di Luigi Parascandolo
28.9.02. Stadio Delle Alpi. 4a giornata di campionato. Juventus 0 Parma 2, quando mancano 10 minuti al 90’. Finita? Tudor accorcia all’87’, Del Piero la pareggia al 95’. Lì è scattata la scintilla. Quella è stata la mia prima gioia da tifoso bianconero, avevo 8 anni e di lì in poi la mia passione sarebbe cresciuta senza sosta. Destino vuole che quella stagione ci regali, dopo il 27esimo scudetto, la finale di Champions. Ahimè, sappiamo com’è andata. Lo ammetto, la partita non l’ho guardata. L’1-1 col Barcellona ai quarti d’andata fu sofferto. I miei nervi non erano ancora abituati a reggere. Così, decisi che per le partite seguenti sarebbe stato meglio dare una sbirciatina ogni tanto per poi scoprire il finale (le cose sarebbero cambiate già la stagione seguente, impossibile non guardare la Juve).
La mattina dopo la finale mi alzo per andare a scuola, ma il mio primo pensiero è un altro. “Papà, la partita?” “Ha vinto il Milan ai rigori Luigi”. Il rammarico per quella sconfitta fu da subito enorme e ha creato in me il mito della Champions e il desiderio di festeggiarla per la prima volta.
Sono passati 13 anni, ma non siamo ancora riusciti a vincerla. Lo scorso anno ci siamo andati di nuovo vicini. Ho vissuto la cavalcata in Austria. Le telecronache in tedesco rendevano ancora più epico quel percorso che mi faceva rivivere le sensazioni provate agli albori della mia carriera da tifoso. Il giorno della finale sono rimasto a casa tutto il giorno. Ansia. Morata pareggia il gol di Rakitic, abbiamo la partita in pugno ma quando sembra che il sorpasso stia per arrivare, ecco il 2-1 del Barellona. Maledizione. Una maledizione ripetutasi quest’anno col beffardo 2-4 a Monaco. Ma non dobbiamo fermarci. Lottiamo tutti per questo obiettivo. Fino alla fine.
Berlino, un anno dopo. Riproviamoci, ma occhio agli ex!
6 giugno 2015. Esattamente un anno fa. A Berlino finale di Champions, Juve-Barcellona!
Credo che tutti noi, chiudendo gli occhi, potremmo ricostruire mentalmente quella giornata.
Dove eravamo, con chi, come vivevamo l’attesa e come ci preparavamo alla partita. LA Partita.
A Berlino, forse nel punto più alto della nostra storia recente. Ecco, il punto più alto raggiunto ma non ancora la vetta, ciò che tutti noi sogniamo e che non abbiamo paura di pronunciare.
Ora, esattamente un anno dopo, a che punto siamo?
Cosa vuol dire per uno Juventino che sogna da anni -troppi- quella Coppa, vedersela sfuggire di nuovo? E vedere partire in un colpo i tre tenori Pirlo-Vidal-Tevez e ora forse Morata e Cuadrado, i quasi-eroi di Monaco? Forse quella Coppa non la rivedremo mai?
Assolutamente no. Ma cosa serve per arrivarci nuovamente?
In primis, vincere il girone.
Hai detto niente.
Obiettivo basilare e quest’anno insegna. Proprio contro la squadra abbonata alla vittoria in Europa League e presa a pallate a Torino, in casa loro è arrivato il KO fatale (per giunto arrivata dal re degli ex, ‘tacci tua, Fernando!). E’ stato lo “sliding doors” dell’anno. What if? Fossimo arrivati primi?
Altro punto, la consapevolezza di essere ormai un top club in Europa. Basta tremare ai sorteggi, fare tabelle, percentuali e scongiuri. Sono le altre a non volerci incontrare, anche le 3 big (Bayer, Real, Barca) a doverci evitare come la peste…e stavamo quasi per farne fuori una, anche quest’anno (casualmente con due ex, ‘tacci vostri, Arturo e Kingsley!). Il dilemma amarissimo resta: era davvero questo il nostro anno? Delle 4 semifinaliste ce n’era una veramente imbattibile, o forse eravamo con i nostri 10 euro in una trattoria stavolta da 20 euro, per intenderci?
