Sarà che il simbolo del Benevento è una strega, sarà che Halloween è passato da poco, ma qualche brivido, oggi, all’Allianz Stadium la Juve l’ha provato e procurato ai suoi tifosi. Perché il rischio di non chiudere la giornata con il bottino pieno c’è stato, e concreto, fino al 20′ della ripresa, quando Cuadrado ha siglato il gol vittoria, dando seguito al pareggio di Higuain di qualche minuto prima. Al pareggio, già. Perché i campani hanno condotto per quasi quaranta minuti, grazie alla rete di Ciciretti, accarezzando il sogno di conquistare i primi punti di questo campionato…
BARRICATE CAMPANE
Insomma, vincere è stato ben più difficile del previsto, anche perché la Juve, elegantissima con la maglia che celebra i 120 anni compiuti il 1° novembre, trova subito, com’era prevedibile, un muro di maglie giallorosse da superare. Quasi in omaggio al compleanno bianconero e al calcio di una volta, il Benevento si rifugia nel buon vecchio catenaccio. D’altra parte i campani finora non hanno raccolto neanche un punto, portarlo via dall’Allianz Stadium sarebbe un’impresa da raccontare ai nipotini e la scelta di De Zerbi per riuscirci è la più semplice possibile, riassumibile in una sola parola: “barricate”.
DOPPIO LEGNO DI DOUGLAS COSTA
Tenere tutti gli uomini dietro la linea del pallone e ripartire è l’unica possibilità di creare qualche problema alla squadra di Allegri, che ha comunque le armi per aggirare la difesa. Una di queste è Douglas Costa, che nel primo quarto d’ora centra due legni clamorosi: il primo con l’”aiuto” di Brignoli, che devia sul palo un cross velenoso, il secondo con una sventola di sinistro che centra in pieno l’incrocio.
CICIRETTI GELA LO STADIUM
Per quanto lodevole, l’attenzione con cui il Benevento si difende, non sembrerebbe sufficiente a fermare la Juve, a meno che non arrivi un episodio a complicare la vita ai bianconeri, cosa che puntualmente accade al 19′: un fallo di Alex Sandro su Ciciretti, nell’unica sortita offensiva dei campani, vale un calcio di punizione dai venti metri che lo stesso attaccante calcia perfettamente e spedisce alle spalle di Szczesny, gelando lo Stadium.
È UN ASSEDIO
Il tempo per recuperare e ribaltare il punteggio non manca, e la Juve continua a giocare come se nulla fosse accaduto. Cuadrado ha due buona occasioni per battere a rete dalla destra, ma il recupero di Di Chiara devia la prima conclusione in angolo e la seconda è fuori misura. Poi è Dybala a liberarsi al tiro e a calciare con il destro da centro area, trovando la risposta di Brignoli e a sparare a lato un pallone d’oro servitogli da Higuain. Orami non è solo una gara a senso unico, è un assedio, cui il Benevento risponde arretrando ancor di più la linea di difesa, fino all’area piccola. Higuain e Alex Sandro non riescono a risolvere una mischia in area e due punizioni di Dybala e una di Douglas Costa non hanno buon esito. Così, incredibile ma vero, si va al riposo con il Benevento in vantaggio, grazie all’unico tiro in porta prodotto, contro i 13 dei bianconeri.
HIGUAIN!!!
Il tiro al bersaglio riprende non appena tornati in campo e questa volta è Higuain a mandare a lato una punizione dal limite. Il Benevento è sempre più asserragliato nella propria area e a forza di palleggiare, la Juve trova il varco giusto: De Sciglio crossa dal fondo, Matuidi stacca e appoggia sul sinistro di Higuain che gira di sinistro nell’angolino.
CUADRADO!!!
Trovato il pareggio, ora si deve ribaltare il risultato e la Juve aumenta ancora la spinta. Cuadrado è indemoniato: prima impegna Brignoli che, dopo aver respinto la conclusione del colombiano, si ritrova tra le mani in tap-in di Higuain, poi pennella da tre quarti campo per Matuidi, che incorna sopra la traversa, infine sceglie perfettamente il tempo dell’inserimento e arriva a schiacciare di testa il cross telecomandato di Alex Sandro, infilando il meritatissimo 2-1.
