di Kareem Bianchi
Ormai ci siamo. Juventus-Real Madrid è alla porta. Scopriamo le caratteristiche principali e i punti deboli della formazione di Zidane.
Juventus-Real Madrid sarà una delle più belle finali di Champions League degli ultimi dieci anni. Si sfideranno due delle squadre più forti al mondo, con una storia ricca di successi e che sono solite incontrarsi in questa competizione.
Il Real Madrid è la squadra con il maggior numero di Expected Goals prodotti (13) e di gol fatti (16) nella fase ad eliminazione diretta e la Juventus è la squadra con la miglior difesa: 7.2 Expected Goals concessi e 3 gol subiti, tutti su calcio piazzato.
Ciò che ha caratterizzato la Juventus quest’anno è la sua propensione a concedere pochi tiri con alto valore di xG agli avversari grazie ad un ottimo reparto difensivo. Ha dimostrato la sua solidità difensiva ancora una volta nell’ultima fase della Champions League, concedendo un solo goal al Monaco, dopo aver neutralizzato l’attacco del Porto e della MSN del Barcellona.
Il Real Madrid non si è smentito, segnando in tutte le gare contro Napoli, Bayern Monaco e Atletico Madrid (11 goal su azione regolare, 2 su contropiede e 3 su calcio piazzato), dimostrando ancora una volta la sua capacità di segnare in ogni modo. Per il Real vale la frase “non è finita finchè non è finita” e uno degli attributi piu’ significativi, che riflette la mentalità di Zizou, e’ la forza mentale della squadra che permette di ribaltare qualsiasi risultato e di interpretare a proprio vantaggio le situazioni di svantaggio.
Le rimonte del Real Madrid 2016/17
Zidane e Allegri sono due allenatori che sanno variare diversi registri di gioco in base all’avversario; entrambi i tecnici hanno saputo alternare fasi di blocco basso o difesa posizionale sfruttando le transizioni a fasi di possesso palla e pressione alta.
Per tutta la stagione la Juventus e il Real Madrid hanno fatto molto turn-over. Ciò ha permesso ad ambo le squadre di avere i campioni, coloro che fanno la differenza, al top della forma per le partite decisive. Il “Real Madrid B”, composto da Nacho, Varane, Kovacic, Isco, Asensio, James e Morata, grazie alle capacità gestionali di Zidane, ha permesso a Modric, Ronaldo e Benzema di arrivare al finale di stagione con un minutaggio relativamente basso.
Zinedine Zidane ha basato il gioco del Real sulle qualità dei giocatori per trarre il meglio dai singoli. I terzini, Marcelo e Carvajal, sono una risorsa fondamentale ed hanno creato 107 occasioni da gol, con 19 assist e 2 gol. Avendo riconosciuto le qualità aeree di Ramos, Ronaldo, Benzema e Bale e le qualità tecniche di Kroos e dei terzini, Zidane ha reso i cross e i calci piazzati i metodi principali della sua squadra per la creazione di occasioni da gol. Il Real ha segnato 22 goal su calcio piazzato, il 21% della somma totale. L’ampiezza, gli inserimenti e le sovrapposizioni sono una costante nel gioco dei Blancos: Benzema si allarga molto in fascia per lasciare la zona centrale a Ronaldo e le continue sovrapposizioni di Marcelo consentono al Real di attaccare in parità numerica, creando 2v2 sulla fascia e 1v1 centralmente.
Nelle passmap si possono notare le posizioni avanzate dei terzini del Real ed i movimenti orizzontali di Benzema e Ronaldo.
La squadra madrilena ha subito due gravi perdite sulla fascia destra: Carvajal e Bale.
Ancora non ci sono certezze sulla loro disponibilità in vista della finale, ma una ipotetica assenza di due giocatori cruciali quali il terzino spagnolo e l’ala gallese, obbligherebbe Zidane a trovare nuove soluzioni e un nuovi schemi difensivi e offensivi. L’impiego di Danilo e presumibilmente Isco, che ha sostituito Bale sin dal suo infortunio con prestazioni molto convincenti, ridurrebbe però due potenziali problemi sulle fasce per la difesa juventina.
