Ci sarà tempo per calare i pensieri sulle madrilene o su Mbappé. Ci sarà tutta la calma del tempo per ragionare sul fatto che nulla ancora è compiuto. C’è tutto il tempo e lo spazio per razionalizzare sull’appeal raggiunto, sul rango mondiale a cui ci siamo innalzati e anche sui 10 milioncini -tutto incluso- che le semifinali portano in cassa.
Ora no, non c’è tempo e spazio non riservato totalmente al godimento, all’orgoglio, alla soddisfazione, alla juventina beatitudine di una tappa storica, di un supergran premio della montagna raggiunto da soli con gran distacco e in scioltezza, le braccia al cielo già negli ultimi metri.
Cosa vuol dire liquidare il Barca senza regalarle la piccola gioia di una minima rete? Cosa vuol dire sterilizzare un mostro a tre teste e 100.000 cuori che in stagione ne ha messe dentro 146 (centoquarantasei!) e quasi un centinaio in casa? Lasciare il Barca a secco dopo 4 anni di CL (contro il Bayern, ma lì non c’erano Messi, Suarez e Neymar). Vuol dire che siamo i migliori, i maestri, i muri, le rocce. Bulliamoci un po’, esaltiamoci mai come stavolta per un traguardo intermedio. Non è da noi perché “vincere è l’unica cosa” figuriamoci proprio la Coppa Maledetta, ma mai nella storia bianconera recente c’è stata una simile dimostrazione di superiorità e controllo contro la miglior squadra del decennio, uno dei migliori cicli della storia del calcio.
Dare una Lectio magistralis di talento cristallino e decisivo come all’andata è godurioso, sfoderare la più eclatante prestazione difensiva contro la squadra più prolifica di sempre e nello stadio più decisivo è un’orgia silenziosa che dura 100 minuti.
Solo noi sappiamo farlo così, nemmeno l’Atleti di Simeone, che forse avrebbe contenuto una MSN imprecisa ma accumulando garra su garra, fallacci su intimidazioni, bus su carrarmati. La Juve invece ha fatto 5 falli in tutta la gara, ha giocato con 4 punte, è andata al tiro 12 volte ha centrato la porta di Ter Stegen 4 volte (contro una), ha palleggiato spesso con calma e disciplina, non ha fatto sceneggiate, non ha accerchiato Kuipers, non è entrata nello psicodramma né si è accorta del miedo escenico, non ha sgranato gli occhi e urlato al cielo per una palla non restituita.
Cuore caldo, mente gelida, sguardo lucido. Un gruppo di Professori maratoneti, un branco di elegantissimi dobermann che hanno addentato la gara senza sbavare e senza digrignare troppo i denti, un consesso di chirurghi guerrieri che prima ha affondato tre volte il bisturi nel cuore blaugrana e poi anestetizzato i catalani prima di una castrazione magistrale.
Occhio a chi parla di Barca sottotono, forse dimentica che questa è la squadra con la stagione più prolifica della storia, 143 reti, 81 in 21 gare al Camp Nou prima della Juve. La verità è che la Juve ha reso sterile una squadra in difficoltà che avrebbe però bucato un paio di volte qualsiasi altra sfidante. La verità è che se Buffon non ha fatto una sola parata (anzi, pure un’uscita avventurosa…) è perché davanti ha avuto una fase difensiva di 10 uomini lucidissimi, iperattici, ipertecnici e con una generosità e applicazione sublime. La coppia centrale (quel Bonucci che “non sa giocare a quattro..” e quel Chiellini “sempre rotto e da rottamare”) da Pallone d’Oro difensivo, un Alex Sandro ipertrofico che ha ciccato un intervento in 180 minuti (pure cazziato) con un Dani Alves che non ne ha persa mezza contro un gigantesco Neymar (eh, ma “quei due brasiliani dietro fanno acqua!”), un Pjanic immenso, con più contrasti e recuperi di un Vidal o un Nainggolan ma con tecnica eccellente e fiato fino al 95°, un HD stavolta poco brillante e cinica davanti perché sfiancata in 11-12 km percorsi e un Cuadrado iperbolico.
Solo 11 campioni duttili, versatili, generosi, consapevoli e audaci potevano annichilire il Barca a Torino e poi ammansirlo al Camp Nou. Infine un cenno all’uomo in panchina, il desacralizzatore per eccellenza, l’uomo passato dal 352 al 4312 al 433 al 4231, l’uomo dal perenne sorriso dissacrante e dallo stile ineccepibile, l’uomo che resta halmo nella tempesta e si infuoca sul 3-0 o riprende Chiellini dopo 90′ di una prestazione divina. Seconda semifinale in 3 anni, e chissà a giocare Berlino e Monaco con un Chiellini in più.
Lasciamo cianciare i romanisti e il loro scudetto dei pali, lasciamo autocelebrarsi i napolisti che si ballano di due gare al San Paolo con una Juve zeppa di riserva in preparazione della Champions, non pensiamo ancora ai madridisti che si esaltano per un robo storico.
Oggi esaltiamoci ed esaltiamo questa Juve, pensando ai margini infiniti che può ancora avere ed avrà in possesso e ripartenza, quando non ci sarà da difendere uno 0-3 al Camp Nou.
Godiamo. Godete. Qui non si pensa al futuro, qui si vive e magnifica il presente, qui si fa la storia. E da domani testa al Genoa, non si molla nulla!
Sandro Scarpa.