Non era la prova del nove, ma neppure una partita qualunque. Ovviamente con gli occhi siamo ancora a San Siro, alla passività del nostro centrocampo, all’assetto trovato soltanto ai supplementari (si chiama assetto o strizza?), all’impatto di Barzagli e Pogba che non sono mai giocatori qualunque, alla dolcezza della sequenza dei calci di rigore che avremmo voluto all’Old Trafford un po’ di anni fa. Non lo era neppure per Daniele Rugani, arrivato a fine gara con le lacrime agli occhi e i polpacci spezzati dalla fatica, dallo stress, dal senso di colpa e dal fiato corto tipico anche degli stati d’ansia.
Da Rugani, ci si aspettava altro ed è lecito aspettarselo ancora. Quell’altro si chiama grado di mentalizzazione. Nonché tattica individuale e non solo di reparto, perché questa non è solo teoria della posizione del pallone applicata ai movimenti di gruppo. C’è dell’altro, a certi livelli. C’è gente brava brava che ci ha lasciato una carriera. Se non altro perché il pallone a volte ti arriva addosso. O va verso quello che viene verso di te. O di nuovo a quel tizio lì, mentre prova a scappare via.
Ciò che ci si aspettava non sono mai stati i zero cartellini gialli. Possono al massimo fare da ciliegina (rara finché stiamo ai nomi di Scirea e Barzagli nel ruolo), di interesse nella maggioranza dei casi nullo ai fini del risultato. Per cui: “mollare” adesso Rugani sarebbe peggio ancora di come fu “mollato” Criscito da Ranieri. Non va aiutato filosoficamente, va più semplicemente riconfigurato spiegandogli che i giornali scrivono con la sfera di cristallo e poi picchiano sulla cruda realtà. Partendo dalle regole del grande calcio: il corpo a corpo è il pane, la paura di sbagliare è lo sbaglio stesso, zampettare (e riuscire a fare tutto per bene) è cosa per pochi pochissimi.
La partita è lo specchio della settimana e una soluzione, nel breve, ci potrebbe anche essere. Si racconta che Rugani già in allenamento non sia sciolto, vittima di un “male misterioso”. Lo psicologo che può aiutare a sbloccare la parte tecnica c’è già, ed è l’esatta miscela tra un Bonucci e un Chiellini perché con Montero sarebbero due lingue troppo diverse. Barzagli è un esempio senza polvere. Lo psicologo decisivo, però, potrebbe essere ancora un altro.
Mi sono fatto questa idea (perché il goffo e stramazzoso fallo su Perisic non può valere): è venuta l’ora di dare un bel calcione a qualcuno, a campo aperto, alle spalle, fuori tempo. Giallo-quasi-arancione. Per dire: eccomi, ci sono! Una botta con la voce. Potrebbe essere la vera nuova vita di Rugani, il predestinato di cui nessuno ha ancora scritto il destino. Un libro bianco con una prefazione noir. Per mettere alle spalle il vero falso mito dell’ultimo VERO cartellino giallo, preso in una partita come tante altre contro un’altra squadra toscana in Serie B.
Luca Momblano