Una giocata tipica del Real consiste nel sovraccaricare un lato, facendo uscire fuori posizione il terzino e i centrali di centrocampo avversari, e cambiare gioco sul lato opposto, dove è posizionato l’uomo libero in superiorità numerica e posizionale. Un’eventuale assenza di Bale limiterebbe la squadra a cambiare gioco su un solo lato, rendendo la mossa più prevedibile.
Contro l’Atletico Isco è stato fondamentale per sovraccaricare il lato destro e uscire dal pressing grazie a triangolazioni con Modric e Kroos.
In fase difensiva il Real ha mostrato varie carenze, nonostante abbia concesso il minor numero di Expected Goals nella fase ad eliminazione diretta (5.3 xG e 7 gol subiti), Los Blancos concedono 0.833 xG a partita. Il Real Madrid ha subito 2 goal su calcio d’angolo, causati da disattenzioni in marcatura e due gol su errori dei singoli (Ramos e Navas). La Juventus è stata una delle squadre più ciniche fino ad ora (7.2 xG prodotti e 10 gol segnati) e queste lacune difensive potrebbero risultare decisive. Inoltre, Marcelo, a causa dei suoi numerosi compiti in fase offensiva lascia spesso scoperta la corsia sinistra, permettendo alla squadra avversaria di attaccare lo spazio in superiorità numerica. Il Real Madrid ha anche avuto vari problemi a gestire la profondità, concedendo verticalizzazioni a causa del posizionamento errato dei centrali di difesa. I problemi principali del Real sembrano quindi essere le distrazioni individuali, dato che nel complesso, Zidane è riuscito a trasmettere un’organizzazione di squadra in fase di non possesso.
Nell’ultima partita di Liga il Real Madrid ha schierato l’undici titolare che molto probabilmente vedremo a Cardiff : un 4-4-2 con Danilo terzino destro e Isco trequartista; Allegri potrebbe prendere spunto dal Malaga, che è riuscito a mettere in difficoltà la costruzione bassa del Real con pressing alto dei due attaccanti e blocco centrale con marcature a uomo e a zona.
Massimiliano Allegri ha voluto sottolineare in conferenza stampa che per fare una grande finale sara’ necessario prestare particolare attenzione ai dettagli. Si può quindi dedurre che il mister voglia concentrazione in fase difensiva, mantenendo buona copertura degli spazi e superiorità numerica sulle ripartenze del Real Madrid. Il tecnico toscano è un uomo molto intelligente e la Juventus saprà sicuramente interpretare nel migliore dei modi la partita di sabato sotto l’aspetto tattico, tecnico e mentale.
È’ molto probabile che Allegri schieri la stessa formazione delle ultime uscite di Champions League, con difesa a 3 per controllare la profondità e facilitare la costruzione bassa. Dani Alves in posizione di ala destra offre qualità e tecnica per uscire dal pressing e maggiore creatività rispetto a Cuadrado, mentre Khedira dovrebbe giocare al posto di Marchisio, offrendo più copertura sulla retroguardia bianconera. Come segnare il primo goal su azione alla Juventus senza subirne sarà sicuramente un dilemma da risolvere per Zidane, ma come ha menzionato Allegri nel post-partita di Bologna-Juventus “la partita sarà risolta dalle qualità dei singoli”.
La Terra dei cachi 142/ We can all be heroes
di Kantor
Quarantaquattro anni di finali; e molta vita in mezzo.