SECONDO POSTO
A questo punto sarebbe opportuno chiudere la partita, perché ora che non ha nulla da perdere il Benevento esce dal guscio e Cataldi rischia anche di segnare un euro gol con uno spiovente dal limite. Per il finale Allegri ricorre ai centimetri di Mandzukic e alla freschezza di Bernardeschi, che rilevano Douglas Costa e Cuadrado. Invece di cercare con insistenza il colpo del ko, la Juve si limita a gestire il match, anche se negli ultimi minuti va vicino al terzo gol con Bentancur, entrato al posto di Dybala e autore di una bella percussione e di un tiro a fil di palo messo in angolo da Brignoli. Finisce 2-1 e al Benevento va un enorme applauso per come ha saputo lottare e spaventare i campioni d’Italia. Alla Juve vanno i tre punti. E visto come si era messa la gara (e i pareggi di Inter e Napoli), sono quanto mai preziosi, perché permettono di salire al secondo posto in classifica, ad una sola lunghezza dalla vetta.
JUVENTUS-BENEVENTO 2-1
RETI: Ciciretti 19′ pt, Higuain 12′ st, Cuadrado 20′ st
JUVENTUS
Szczesny; De Sciglio, Rugani, Chiellini, Alex Sandro; Matuidi, Marchisio; Cuadrado (36′ st Bernardeschi), Dybala (42′ st Bentancur), Douglas Costa (33′ st Mandzukic); Higuain
A disposizione: Buffon, Pinsoglio, Lichtsteiner, Barzagli, Howedes, Asamoah, Sturaro, Khedira
Allenatore: Allegri
BENEVENTO
Brignoli; Djmsiti, Antei, Di Chiara; Venuti, Chibsah, Cataldi (42′ st Parigini), Lazaar (17′ st Lombradi); Viola, Ciciretti; Armenteros (25′ st Coda)
A disposizione: Belec, Gyamfi, Gravillon, Lombardi, Del Pinto, Letizia, Kanoute, Memushaj, D’Alessandro, Puscas
Allenatore: De Zerbi
ARBITRO: Abisso
ASSISITENTI: Tasso, Tolfo
QUARTO UFFICIALE: Piccinini
VAR: Doveri, Ros
AMMONITI: 37′ pt Cataldi, 41′ pt Marchisio, 47′ pt Chibsah, 28′ st Higuain, 40′ st Antei, 44′ st Bernardeschi
Juventus-Benevento 2-1: senza pathos non ci piace
Le agenzie di scommesse proponevano quote pazzesche, fra i tifosi c’era chi parlava di goleade e scorpacciate di gol, alla fine arrivano tre punti soffertissimi nonostante un solo tiro in porta subito nell’arco di tutti i novanta minuti di gioco, arrivano contro la squadra che entra nella storia del calcio italiano come la prima a perdere le 12 partite iniziali del torneo: il Benevento di Ciciretti e mister De Zerbi, colui che l’anno scorso ci aveva già messo in difficoltà col suo Palermo, squadra appena meglio dei giallorossi scesi in campo oggi all’Allianz Stadium.
E dire che la partita era cominciata abbastanza bene con un imprendibile Douglas Costa stoppato solamente dai legni della porta di Brignoli in un paio di occasioni, ma è bastato vedere gli ospiti per la prima volta fuori dalla propria metà campo per ritrovarsi sotto di un gol: Szczesny sbaglia piazzamento suo e della barriera su una punizione dalla distanza, e la frittata era bella che servita. Non è mancata la reazione, ma le tante occasioni da gol venivano puntualmente respinte da una sorta di barriera invisibile travestita dallo stesso Brignoli o da imprecisione degli attaccanti, oltre che da un Dybala che non è piaciuto neanche negli atteggiamenti: un paio di errori su punizione e mai più la responsabilità di calciare quelle successive. Questa la preoccupazione maggiore, forse, stasera. Nella ripresa stesso copione ma con un pizzico di fortuna in più: ci pensa il solito Higuain a rimettere a posto le cose con un gol che sicuramente avrà strappato qualche sorriso romantico agli attenti tifosi juventini, poi una delle poche cose buone fatte dal tandem Alex Sandro-Cuadrado, con cross del primo e inzuccata vincente del secondo. Sul 2-1 si gioca al risparmio, non si sa quanto volutamente e quanto architettato da mister Allegri, solito brivido finale con un po’ di confusione nell’area di rigore bianconera, ma alla fine arriva una vittoria importantissima considerando quanto successo sugli altri campi.
