La situazione è davvero delicata: tifosi, giornalisti e addetti ai lavori sono ormai fuori controllo.
A un passo dall’ennesimo scudetto, in finale di coppa Italia per la terza volta in tre anni, in semifinale di Champions dopo la finale di due anni fa, mentre loro combattono strenuamente (e hanno la peggio) con Beer Sheva, Sparta Praga, Villareal, Dnipro e compagnia: la guerra è finita e non se ne sono accorti, come quei valorosi soldati giapponesi ritrovati tre decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale nella giungla di un’isola filippina, ancora convinti di dovere combattere qualcuno mentre il nemico non c’era più, li aveva sconfitti da una vita.
Uno scudetto della Juve è stato sempre vissuto male, due di fila decisamente peggio, ma il terzo, il quarto e il quinto consecutivi, con finestra sul sesto, non erano stati mai testati: non c’erano stati esperimenti da laboratorio, nessuno sapeva che reazione potessero provocare.
Ora, grazie ad (o per colpa di) Agnelli, Marotta & co, lo sappiamo: la situazione è davvero delicata.
Nella stagione dei 3 (tre!) rigori in 35 partite in grandissima parte dominate, degli evidenti errori arbitrali in sfavore della Juve nelle poche partite perse o pareggiate (Milano, Genova, Firenze, Bergamo), della semifinale di Champions raggiunta distruggendo il Barcellona, dell’ennesima finale di Coppa Italia consecutiva, qui abbiamo avuto fino a ieri tre dopopartita davvero vivaci:
a) il post Juve-Inter, in cui – almeno fino al 90esimo – non accadde nulla, ma dopo sbucarono un primo rigore negato, poi un secondo e qualche giorno dopo spuntò perfino un video di una punizione fatta ribattere nella nostra metà campo; pensate, pure il nostro ex giocatore Pioli e il nostro attuale tifoso Gagliardini si mostrano indignati e la Domenica Sportiva, che ha abolito le moviole da tempo, fa uno speciale su quegli episodi addirittura la settimana successiva, facendo scoprire a Sconcerti di avere sangue bianconero nelle vene;
b) il post Juve-Napoli di Coppa Italia, per un fantomatico rigore su Albiol individuato in particolare dall’imparziale Vincenzo Cito sulla Gazzetta, con Giuntoli e Reina a dettare legge in Rai, pretendendo di non ricevere domande, e Sconcerti ormai sempre più convinto di avere sprecato una vita a seguire la Fiorentina mentre avrebbe potuto vincere tutto con noi, se solo si fosse accorto prima di quale fosse la squadra da tifare;
c) il post Juve-Milan, con una ventina di tiri a due, un assedio probabilmente mai visto in scontri tra queste due squadre, un rigore clamoroso negato a Dybala nel primo tempo e uno concesso al 94esimo per un fallo di mano in area, con i rossoneri che hanno poi danneggiato lo spogliatoio dello Stadium (capito che intendo, quando dico che la situazione è delicata?).
Poi, dopo il piccolo incidente di Bergamo, ove gli impercettibili errori arbitrali, finalmente in buona fede, vengono affrontati e risolti in pochi minuti anche grazie alla signorilità di Allegri, arriviamo a ieri sera, in cui più di un’ora dopo la partita in tutte le televisioni si dibatteva con toni gravi del solo giallo di Acquah, con Mihajlovic impegnato ad aggredire gli interlocutori, mentre nel collegamento Rai qualcuno dava del “marocchino di merda” a Benatia.
Ma sì, perché ormai la situazione è delicata, sono totalmente fuori controllo e quindi di giorno si può dire che “siamo tutti Muntari” e la sera si può dare del marocchino di merda a Benatia, salvo poi chiudere frettolosamente il collegamento senza neanche una spiegazione.
Se avessimo visto la partita senza audio, ci fossimo risparmiati il post partita e magari anche la prima pagina di Gazzetta e simili del giorno dopo (ampio risalto alle polemiche e alle frasi del tecnico sulla “partita falsata”, foto grande a tutta pagina di Miha e compagnia che accerchiano l’arbitro, moviola in cui si afferma l’opposto di quanto scritto dopo il derby di andata dopo un intervento ben meno pericoloso di Mandzukic, eccetera eccetera), avremmo invece rimarcato:
1) la formazione della Juve, che va a giocarsi un derby con ben 8 cambi rispetto alla Champions;
2) i troppi gol sbagliati dai bianconeri, tra traverse, rimpalli e parate di Hart;
3) il Torino dignitoso ma nel derby degli ultimi anni in cui in assoluto ha creato meno pericoli agli avversari;
4) la splendida punizione di Ljajjc (a seguito di fallo di mano involontario di Asamoah, con tanto di giallo);
5) l’entrata pericolosa di Acquah, già ammonito, che col piede a martello prende in velocità palla e tutto ciò che trova (e qui non fateci tirare fuori ancora una volta il regolamento, l’imprudenza, la negligenza, la vigoria sproporzionata), beccandosi il secondo giallo;
6) la reazione oltre l’orlo della crisi di nervi di Mihajlovic, panchina e giocatori del Torino, che accerchiano l’arbitro (ma ora si può? Non è più quel reato che rovinava il calcio e le nostre vite che pareva essere l’anno scorso dopo le proteste juventine proprio nel derby?);
7) la rincorsa volenterosa ma un po’ arruffata della Juve, con altri gol sbagliati, in particolare da Bonucci e Khedira;
8) l’ingresso di Higuain e il solito esilarante gol della Juve nel recupero, che rovina il sabato sera a mezza Torino e mezza Italia, che ormai vive sperando in qualche passo falso dei bianconeri;
9) la fine tra gli applausi di una serie sensazionale di 33 vittorie consecutive in casa, che ricorderemo fino a chissà quando.
E così finisce nel solito modo, con noi inizialmente ad argomentare citando il regolamento, ancora convinti di avere interlocutori in stato di lucidità, salvo poi ricordarci dopo pochi minuti la delicatezza della situazione e dunque passare con la testa a martedì e alle partite di Roma.
I media a fare ore e paginate di rabbia e moviole, perché ormai incapaci di commentare partite, prodezze (Ljaijc e Higuain, super!) o celebrare la fine di una serie sensazionale: “ha preso la palla!”, e giù a discutere per un paio d’ore.
E i non juventini compatti, uniti, milaninteristi in primis ormai davvero indistinguibili, a sbraitare sui social senza avere ancora compreso che non è più tempo per panoladas e spogliatoi distrutti, che da un bel po’ giochiamo due sport diversi, le loro squadre faticherebbero a competere anche con le nostre riserve.
Che la guerra è finita e dietro la collina, diceva quel tale, non c’è più nessuno: solo aghi di pino, silenzio e funghi.
Il Maestro Massimo Zampini