È il 30 Maggio del 1973 e sono un adolescente; seguo molto il calcio ma come si seguiva allora. Tanto “Tutto il calcio minuto per minuto”, tanta Domenica Sportiva, il secondo tempo di una partita in differita alle 19 della domenica e ,soprattutto, tanto calcio internazionale che era l’unica cosa che facevano vedere con una certa consistenza. La Juventus è in finale di Coppa dei Campioni, la prima della sua storia; l’ha sfiorata un paio di volte, una di recente con Heriberto Herrera perdendo in semifinale. Il suo avversario è l’Ajax, il più grande Ajax di sempre alla sua quarta finale consecutiva: ci sono Krol, Neeskens, Suurbier, Blankenburg, Haan, Rep, Gerd Muehren e naturalmente Cruyff. E non c’è partita; segna Johnny Rep dopo 5′ e non succede praticamente più nulla. La sensazione di impotenza è totale; molti appassionati dopo l’hanno vista registrata ma per chi l’ha vista live credo sia diverso. La differenza tecnica, tattica e soprattutto fisica è imbarazzante; la Juventus è una buona squadra, allenata da Cesto Vyckpalek. Ha Anastasi, Capello, Bettega, Zoff e Causio ma anche qualche giocatore a fine corsa come il libero Salvadore, il vecchio Altafini e il grande Haller e una difesa in cui spiccano Longobucco, Cuccureddu e Morini. La delusione esiste, ma eravamo nettamente sfavoriti.Sono passati dieci anni è il 25 Maggio del 1983; molte cose son cambiate nella mia vita. Mio padre si è ammalato ed è morto nel giro di pochi anni, io sono cresciuto, ho terminato il servizio militare da poco e sono prossimo alla laurea in Matematica. E’ cresciuta anche la Juventus che è diventata uno squadrone allenato da Trapattoni: oltre a Bettega e Zoff a fine carriera ci sono Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, Rossi, Platini e Boniek. La marcia verso la finale è inarrestabile e l’Amburgo pare destinato a fare da comparsa. Ma nelle ultime due settimane si guasta qualcosa; il campionato è finito, non ci sono più partite e alla squadra prende la paura. Si comincia molli e Magath segna un goal maledetto dopo 9′; tutti all’assalto ma nulla cambia. La delusione è atroce ed è l’inizio della presunta maledizione.
Sono passati altri due anni, è il 29 Maggio 1985 e la finale si giocherà in un notorio stadio di merda belga. La Juventus è sempre fortissima ma stavolta l’avversario è di tutto rispetto: il Liverpool è uno squadrone e ci si aspetta tutti una partita memorabile. Poi succede il disastro; quella partita non l’ho vista dal vivo, appena capii quello che era successo uscii di casa, andai a prendere la mia (futura e attuale) moglie e mi misi a vagare per le strade della mia città cercando di trovare un senso alla cosa. Dopo due mesi da quella partita mi sposo e parto per gli USA, dove resterò a lungo. Non mi ricordo quasi nulla di quella partita e nulla voglio ricordare.
Sono passati quasi 11 anni, è il 22 Maggio 1996; sono tornato in Italia, faccio il professore universitario e ho una figlia di quattro anni. Ed è ancora Ajax-Juventus. E’ la prima Juventus di Lippi, col tridente Del Piero/Vialli/Ravanelli; in campionato ha dato spettacolo per due anni di fila segnando goal a raffica ed è abbastanza favorita anche per la finale. L’Ajax è nella sua ultima incarnazione di livello: ci sono van der Sar, Blind, Silooy, i fratelli de Boer, Litmanen e Nwankwo Kanu. La Juventus gioca benissimo ma si arriva alla fine dei supplementari sull’1-1. Io sono a casa dei miei suoceri, in Abruzzo; guardo la partita da solo su un improbabile divano anni ’60 di chintz rosso, di quelli che potevi trovare solo nelle case della piccola borghesia meridionale. Mia figlia zampetta sul tappeto e mi fa compagnia. Ai rigori è l’apoteosi, giusto merito per una squadra fortissima.
Le altre due finali arrivano in rapida successione e sono due tragedie sportive. L’anno dopo, il 28 Maggio 1997, è il replay della partita del 1983; la Juventus è anche più forte dell’anno precedente, se non altro perchè c’è Zinedine Zidane. Ma l’avvicinamento alla finale è problematico: Del Piero si infortuna qualche settimana prima e Lippi lo tiene fuori dallo schieramento iniziale. La Juventus prende due goal da calcio d’angolo nei primi 35′ da Kalle Riedle e gioca piuttosto male; per molti quella è stata una partita decisa dall’arbitraggio pessimo di Sandor Puhl (che fino a quel momento era per me il miglior arbitro d’Europa), ma la realtà è diversa. Nel secondo tempo entra Del Piero, segna e pare che la partita si possa ribaltare; ma Ricken (un ragazzino a quel tempo) segna un goal in pallonetto da metà campo. E tutto finisce.