Già, perché l’Inter ed il Napoli si sono fatte fermare sul pareggio rispettivamente dal Torino e dal Chievo, ed allora si va alla pausa con una posizione in classifica conquistata e distanza dalla vetta ridotta ad un solo punto. C’è tanto da sistemare, ormai si rischia di diventare ripetitivi, dopo la sosta si deve ripartire con una velocità totalmente differente.
Fabio Giambò
Lo Juve è morta, evviva la Juve!
La Juventus è morta. Evviva la Juve. Devono averla assassinata. Per forza. E quindi va trovato un colpevole. Il più in fretta possibile. E’ morta inspiegabilmente, non meglio e non peggio di salute rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti, numero più o numero meno, anzi. Omicidio per forza, perché i suicidi avvengono tra febbraio e giugno. Dev’essere stata una mano sadica, spietata, magari pure alle spalle. A investigare, aggressivi e assertivi più dei giornalisti già in prima linea come neanche i colleghi della giudiziaria, sono gli stessi Fedeli alla causa.
Gli indizi del decesso, stando alle più variegate teorie dell’accusa: l’ennesima Supercoppa persa (meritatamente, l’avverbio che pesa come un macigno); perdere maluccio a Barcellona (sinonimo di aver perso di vista Messi); aver subito due rimonte consecutive (con rigori all’aria, -3 punti); non vincere per manifesta superiorità in casa contro terza e quarta fascia del girone Champions; più in generale, inseguire due squadre fin qui imbattute in campionato e non chiudere la qualificazione europea agli ottavi di finale con due turni di anticipo. Corpi del presunto reato tutti legati al risultato netto, che per il Fedele deve essere schiacciante per sentirsi arrivato già a ottobre o per imitare chissàcchì.
Il cadavere per il Fedele c’è, anche se non si vede. La necessità di trovare il (un) colpevole è impellente, ossessiva, necessaria, vitale. Ed è in parte anche comprensibile: la smania del perfetto, l’inseguimento di un ideale assoluto, il calcio come materia scientifica dettano la critica più gettonata, ovvero l’indice puntato sull’assassino da luogo comune. Ovvero il maggiordomo, ovvero Massimiliano Allegri. Che poi, non esiste giallista che nell’ultimo secolo metta l’arma in mana a colui che un tempo era il vero padrone della casa. Se no, dov’è la sorpresa? Dov’è il subdolo e malizioso gioco della caccia alla verità, alla soluzione, normalmente (infine) ovvia?
La Juventus è morta. Evviva la Juve. Devono averla assassinata. Per forza. E quindi va trovato un colpevole. Il più in fretta possibile. E’ morta inspiegabilmente, non meglio e non peggio di salute rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti, numero più o numero meno, anzi. Omicidio per forza, perché i suicidi avvengono tra febbraio e giugno. Dev’essere stata una mano sadica, spietata, magari pure alle spalle. A investigare, aggressivi e assertivi più dei giornalisti già in prima linea come neanche i colleghi della giudiziaria, sono gli stessi Fedeli alla causa.
Gli indizi del decesso, stando alle più variegate teorie dell’accusa: l’ennesima Supercoppa persa (meritatamente, l’avverbio che pesa come un macigno); perdere maluccio a Barcellona (sinonimo di aver perso di vista Messi); aver subito due rimonte consecutive (con rigori all’aria, -3 punti); non vincere per manifesta superiorità in casa contro terza e quarta fascia del girone Champions; più in generale, inseguire due squadre fin qui imbattute in campionato e non chiudere la qualificazione europea agli ottavi di finale con due turni di anticipo. Corpi del presunto reato tutti legati al risultato netto, che per il Fedele deve essere schiacciante per sentirsi arrivato già a ottobre o per imitare chissàchì.
Il cadavere per il Fedele c’è, anche se non si vede. La necessità di trovare il (un) colpevole è impellente, ossessiva, necessaria, vitale. Ed è in parte anche comprensibile: la smania del perfetto, l’inseguimento di un ideale assoluto, il calcio come materia scientifica dettano la critica più gettonata, ovvero l’indice puntato sull’assassino da luogo comune. Ovvero il maggiordomo, ovvero Massimiliano Allegri. Che poi, non esiste giallista che nell’ultimo secolo metta l’arma in mana a colui che un tempo era il vero padrone della casa. Se no, dov’è la sorpresa? Dov’è il subdolo e malizioso gioco della caccia alla verità, alla soluzione, normalmente (infine) ovvia?