Abbiamo avuto a che fare in questi anni con l’élite Europea (Atletico Madrid, Borussia Dortmund, Manchester City, Barca, Real e Bayern in due edizioni di Champions) e siamo in grado di giocarcela. Tolta la prima mezz’ora col Bayern in casa e proprio il primo tempo di Berlino, nessuna mai ci ha messo sotto, anzi!
Qualche innesto di qualità, giocatori di esperienza europea che sanno come affrontare la Champions ,coppa cosi strana da decifrare. E poi, rinforzarsi per il sogno europeo vuol dire aumentare il gap anche in Italia, dove già siamo oggettivamente due gradini su tutti..(finché non arriveranno i mega-miliardi cinesi e non partirà il moviolone in campo, ovvio…mica avete creduto di vincere perché siamo i più forti!?)
Se poi Simeone vuole andare all’Inter e togliersi il problema di perdere le Champions direttamente alla radice…se il Psg perde Ibra (e a Blanc lo hanno fatto.. noir), se il Real si stufa dopo averne vinte 11, se l’Inghilterra stavolta compete con Leicester e Tottenham …forse l’anno prossimo ce la giochiamo davvero, Messi permettendo.
E poi, il SE più importante: sempre SE l’anno prossimo non becchiamo contro Morata. O Cuadrado….
6 Giugno 2016: un anno dopo, cosa ci è rimasto?
Ho capito che avremmo perso la finale di Berlino al minuto 85, quando Llorente è subentrato al posto di Morata. Per quanto sia una grande fan di Fernando, come poteva un attaccante mediocre ribaltare la situazione, dimostrarsi superiore al trio d’attacco più forte del pianeta e portarci alla vittoria? E come poteva Pereyra, subentrato qualche minuto prima, darci la stessa grinta, cattiveria e stile di gioco di Arturo Vidal?
Quest’immagine parla chiaro: l’ampiezza del distacco tra la nostra panchina e quella blaugrana è evidente e credo che sia stato soprattutto questo a dare la vittoria al Barcellona: loro avevano alternative all’altezza del loro 11 titolare, noi no.
A quel punto credo che le scelte per la società fossero due: accontentarsi della supremazia in Italia, sperando in un miracolo in Champions in stile Porto, oppure sfruttare l’occasione mancata a Berlino e ripartire da lì, costruendo una squadra competitiva anche in Europa.
Mi pare evidente che la società abbia scelto la seconda opzione ed il mercato estivo lo ha ampiamente dimostrato: sono stati acquisiti giocatori con grande esperienza internazionale (Mandzukic, Khedira) insieme a giovani promesse pronte ad esplodere (Dybala).
Per cui, cosa ci è rimasto di quella finale?
Credo che la Juventus nell’ultimo anno abbia compiuto un percorso straordinario, affinando il proprio gioco, migliorando la rosa e arrivando ad alti livelli europei (secondo me, siamo nella top 5), ma allo stesso tempo abbiamo ancora diversi margini di miglioramento: innanzitutto, dobbiamo evitare di peccare d’ingenuità e d’arroganza quando giochiamo partite che, sulla carta, dovrebbero essere facili (vedi Siviglia e Mönchengladbach). La squadra inoltre deve essere consapevole dei propri mezzi e delle proprie potenzialità, evitando giocate leziose, ed essere più concreta al momento delle conclusioni.
Tuttavia, sono convinta che il gap con le big europee sarà presto colmato e che quest’anno abbia sicuramente fatto bene alla squadra, in particolare ai più giovani: le lezioni che hanno ricevuto sul campo dovrebbero aver fatto capire loro che nulla è scontato e, soprattutto, che gli errori si pagano cari.