi quel piccolo impertinente che si permette il vizio di sfidare chi gli ulula contro: lo critichiamo anche per questo? No problem, calma e si va avanti, parte in panchina, entra e firma la vittoria. Si, è Moise Kean l’imputato. Voliamo basso, ma i sogni lasciamoli andare in quota. Così come gli incubi li lasciamo agli altri: VAR, non VAR, Rubentus, bla bla bla, chiacchiericcio inutile, non facciamo il giochino di chi riesce a sputare più lontano, riusciremmo a vincere a mani basse anche qui. Fidatevi.
Una quota che adesso va conquistata a livello globale: detto tutto quello che va tenuto a mente prossimamente, mettiamo in ghiaccio una bottiglia di prosecco per domani che non si sa mai, ma che sia una. Poi a letto presto che comunque c’è un esame importante da superare, stavolta la prova di laurea non si può più fallire.
Fabio Giambò
Juve-Milan l’ha vinta Pjanic
Una delle sensazioni più belle per un appassionato di calcio è quando i nomi che ritrovi sul tabellino, quindi quei nomi che passeranno alla storia per aver risolto la partita, sono gli stessi che hai in testa quando pensi agli uomini-chiave che hanno determinato l’andamento della gara. Questo allineamento, per la sua rarità (pensate, ad esempio, a quante volte Chiellini non è finito sul tabellino pur essendo di gran lunga il più determinante), ci restituisce un illusorio senso di giustizia, che poi risiede molto più nella nostra testa che sul campo di calcio.
In questo Juve-Milan si è verificato in modo clamoroso uno di quegli allineamenti: partita decisa da un gol di Kean, su assist di Pjanic. Due subentranti a firmare l’ennesima rimonta stagionale di una Juve che spesso viene premiata quando decide di trasformarsi – a tal proposito si veda e riveda Juve-Atletico.
In particolare è stato l’ingresso del nostro cervello bosniaco a cambiare l’inerzia della contesa. Pjanic è entrato quando la Juve aveva appena segnato, nell’unico modo in cui poteva segnare con quella formazione, cioè saltando il centrocampo e trovando il movimento verticale (bravo Dybala nell’occasione) di una punta.
La nostra mediana, infatti, dopo l’uscita del guerrigliero Can, era stata terra di facile conquista per Kessié e soprattutto Bakayoko. Khedira ha abbandonato completamente il povero Bentancur, falloso per scarso tempismo e per necessità, ma almeno sempre presente nella partita, nonostante le difficoltà. Questo dominio fisico e tattico del centrocampo rossonero è stato interrotto dall’ingresso regale di Pjanic, che ha dato spaziature più intelligenti, maggior dominio del pallone e anche più ordine in fase di non possesso.
Pochi minuti dopo, il cambio Kean-Dybala ha completato l’opera, un po’ perché il nostro talentino è davvero in un momento d’oro, è estenuante da marcare perché sembra seguire tutte le azioni nel posto giusto, un po’ perché l’uscita di Dybala ha risvegliato finalmente un Bernardeschi fin lì avulso dal gioco.
La convivenza fra Paulo e Bernardeschi è un rebus di difficile risoluzione per Allegri: le partite in cui i due hanno giocato bene in coabitazione si contano sulle dita di una sola mano e sono state contro avversari modesti (mi viene in mente lo Young Boys). La mia sensazione è che tutti e due fatichino a trovare la posizione e a muoversi fra le linee, uno in funzione degli spazi lasciati liberi dall’altro. Con una punta di movimento come Kean, che ha impegnato la retroguardia milanista, Bernardeschi ha trovato molte più ricezioni e ha cominciato a puntare l’uomo, creando situazioni sempre interessanti.
Davide Rovati.