Così, il Fedele si erge a uomo qualunque. Non si sono però ancora fatti i conti i Fedelissimi, più preparati e cervellotici, decisamente più sottili in tutto. Loro vanno oltre lo score, razionalizzano. Usano schemi alchemici mascherati come schemi logici. Sono ragionamenti non votati alla crescita costante, ulteriore e graduale, di un insieme (squadra), ma alla mossa (massimo due) capace di mettere sotto scacco il mondo. Per i Fedelissimi, anche ciò che non è perfetto è in realtà perfezionabile. Basta studiare, allargare la mente, pensare ai calciatori come ai robot e il gioco può essere fatto. L’ultimissima vulgata, ancorché ciclica, vede Mario Mandzukic nelle vesti di Re del Male. Il croato è il buco nero: attrattivo, magnetico, totalizzante. Stella sì, ma nera e senza luce. La colpa maggiore è quella di risucchiare Allegri dentro al limbo che frenerebbe questa Juventus.
Sono però divisi, anche i Fedelissimi. Un po’ come le fratture di pensiero tra scuole filosofiche o i metodi in psicologia. L’attesa del salto in alto di Dybala (da Top 5 del Pallone d’Oro, tanto per intenderci) sarà la dolce condanna. Oppure il fattore Dani Alves (ovvero come cinque partite ben messe, quelle giuste, cambiano la narrativa legata a un calciatore). Oppure ancora il centrocampo a due (e fai 66% possesso palla in casa dei portoghesi) o l’inadeguatezza ad accendere la costante che ti farà vincere tutte le partite, cioè i gol di Higuain (vedi Milan-Juventus, travestita da partita perfetta, eppure con il 20% di passaggi/squadra non andati a buon fine). Eccetera, eccetera.
La morale è che colpevoli, di questi tempi, non ce ne sono. Per il fatto stesso che non c’è sangue. Nessuna salma. La Juve respira ancora e a dirla tutta non sembra neppure così affannata. Indagare sul grande mistero sul perché cambi abito così spesso magari sì, resta lecito. Un conto però è far parte della squadra omicidi, un’altra è il giurato a una passerella di moda a volte retrò, a volte kitsch, altre volte sexy, altre volte ancora con modelle che non mettono in mostra le parti migliori.
Che poi, se proprio la Juve morirà ammazzata, la maestra Agatha Christie ha insegnato che a volte i colpevoli possono essere tutti (Orient Express) o nessuno dei sospettati (Sipario). Quando non addirittura proprio chi scrive, chi narra, chi doveva trovare un assassino a tutti i costi… (Roger Ackroyd vi dice qualcosa?).
Luca Momblano.
12a Serie A: Juventus – Benevento 2-1
di Luca Rossi
La Juventus, dopo lo svantaggio iniziale, vince di misura un match che sulla carta doveva essere senza storia recuperando punti importanti su Napoli e Inter
La dodicesima giornata di Serie A mette di fronte all’Allianz Stadium la squadra esacampione d’Italia e il Benevento, team che nelle prime undici giornate di Serie A non ha raccolto nemmeno un punto. Sulla carta non ci dovrebbe essere partita, ma come ribadito da Allegri nella conferenza stampa pre-partita i match vanno giocati.
L’allenatore livornese apporta qualche modifica allo schieramento visto in Champions League martedì a Lisbona. Il compito di difendere la porta è affidato Szczęsny; la linea difensiva è formata da destra a sinistra da De Sciglio, Rugani, Chiellini e Alex Sandro; Matuidi e Marchisio compongono il doble pivote; Cuadrado, Dybala, D.Costa alle spalle di Higuaìn completano il 4-2-3-1.
De Zerbi, subentrato a Baroni sulla panchina dei campani, opta per un 3-4-2-1. Brignoli in porta; Djimsiti Ante e Di Chiara per la cerniera difensiva; Venuti, Chisbah, Viola e Lazaar nel quartetto di centrocampo; capitan Ciciretti e Cataldi agiscono a supporto di Armenteros.