Un anno dopo, il 20 Maggio 1998, è pure peggio; veniamo da un finale di campionato terribile, avvelenato dalle follie dell’Inter. Abbiamo vinto ma la squadra è abbastanza cotta; troviamo un Real forte e cotto quanto noi e ne viene fuori una partita orripilante. Il Real alla fine segna un goal in ampio fuorigioco e non succede più nulla.
Sono passati solo cinque anni e la Juventus raggiunge la finale un’altra volta: è il 28 Maggio del 2003. Nel frattempo anche mia madre ci ha lasciato, colpita da un male incurabile. E’ la seconda Juventus di Lippi, non forte come la prima ma se la cava piuttosto bene. Eliminiamo il Barca (che schiera un giovanissimo Xavi) nei quarti e il Real Madrid in semifinale; ma in quella partita Nedved viene ammonito ed è costretto a saltare la finale. In finale troviamo il Milan, allenato da Ancelotti. E’ una squadra non eccezionale, in campionato è finita lontana: ma è il Milan e non ci teme, mentre la Juventus arriva devastata psicologicamente dalla perdita di Nedved. Lippi perde la brocca e schiera Montero terzino sinistro per fermare Sheva; ovviamente Sheva lo salta come un cono di plastica e Buffon deve fare subito un miracolo su Inzaghi. Per fortuna poi Zambrotta scende una volta a destra e il buon Ciccio si prende paura; sposta immedietamente Sheva a sinistra e la partita si impantana definitivamente. Ci si trascina stancamente ai rigori dove prevale il Milan; Dida approfitta dei colpi di sonno del modesto arbitro Merk e para tre rigori praticamente a tre metri da chi tira. Ma sono tutti ciucchi di fatica e nessuno ha la forza neanche di protestare.
E adesso siamo alla storia recente; il 6 Giugno del 2015 la Juventus raggiunge ancora una volta la finale. L’impresa è notevole e pure abbastanza inattesa ed è il primo vero segnale di che allenatore è Allegri. Siamo ovviamente supersfavoriti, incontriamo un Barca onnipotente e la partita va abbastanza secondo pronostico. Andiamo sotto subito e nel primo tempo rischiamo il tracollo; nel secondo c’è una buona reazione e pareggiamo, ma alla fine il Barca è decisamente troppo forte. Usciamo sconfitti, ma con la sensazione che non sia finita lì.
Quest’anno ci siamo ancora; il 3 Giugno del 2017 saremo a Cardiff a giocarci la nona finale. E stavolta ci arriviamo piuttosto bene, nelle migliori condizioni che io ricordi. Campionato e Coppa Italia in tasca, buona condizione fisica e giocatori quasi tutti disponibili. L’avversario è un Real molto buono ma per tutti è una partita senza pronostico. Dopo 21 anni io sarò ancora a casa dei miei suoceri anche se molte cose sono cambiate: il divano rosso di chintz non c’è più, si è decomposto negli anni. Mia figlia è grande e non verrà con noi. Purtroppo non c’è neanche più mia suocera, scomparsa nel 2011 dopo anni di lotta con l’Alzheimer. Però io sarò lì, ottimista come sempre.
Dalla prima finale che ho visto son passati quarantaquattro anni; ero un ragazzino e adesso mi avvio verso la terza età. E alla fine mi sono divertito; e conto di continuare a farlo.
Analisi tattica del Real di Zidane: come attacca e come si difende
Il Real Madrid di Zinedine Zidane è una squadra totalmente improntata sull’enorme qualità di esecuzione disseminata tra i titolari di tutti i reparti ed estesa ad una panchina che definire invidiabile è un eufemismo. A seconda degli uomini a disposizione, Zizou alterna principalmente tre sistemi: 4-3-3, 4-2-3-1 e 4-3-1-2. In ogni caso, lo stile di gioco prediletto è un calcio prettamente offensivo, basato soprattutto sulla grande produttività delle catene laterali in fase di possesso e sulle spaventose doti di finalizzazione degli attaccanti.
