Al Wanda Metropolitano l’Atletico vince 2-0, firmando il doppio vantaggio in cinque minuti nella ripresa
Che al Wanda Metropolitano sarebbe stata dura si sapeva, ma era forse lecito sperare in un esito diverso della gara di andata contro l’Atletico, specie dopo un primo tempo chiuso a reti bianche ne quale la Juve, nei primi minuti, era anche stata più pericolosa dei padroni di casa. E invece nella ripresa, in cinque minuti, la strada per la qualificazione ai quarti d Champions si fa improvvisamente in salita per i bianconeri che subiscono un micidiale uno-due firmato Gimenez e Godin e non riescono, nonostante il forcing finale, a lasciare il segno.
JUVE SUBITO PERICOLOSA
Il copione della gara è subito evidente: l’Atletico punta sulle ripartenze di Griezmann e lascia il palleggio alla Juve, che nei primi minuti studia gli avversari e prova a colpire con Ronaldo. CR7 si procura una punizione e spara un siluro da oltre venticinque metri che Oblak riesce a intercettare. Va vicino al gol anche Bonucci, che incorna alto un cross dalla bandierina di Pjanic, mentre i colchoneros si fanno vedere con il rasoterra dalla distanza di Thomas, bloccato da Szczesny.
DIFESE BLOCCATE
La gara vive di fiammate improvvise, ma l’impressione è che entrambe le squadre badino soprattutto a non scoprirsi, anche perché ogni disattenzione potrebbe essere letale. L’esempio più lampante arriva al 27′, quando Diego Costa se ne va sulla sinistra e De Sciglio, inciampando, lo tocca e commette fallo. Il signor Zwayer indica subito il dischetto, ma il VAR segnala che il contatto è avvenuto fuori area e la punizione che ne consegue, battuta da Griezmann viene messa in angolo da Szczesny. Dybala risponde impegnando Oblak con un sinistro dal limite, ma non è per nulla facile trovare un varco quando le difese sono schierate.
ATLETICO A TESTA BASSA
Il possesso palla bianconero fatica a superare la diga eretta dagli spagnoli, che invece, al 5′ della ripresa, sono pericolosissimi: Diego Costa riceve da Griezzmann e punta l’area inseguito dal solo Bonucci, ma al momento del tiro colpisce male e mette a lato, graziando Szczesny. Il portiere è salvifico poco dopo, quando riesce a deviare sulla traversa il tocco all’indietro di De Sciglio che, per anticipare Griezmann, rischia un clamoroso autogol. Ora che l’Atletico produce il massimo sforzo, è la Juve a doversi chiudere e Simeone per avere ancora più rapidità in avanti inserisce Morata e Lemar per Diego Costa e Thomas, quindi Correa al posto di Koke. La legge dell’ex colpisce al 25′, quando Morata incorna il traversone di Felipe Luis alle spalle di Szczesny, ma per liberarsi spinge in modo vistoso Chiellini e dopo aver consultato il VAR il signor Zwayer, che inizialmente aveva concesso il gol, annulla.
GIMENEZ E GODIN, DUE GOL IN CINQUE MINUTI
Allegri opera il primo cambio richiamando Pjanic e mandando in campo Emre Can, che si sistema davanti alla difesa, ma a forza di insistere i colchoneros passano. La difesa bianconera non riesce a liberare su un angolo di Griezmann e Gimenez si ritrova il pallone sui piedi a due passi dall’area piccola e può comodamente infilare il vantaggio. Allegri inserisce Bernardeschi per Dybala, ma ora la Juve è in difficoltà, perché l’Atletico, spinto dai 67.000 del Wanda Metropolitano insiste e passa ancora, sfruttando nuovamente una palla inattiva: anche la punizione di Griezmann non viene liberata a dovere e Godin, dopo un primo tentativo ribattuto, piazza il tap in che complica, non poco, il discorso qualificazione per i bianconeri. Tutti i tentativi di riaprire la partita, come il sinistro di Bernardeschi alzato sopra la traversa da Oblak, vengono rispediti al mittente e anche l’ingresso di Cancelo per Matuidi non dà i frutti sperati. A Torino, il 12 marzo, servirà la miglior Juve.