La Juventus cerca di essere aggressiva fin dai primi minuti e l’atteggiamento in fase di non possesso ne è una testimonianza. Il Benevento in fase di impostazione compone un rombo formato dai tre centrali difensivi e dal supporto di uno dei due centrali di centrocampo (più Viola di Chisbah essendo il primo dotato di maggiore visione e di un piede più delicato). La Juventus esercita un’azione di disturbo sui tre difensori con Dybala e Higuaìn e a turno uno tra Marchisio e Matuidi sale su Viola per impedirgli di ricevere, girarsi e ragionare. Talvolta si alzano anche uno tra Cuadrado e Douglas Costa a seconda del lato in cui si trova il pallone per andare a formare parità numerica.
In generale comunque l’atteggiamento bianconero in fase di non possesso prevede delle marcature orientate sull’uomo che risultano molto efficaci impedendo agli avversari, anche per la pochezza tecnica, di costruire azioni ragionate. Per poco tempo abbiamo visto fasi di difesa posizionale bianconera.
La notevole differenza di qualità tra i due undici comporta quasi logicamente che il pallino del gioco sia in mano ai padroni di casa. Alternativamente uno tra Matuidi e Marchisio si abbassa sulla linea dei difensori per aiutare l’uscita in impostazione mentre i due terzini Alex Sandro e De Sciglio si alzano sulla linea dei centrocampisti. In particolare il numero 8 bianconero tenta più volte di lanciare di prima intenzione alla ricerca di Higuaìn dopo un passaggio proveniente da De Sciglio. Come sempre Dybala spazia su tutto il campo sia orizzontalmente sia verticalmente e in particolare opera il consueto scambio di posizione con Cuadrado a sfruttare la traccia interna. Il Benevento tenta di arginare le velleità torinesi schierandosi con un 4-1-4-1 in cui Venuti da esterno destro di centrocampo scala sulla linea difensiva, Ciciretti e Cataldi si abbassano sulla linea dei centrocampisti e Viola tiene una posizione leggermente più bassa rispetto ai suoi compagni di reparto. A seconda poi della collocazione del pallone e dei giocatori bianconeri i centrocampisti beneventani sono pronti a uscire per aggredire il portatore di palla al fine di evitare un eccessivo schiacciamento.
Nonostante una circolazione del pallone molto lenta e degli errori tecnici in rifinitura la Juventus dà la sensazione di poter essere pericolosa in ogni azione, in particolar modo sul lato sinistro del campo dove Douglas Costa può sfruttare i metri (anche il metro talvolta) che gli vengono concessi da Venuti. A un giocatore rapido e tecnico come lui un metro è più che sufficiente per poter puntare l’avversario e creare scompiglio nella retroguardia difensiva avversaria. Così facendo colpisce due legni in poco tempo. Uno di questi è il seguente.
Quest’azione si caratterizza per la semplicità disarmante con cui si è sviluppata: passaggio, dribbling in 1vs1 e tiro-cross. Da notare Chiellini che serve Douglas Costa senza passare per Alex Sandro al fine di velocizzare l’azione e di non consentire al Benevento di schierarsi coprendo l’ampiezza e non concedendo l’1vs1 contro Costa. Il passaggio Chiellini-Costa senza il passaggio da Alex Sandro (e quindi con un tempo di gioco in meno) è stato usato più volte nel corso del match. Al minuto 19 però si verifica l’impensato e l’impensabile: Alex Sandro concede una punizione vicino all’area di rigore che Ciciretti realizza egregiamente, complice, ad opinione dello scrivente, un non perfetto posizionamento della barriera. Questa realizzazione segue il filo conduttore dell’ultimo mese di calcio giocato juventino: primo tiro primo gol (subito). Il prosieguo del primo tempo ovviamente vede una Juventus protratta in avanti alla ricerca del gol del pareggio con un Benevento totalmente schiacciato nella propria trequarti campo. Tanto che al 33esimo minuto la situazione è già questa. La Juventus, nonostante non riesca a trovare il pareggio nel corso del primo tempo, non gioca male ma anzi si procura quattro nitide occasioni di gol a cui si aggiungono numerosi cross provenienti dal lato sinistro del campo e tre punizioni dal limite. La squadra bianconera va pertanto molto vicino al pareggio e considerando il primo tempo nel suo complesso meriterebbe anche il vantaggio. Il grimaldello a sinistra in particolare ha funzionato con continuità grazie soprattutto ai passaggi in diagonali di Chiellini che di fatto hanno tagliato fuori Ciciretti (esterno destro a centrocampo del 4-1-4-1 campano in fase di non possesso) dalla fase difensiva. Il dominio, complice anche la palese pochezza dell’avversario, è stato evidente e netto tanto che lo score dei primi 45 minuti recita 17 tiri totali contro uno. 3 soli dei 17 sono quelli nello specchio mentre 7 è il numero dei tentativi terminati fuori e di quelli bloccati. Bisogna considerare che tra quelli fuori però rientrano occasioni come la seguente.