Il Real Madrid di Zinedine Zidane è una squadra totalmente improntata sull’enorme qualità di esecuzione disseminata tra i titolari di tutti i reparti ed estesa ad una panchina che definire invidiabile è un eufemismo. A seconda degli uomini a disposizione, Zizou alterna principalmente tre sistemi: 4-3-3, 4-2-3-1 e 4-3-1-2. In ogni caso, lo stile di gioco prediletto è un calcio prettamente offensivo, basato soprattutto sulla grande produttività delle catene laterali in fase di possesso e sulle spaventose doti di finalizzazione degli attaccanti.
La difesa a 4 è chiaramente un dogma, sia per ragioni storiche che per composizione del reparto: Marcelo da un lato e Carvajal/Danilo dall’altro sono sostanzialmente delle ali arretrate, in possesso di mezzi tecnico-atletici straordinari. Tra di loro, imprescindibile la presenza del carismatico capitano Sergio Ramos e dell’esplosivo Varane, entrambi difensori aggressivi e per questo motivo spesso tendenti a scelte rischiose.
Davanti a loro, il reparto di centrocampo titolare è composto dalle mezz’ali di possesso Kroos e Modric, forse i migliori nel ruolo in questo momento, ed il mediano Casemiro, abbastanza monodimensionale nell’interpretazione del ruolo ma unico vero giocatore difensivo della squadra.
Il reparto d’attacco titolare non ha certo bisogno di presentazioni, un occhio di riguardo va piuttosto orientato a quelle che sono le seconde scelte per Zidane: Isco, James Rodriguez, Lucas Vazquez, Marco Asensio ed Alvaro Morata sono delle vere e proprie armi di distruzione di massa a partita in corso.
L’infortunio di Gareth Bale ha rilanciato in particolar modo l’impiego di Isco, che rispetto al gallese porta in dote un’interpretazione più associativa, più da fantasista: mentre il primo possiede degli strappi e delle capacità balistiche ed atletiche da assoluto top mondiale, il secondo è un prezioso collante nella risalita del campo e diventa una interessante variabile anche in fase di rifinitura, affidata di norma all’utilizzo di cross e traversoni o giocate provenienti dall’esterno, grazie alle sue capacità di verticalizzazione dal corridoio centrale.
FASE DI POSSESSO
Gli unici giocatori a non partecipare frequentemente alle manovre di sviluppo e rifinitura sono i centrali di difesa, coinvolti in fase di possesso solo durante la costruzione bassa. La tendenza principale in costruzione è la ricerca dei terzini; se non è possibile raggiungerli direttamente da Navas o dai centrali, uno dei centrocampisti (prevalentemente Toni Kroos) si abbassa all’altezza della difesa per agevolare la superiorità numerica, ed uno (prevalentemente Modric) va subito a fornire una soluzione di passaggio più avanzata per il momento di gioco successivo. Casemiro, pur essendo sulla carta il mediano centrale, difficilmente prende parte alla costruzione bassa, limitandosi al supporto di Kroos.
Una delle costanti del Real è il movimento degli attaccanti durante lo sviluppo dell’azione. I tre svariano spesso alternando le posizioni, tuttavia uno deve essere sempre vicino al portatore sul lato forte per aiutarlo nella rifinitura e svuotare l’area, che viene attaccata centralmente dagli altri due compagni di reparto ed un terzino e/o una mezz’ala sul lato debole. L’atteggiamento cambia solo nelle sfumature in base agli uomini: Benzema Bale e Ronaldo non danno mai punti di riferimento, mentre ad esempio a Morata vengono assegnati principalmente movimenti da prima punta più classica.
Quando possibile, la soluzione prediletta è la verticalizzazione più rapida possibile, per ricercare la profondità verso l’esterno, preferita ad un consolidamento del possesso. Questo è dovuto principalmente al posizionamento in fase di non possesso dei blancos, che andremo ad approfondire più avanti; tuttavia è frequente per la squadra di Zidane trovarsi di fronte a squadre che si preoccupano per lo più di coprire la zona centrale del campo, intimoriti dal concedere la ricezione pulita a giocatori dalla tecnica spaventosa come i suoi, capaci di ritagliarsi spazi di tiro ed esecuzione anche in tempi e luoghi ristretti.