ATLETICO MADRID-JUVENTUS 2-0
RETI: Gimenez 33′ st, Godin 38′ st
ATLETICO MADRID
Oblak; Juanfran, Giménez, Godin, Filipe Luis; Saul,
Thomas (16′ st Lemar), Rodri, Koke (22′ sta Correa); Diego Costa (13′ st
Morata), Griezmann
A disposizione: Adan, Savic, Arias, Kalinic
Allenatore: Simeone
JUVENTUS
Szczesny; De Sciglio, Bonucci, Chiellini, Alex
Sandro; Bentancur, Pjanic (28′ st Emre Can), Matuidi (39′ st Cancelo);
Dybala (35′ st Bernardeschi), Mandzukic, Ronaldo
A disposizione: Perin, Caceres, Rugani, Spinazzola
Allenatore: Allegri
ARBITRO: Zwayer (GER)
ASSISTENTI: Schiffner (GER), Achmüller (GER)
QUARTO UFFICIALE: Welz (GER)
VAR: Dankert (GER), Stegemann (GER)
AMMONITI: 8′ pt Diego Costa, 48′ pt Thomas, 10′ st Alex Sandro, 44′ st Griezmann
Inferno Metropolitano
Nella notte più buia della stagione non ci sono luci a salvare gli uomini di Allegri. La gara più importante conclusa nella maniera peggiore possibile: voi mi chiederete, perché?
Non è il 2-0, risultato giusto e che inchioda la Juve nella cornice del Wanda Metropolitano, ma la disfatta bianconera è nell’atteggiamento impaurito di fronte ad una squadra feroce, bestiale è letale. Ci ha graziato Diego Costa, poi il miracolo di Szczesny su Griezmann ed infine anche il VAR stava “aiutando” i nostri Santi in Paradiso. Alla fine, però, ci hanno mandato all’Inferno i due centrali dell’Atleti: uno-due (sembravano i colpi di cannoni di un’esecuzione) e noi a terra.
Esanimi, aggrappati al ritorno “disperato” dell’Allianz, ma ora chi ci crede più a questa Juventus? Ci ha fatto respirare l’aria salubre della vetta in Italia, mai in discussione (anche senza avversari temibili), ed ora ci ha condotto alle porte dell’Ade della Champions League. Brucia da morire questa Coppa, che sfugge sempre quando ti sentì così forte da poterla stringere, ed ora vuole andarsene tra le braccia di chi sa come corteggiarla per davvero.
Sembravamo adolescenti al primo ballo scolastico, universitari durante un colloquio di lavoro o l’ultima riserva alla lotteria dei calci di rigori. Brividi, soltanto brividi, che hanno fatto tremare le nostre gambe (e i nostri cuori) di fronte alla bava alla bocca di Simeone. Ci hanno azzannato le tre Fiere del Wanda: il Cholo, insieme ai suoi scudieri Gimenez e Godin, i polmoni dell’Atletico che non muore mai.
Chi sarà il nostro Virgilio, mia dantesca Juventus? Ora che l’Inferno è realtà, affrontate le bestie che lo proteggono, come faremo a “riveder le stelle”? Nemmeno un Cristiano ci ha salvati, stretto nella morsa delle sue Champions e di una sfida troppo complessa anche per lui, e neanche le strategie dell’Ulisse Allegri. Il nostro “Cavallo di Troia”, basato sul possesso palla e i cambi di gioco, ci ha fatto crollare sotto i giavellotti madrileni.
Dobbiamo pentirci, almeno questa volta, perché è l’unico modo per tornare a toccare il Paradiso. Il Purgatorio lo sconteremo in campionato, continuando a pensare a come ci siamo persi a Madrid, fino ad ospitare l’ultima nostra speranza. Ora lasciamo che Caronte faccia navigare le nostre anime, derise dall’Italia dei “gufi”, in questa maledetta notte. Maledetta notte che dovrà pur finire…
Sabino Palermo.
Il risultato peggiore, la prestazione più inquietante
Come detto più volte in conferenza, la priorità era quella di segnare per poter mettere la qualificazione in discesa, considerati i problemi che l’Atlético Madrid sta evidenziando in trasferta. Invece si esce dal Wanda Metropolitano, bellissimo impianto che forse ha ieri vissuto la sua prima grande notte di Champions, col risultato più pesante possibile, quello che forse neanche il più pessimista avrebbe previsto.