Una Juve imprecisa e sfortunata rientra negli spogliatoi sotto nel risultato. Il secondo tempo inizia con gli stessi ventidue che hanno chiuso la prima frazione di gioco. Anche il piano gara rimane il medesimo salvo un Benevento che per dare un po’ di respiro alla retroguardia cerca di essere più aggressivo con i suoi avanti durante la fase di impostazione bianconero. Ma si tratta di un tentativo timido che la Juve elude facilmente. Non vi sono correzioni tattiche salvo una leggera modifica nello schieramento beneventano in fase di non possesso con l’abbassamento anche di Lazaar sulla linea dei difensori andando a comporre un 5-4-1. La conseguenza è, se possibile, un ulteriore schiacciamento dei campani (baricentro sotto i 40 metri) che faticano anche a uscire dalla propria trequarti sbagliando degli appoggi coi difensori per via del pressing bianconero. Al 12esimo minuto della ripresa arriva finalmente il pareggio bianconero con un’azione estremamente simile al gol di Trezeguet in Juventus-Real Madrid della semifinale di Champions League del 2003. Cross dalla destra a opera di De Sciglio, sponda di Matuidi di testa sul secondo palo, e Higuaìn che si coordina egregiamente e segna.
La Juventus in ogni caso non si ferma e continuare a premere alla ricerca del gol del vantaggio. Prima Cuadrado trova l’opposizione di Brignoli con mancato tap-in di Higuaìn, poi Matuidi inseritosi bene in area di rigore non trova la porta. Al 17esimo minuto De Zerbi opera un cambio: esce Lazaar e entra Lombardi per rendere più pericolosa la fascia sinistra. Tutto è però inutile perché al 20esimo arriva il gol del vantaggio bianconero firmato da Cuadrado su cross dalla sinistra ad opera di Alex Sandro. Evidente l’errore in marcatura di Lombardi che lascia libero dietro di sé il colombiano.
Da qui in poi la Juventus deve solo gestire e non concedere distrazioni che dopo una rimonta è sempre possibile concedere per cali mentali. Da questo punto di vista la Juve però si dimostra brava e il Benevento non abbozza nemmeno un mezzo tentativo salvo un tiro casuale dalla distanza di Cataldi. Nella girandola delle sostituzioni escono Armenteros, Costa, Cuadrado, Dybala e Cataldi per Coda, Mandzukic, Bernardeschi, Bentancur e Parigini.
La Juventus vince un match da vincere assolutamente in un periodo in cui anche con squadre incommensurabilmente inferiori si palesano delle difficoltà per colpe bianconere e per sfortuna. La squadra bianconera comunque sta dimostrando, pur con distrazione e sufficienza in alcune circostanze, di esserci con la testa e di voler continuare a vincere. Dopo lo svantaggio era necessario non innervosirsi e perseverare con calma, con testa e con più cinismo sotto porta. È un turno che fa sorridere i bianconeri per la classifica: Inter superata e meno uno dal Napoli. Dopo la sosta ci saranno gli scontri diretti ed è lecito attendere una Juve più brillante, maggiormente in condizione e magari anche più fortunata negli episodi. Per quanto riguarda i singoli bene Douglas Costa, Marchisio (primo bianconero per chilometri percorsi), De Sciglio e Higuaìn che ha giocato con grande grinta. Meno bene Dybala in un periodo in cui non è sereno nelle scelte delle giocate e nell’esecuzione delle stesse negli ultimi 30 metri. Le punizioni lasciate prima a Douglas e poi a Higuaìn sono un segnale di poca tranquillità. Ma è un periodo senza dubbio transitorio. Ottobre è passato e la Juve è più che presente.