Diciamocelo chiaramente, quando parla Gianluigi Buffon, tutti stiamo sull’attenti ad ascoltarlo, non solo chi ama la Juve, ma soprattutto coloro che tutto ciò che ha a che fare con il bianconero non lo sopportano proprio: raramente politicamente corretto, per questo mai scontato e/o banale, anche nel post-Cardiff è questo l’effetto evidente che le parole del miglior portiere della storia del calcio stanno avendo nelle ultime ore. Speranze e prospettive, juventinità allo stato puro, serietà ed umiltà, sono tutte caratteristiche che, anche nel momento in cui vengono trattati temi opinabili, fanno capire quali sono i paletti che un professionista del mondo del pallone (ma potrebbe valere anche in altri contesti, a ben pensarci) deve tenere sempre in mente per mantenere vette da top-player sino alla tenera età di 40 anni, vetta che Buffon toccherà nel corso della prossima stagione.
“Mi ritiro dopo il Mondiale, che fastidio perdere in quel modo col Real”
La sua ultima stagione. Forse. Parliamoci chiaro: Buffon non può avere più la reattività e l’esplosività che aveva dieci anni fa, e che tanti suoi colleghi più giovani hanno oggi, senza bisogno di andare a fare paragoni improponibili che finirebbero per lasciare tempo relativo, ma la sua esperienza, ma la sua capacità di restare concentrato nell’intervenire due o tre volte a match (queste le occasioni mediamente concesse dalla Juve agli avversari, considerate le dovute eccezioni che, si perdoni la banalità, non costituiscono regola) ancora oggi non hanno eguali. La sua “ultima stagione forse” perché se finalmente si dovesse rompere quell’incantesimo maledetto, ovviamente non si potrebbe concludere di netto un cammino che porterebbe in coda due preziose ulteriori tappe a corredo, anche se c’è la consapevolezza che ripetere un cammino come quello fatto due volte negli ultimi tre anni assomiglia alla più rosea speranza utopistica anziché altro. Sognare non fa mai male, purché si mantengano i piedi ben ancorati al terreno una volta aperti gli occhi, e già abbiamo visto di cos’è capace la Vecchia Signora una volta persa la pazienza: l’incredibile rincorsa di due campionati fa, per esempio, o anche la ripartenza dopo la sconfitta di Firenze nella scorsa Serie A, giusto per fare due esempi recenti. Il fastidio per il come è arrivata la debacle con il Real Madrid vedremo come verrà tradotto in campo fra qualche mese.
“Orgoglioso di non essere come coloro che festeggiano le nostre sconfitte”
Premessa ovvia, almeno nella parte sana del calcio: lo sfottò, dunque anche il gufare le squadre avversarie, è il sale della vita di un tifoso. L’abbiamo fatto anche noi quando il Milan o l’Inter si sono giocate quello che ci siamo giocati noi in Europa, l’abbiamo fatto quando competevamo con loro, l’abbiamo fatto quando purtroppo le aspettative bianconere erano differenti da quelle attuali, da quelle che negli ultimi sei anni hanno ridotto chi mal ci sopporto all’orlo dell’esaurimento (da tifo, ovviamente). Detto ciò, non si possono non fare dovute differenze, non a caso prima si è parlato di di “parte sana”. Scene di giubilo, addetti ai lavori, professionisti dell’informazione pallonara, annessi e connessi, è qui che si supera quel limite del degno che Gigi denuncia con le sue parole, e con le quali non si può non essere d’accordo. Almeno lo è il sottoscritto, anche perché poi in fin dei conti l’orgoglio è un qualcosa di troppo soggettivo per trattarlo come fosse un argomento sul quale si possa seguire un manuale d’uso comune.
“Un matrimonio intelligente, Szczesny è la scelta migliore”
Ritornando a parlare di cose serie, andiamo a leggere questa proclamazione (perché di tale si tratta) per quella che è effettivamente: sono dichiarazioni pesanti, non sono di facciata, dunque non banali, per ritornare a sottolineare quanto già detto sull’atteggiamento di Buffon davanti ad un microfono. Gigi è, non ci fa, un’investitura del genere suona come fosse fatta da chi fa il mercato in casa Juve, o per lo meno come fosse fatta da chi in società ha un peso importante: si sta allenando in questo senso, evidentemente, e non potrebbe essere altrimenti. D’altronde stiamo parlando di chi, più di tutti, ha rinunciato alle proprie ambizioni personali per cancellare gli effetti di Calciopoli, per riportare e riportarsi ai massimi livelli possibili. Lui e la squadra, appunto. Un leader, sentenza scontata, forse sì questa banale, ma Buffon lo si riassume così, e mai banalità fu più esplicativa per una volta.
Fabio Giambò