In una gara dove si è sbagliato tutto, e che viene dopo mesi di prestazioni non certo irreprensibili, le responsabilità dello staff tecnico sono molteplici e parecchie da elencare: c’è per esempio un tridente pesante che forse non è mai stato l’abito più adatto per questa squadra, con una quasi totale assenza di rifinitura centrale (contro una squadra come l’Atlético non ci si può basare solo sulle corsie esterne), senza dimenticare da un Dybala che continua a sembrare poco a suo agio come “tuttocampista”. Insomma una gestione dell’undici e dei cambi alquanto discutibile nel suo complesso, con la scelta De Sciglio per Cancelo che verrà imputata a lungo ad Allegri.
In un match contro una squadra che è maestra nella gestione dell’episodio e nel saper leggere i momenti della partita, la Juventus ha avuto la terribile colpa di sciogliersi nel momento clou nonostante tutto stesse girando per il verso giusto. Se dopo un pessimo avvio in cui, per fortuna di Allegri, l’Atlético aveva sfrutta non bene alcune pericolose ripartenza, la Juve aveva chiuso bene la prima frazione. Certo, era un possesso soprattutto conservativo, però almeno si erano prese in mano le redini del gioco coi colchoneros che non riuscivano più a risalire.
Nella ripresa la Juventus però non ha saputo reagire ai (rumorosi) campanelli d’allarme che erano sorti: in transizione negativa si è fatta trovare lunga e attaccabile, con Diego Costa e Griezmann che sono stati messi davanti al portiere con grande facilità. Volendo sfruttare poi il fattore campo e approfittare di un avversario che sembrava spaesato, Simeone ha esaurito presto i cambi, passando da un centrocampo con 2 finte ali a una mediana con 2 ali pure. Il Cholo ha letto alla perfezione il momento della gara, l’inserimento di uomini abili in campo aperto ha ulteriormente spostato l’ago della bilancia a favore dei padroni di casa. Invece che sfruttare gli spazi che si sarebbero potuti creare, la Juventus si è continuata a mostrare passiva e scarsamente decisa nei contrasti, con tante palle perse in mezzo (Allegri in conferenza stampa si è concentrato su questo), soffrendo il contesto imposto da un avversario che si è mostrato tanto superiore quanto più preparato. Seppur gli episodi stessero sorridendo a Madama, con la Juve che nel finale aveva ancora la fortuna di trovarsi (immeritatamente) sullo 0-0, su due calci piazzati è poi avvenuto il crollo definitivo, con quindi la debolezza “mentale” (nel senso di gestione degli episodi) andata di pari passo con quella tattica.
Contro una delle squadre che viene reputata tra le più speculative, la Juventus esce non solo con la qualificazione altamente compromessa, ma col desolante score di 4 occasioni enormi concesse, un gol annullato generosamente e una pericolosità offensiva ai minimi termini. Al ritorno, contro una squadra che numeri alla mano soffre parecchio lontano da casa, servirà una gara più di cuore e gamba (quindi diversa da quella del Wanda, alla fine rivelatasi più calcolatrice), un tipo di partita che quando messa spalle al muro la Juventus di Allegri ha dimostrato di saper fare.
Di certo, dopo stasera (che segue un periodo non certo positivo), è doveroso farsi domande su come sta rendendo una delle Juventus più forti di sempre, una rosa che non sembra riuscire valorizzare a pieno gli elementi più tecnici. In questi anni, la squadra di Allegri è solitamente riuscita a salire di rendimento in base all’importanza della partita, in molti si aspettavano quindi una squadra che non avesse nulla a che vedere con quella dei due mesi precedenti. Anzi, si parlava anche di novità tattiche studiate ad hoc Invece, la partita di Madrid – sia nell’undici (con anzi un Cancelo in meno) che nell’atteggiamento – è stata la diretta conseguenza di quanto si sia visto in campo negli ultimi mesi. Non è stato un match deciso da due calci piazzati, bensì un qualcosa che deve portare a profonde riflessioni sulla Juventus 2018-2019, soprattutto su quanto poco (e male) si sia sviluppata nella gestione della manovra offensiva e su quanto Allegri stia insistendo su una proposta di calcio forse inefficiente per il tipo di rosa con cui si ritrova.
Jacopo Azzolini.
Ottavi di Champions League: Atlético Madrid – Juventus 2-0
Nonostante fosse probabilmente l’ottavo più affascinante del lotto
Champions, le due squadre affrontatesi ieri la Wanda Metropolitano non
sono arrivate nella loro forma più smagliante. La Juventus, rullo
compressore in Serie A, aveva dato segnali di scricchiolio nella tenuta
atletica prima (Chievo e Lazio), e mentale e tattica poi (Atalanta e
Parma). Allegri si presentava così a Madrid con i dubbi mai risolti di
una circolazione bassa deficitaria, di un centrocampo che offuscava i
propri limiti tecnici con polmoni da fondisti, e di una fase offensiva
senza un canovaccio definito.
Simeone dal canto suo doveva dimostrare che, dopo un mercato estivo
che aveva soddisfatto le esigenze della rosa, l’Atlético è ancora capace
di dispiegare un’identità tattica precisa, cosa che è paradossalmente
venuta meno per gran parte della stagione. I rojiblancos dal
blocco basso e transizioni violente si erano un po’ persi, in favore di
un maggior brio in attacco e da contraltare un’insolita fragilità alle
transizioni difensive. L’assenza di Lucas Hernandez pesa ancor di più in
questo contesto, anche in ragione della parabola discendente di Filipe
Luis.
La formazione scelta da Allegri ha proposto, come largamente
anticipato dai giornalisti, una novità di rilievo: l’impiego di De
Sciglio al posto di Cancelo come terzino destro nell’ormai consolidato
4-3-1-2, una mossa dettata magari immaginando Griezmann a svariare sul
proprio centro-sinistra. Bentancur riempie la casella di mezzala destra,
unica posizione senza padrone dopo la defezione di Khedira (in bocca al
lupo). Se Allegri ha scelto la via della prudenza, Simeone ha voluto
invece impiegare tutti i suoi uomini migliori dall’inizio, nonostante
alcuni fossero in condizioni più che precarie. Si spiega così la
contemporanea presenza di Diego Costa, Koke e Saul dal primo minuto, in
4-4-2 molto flessibile che alcuni hanno dipinto a ragione con un
4-2-2-2.
La squadra di casa ha lasciato da subito il
pallino del gioco alla Juventus, accontentandosi di difendere con un
blocco medio-basso la propria trequarti. Costa e Griezmann si
disponevano su linee sfalsate, con il primo a sciamare – raramente,
peraltro – tra i centrali, e il secondo impegnato a controllare le
opzioni di distribuzione di Pjanić. Il palleggio della Juventus si
dimostrato blando e prevedibile, e questo per diverse ragioni. In
primis, la struttura posizionale degli ospiti ha risentito della difesa
bassa dell’Atlético: le limitazioni negli appoggi hanno costretto la
manovra a sfogarsi tramite cambi di gioco neanche troppo improvvisi e
certamente ben controllati dagli avversari. Simeone ha interpretato
correttamente il piano gara della Juventus limitando l’accesso alla
fasce e evitando che la Juventus trovasse il cross con costanza,
frustrando le ambizioni e il piano gara monodimensionale di Allegri.
Inoltre, le capacità tecniche di palleggio della Juventus hanno
palesato tutti i limiti di un ritmo blando. Scolastici e compassati,
difensori e centrocampisti si sono accontentati di una circolazione a
due tocchi come fosse un esercizio in allenamento, senza provare mai a
forzare un filtrante o ad abbandonare la propria posizione. In questo la
Juventus ha sofferto terribilmente l’assenza di un giocatore capace di
dare verticalità alla manovra attraverso una corsa progressiva o uno
‘strappo palla al piede’.
Alcuni difetti endemici della rosa sono stati ulteriormente
esacerbati dal piano gara. La tendenza di Matuidi a scappare dietro il
centrocampo avversario è stata accentuata da un’idea di gioco che voleva
– cervelloticamente – gli attaccanti abbassarsi e i centrocampisti
alzarsi. È mancata sincronia nei movimenti, Matuidi si è trascinato
dietro anche Bentancur e il risultato è stato una povertà disarmante di
soluzioni già a partire dal cerchio di centrocampo. Oltretutto, i
movimenti verso l’interno del campo di Koke hanno messo in grande
difficoltà Bentancur, che ormai sappiamo non essere a suo agio nel dover
guardare costantemente dietro di sé. Infine, alzare il pallone su
Mandžukić è successo poco e male, confinando il croato ad un ruolo da
comprimario che si è rivelato deleterio in una partita del genere (ha
vinto 6 duelli aerei, quasi tutti nella propria metà campo).
Così, il primo tempo se n’è andato via tra un fallo e l’altro, tra
una palla spazzata via e un gioco frammentato e snervante al solo fine
di guadagnare qualche metro.
Si affrontavano anche due allenatori che hanno plasmato le proprie
squadre per leggere al meglio i momenti della partita. Curiosamente,
hanno avuto atteggiamenti diametralmente opposti nella ripresa.
L’Atlético ha cominciato il secondo tempo con un atteggiamento più
sbarazzino, puntando la porta con insistenza, abbandonando ogni
orizzontalità e sfruttando le incertezze in fase di costruzione della
Juventus: se i bianconeri avevano difficoltà ad impostare senza esser
pressati, cosa potrà succedere spingendo in avanti la difesa? Griezmann e
Costa sono stati messi entrambi davanti a Szczęsny con una facilità
disarmante. Simeone, dopo averli provocati, ha saputo cavalcare questi
episodi e ha effettuato tutte e tre le sostituzioni nel giro di dieci
minuti. La squadra di casa, a cui per giunta sarebbe andato benissimo
uno scialbo 0-0 in vista del ritorno, ha assunto un atteggiamento
aggressivo inserendo Lemar e Correa – due ali ‘vere’ in guisa di quei
centrocampisti adattati. Morata al posto di Costa esasperava la
dimensione verticale dell’Atlético, ed ha scoperto definitivamente le
carte.
L’inerzia della partita era cambiata da 20 minuti abbondanti, quando
l’Atlético è passato in vantaggio con Giménez e ha assestato poi il
colpo del K.O. con Godín poi. I gol sono conseguenza del contesto:
saranno anche figli di episodi ed arrivati in situazioni di calcio
piazzato, ma sarebbero potuti esser segnati in transizione offensiva
come in azione manovrata. Se non fossero entrati i due tiri dei due
difensori, sarebbero entrati quelli di Costa e griezmann, o se ne
sarebbero provocati altri. Nel secondo tempo Simeone ha manipolato la
difesa della Juventus a piacimento, mandando in bambola ogni vellaità di
gestione della partita e sfruttando la struttura della Juventus come un
tuffatore sfrutta il trampolino.
Le sostituzioni di Allegri sono anch’esse sintomatiche della
confusione che regnava in campo, ed hanno anzi contribuito a rafforzare
quel sentimento di approssimazione e pressapochismo che noi tifosi
abbiamo percepito così chiaro. Non possiamo sapere se Emre Can è stato
inserito perché Pjanić era effettivamente febbricitante o perché il
tedesco avrebbe dovuto offrire maggior protezione alla difesa. In ogni
caso non ha funzionato, perché Can si è trovato in un contesto senza
linee guida, catapultato in mezzo alla tempesta senza nemmeno un
ombrellino. Dybala, dopo aver svolto compiti che sono un’umiliazione
alle sue qualità tecniche, ha lasciato il posto ad un Bernardeschi che
forse avrebbe dovuto cercare con più costanza i buchi del centrocampo a
due dell’Atlético. Senza successo, per colpe chiaramente non sue.
Cancelo, che era stato additato ad ago della bilancia
prima dell’incontro, è subentrato a dieci minuti dalla fine senza un
ruolo chiro né una posizione da coprire, una mossa disperata per
aggiungere quel necessario ancorché mancato senso di brillantezza agli
ultimi sconclusionati attacchi.
Il risultato è difficile, eppure non impossibile, da ribaltare. Ma il
problema non è la montagna che ci si staglia davanti, quanto piuttosto
che stiamo scambiando il nostro Land Rover con un triciclo: buona
fortuna a scalarla con questi mezzi. E difatti quello che preoccupa di
più è il cambiamento, profondissimo, di cui c’è bisogno per riuscire ad
approdare ai quarti; un cambiamento che non si è riusciti ad avere negli
ultimi due mesi (qualcuno dice addirittura due anni). Basteranno 20
giorni?
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By Andrea Lapegna