La contromisura adottata contro le squadre di questo tipo è un possesso perimetrale a ferro di cavallo, una ricerca ossessiva dell’ampiezza con poco movimento fra le linee, anche quando in campo vi è un giocatore più adatto a compiti da trequartista come Isco o un centravanti associativo come Benzema.
Il Real esaspera la ricerca dei laterali, accettando di svuotare l’area e la cosiddetta zona 14 (la trequarti centrale), al fine di costringere le maglie avversarie ad allargarsi quanto basta per pungerle improvvisamente con inserimenti con e senza palla nei corridoi centrali, oppure di sorprendere l’avversario sul lato debole e poter rifinire l’azione nella maniera preferita: cross o traversoni per le formidabili doti aeree dei finalizzatori, o ricerca del tiro dalla media distanza al primo spazio utile disponibile o alla seconda palla vinta in zona favorevole.
FASE DI NON POSSESSO
In fase di non possesso la squadra di Zidane mantiene un atteggiamento abbastanza passivo, abbozzando qualche tentativo di riaggressione immediata solo in zone molto avanzate del campo, prediligendo uno stile di difesa posizionale più attendista nella propria metà campo; diversi opinionisti attribuiscono alla fase difensiva del Real qualche vaga reminiscenza italica, tuttavia non è un attributo particolarmente appropriato, data la sofferenza nel mantenimento delle posizioni e delle marcature soprattutto se i merengue sono costretti dall’avversario sotto la linea del pallone per periodi di media/lunga durata.
Il posizionamento arcuato della linea di difesa è una costante: i terzini rimangono spesso in una posizione di altezza intermedia tra i centrali di difesa e le mezze ali, accorciando verso i portatori avversari col fine di creare superiorità numerica e poter rigiocare sul corto il pallone una volta recuperato, sempre sfruttando il collaudato meccanismo della risalita tramite catena laterale terzino-interno-ala. A non partecipare attivamente alla manovra difensiva nella propria trequarti sono spesso i 3 attaccanti, che rimangono alti per allungare l’avversario e agevolare eventuali contropiedi fungendo da riferimento avanzato.
Questo scaglionamento non troppo compatto tradisce spesso una scarsa applicazione prolungata del mantenimento corretto delle distanze
Il Real fatica anche in fase di ripiegamento, nel recupero delle posizioni. Il gran numero di giocatori che partecipa alla manovra offensiva spesso rientra in difesa in maniera blanda, ed il non utilizzo delle marcature preventive mette soventemente in difficoltà i centrali, non in possesso di uno spiccato decision making nelle situazioni dinamiche.
TRANSIZIONI
Diverse crepe emergono nelle transizioni negative. Come già detto, il Real è una squadra che coinvolge nell’azione offensiva il maggior numero di giocatori possibili, mantenendo una lunghezza media abbastanza ampia, e che non applica con efficacia e costanza le marcature preventive. Così, una volta perso il possesso, si vengono spesso a creare situazioni sconvenienti nella copertura degli spazi ampi e nella divisione delle marcature.
Le transizioni positive sono invece orientate alla risalita rapida del campo: in fase di non possesso sulla propria trequarti, gli unici giocatori a non partecipare alla difesa sotto la linea del pallone sono generalmente almeno 2: Ronaldo e Benzema. Gli stessi si scaglionano in modo tale da smarcarsi preventivamente quando ancora il possesso è in mano all’avversario, abbassandosi solo per andare incontro al portatore una volta che il pallone è stato riguadagnato e orchestrare la ripartenza con triangolazioni basilari e giocate a due tocchi.
Nell’approccio alle transizioni, sia offensive che difensive, ritroviamo dunque quell’attrazione magnetica verso la porta avversaria propria della filosofia madrilena. Se il possesso è perso in una zona alta, viene applicata una modesta riaggressione con gli uomini presenti in zona palla, tutti però poco adatti a svolgere compiti di recupero. Nella rincorsa verso la propria porta, emergono tutti i limiti di lettura difensiva dei mediani e dei difensori stessi, che restano frequentemente bloccati nella terra di mezzo tra l’intercetto e l’aggressione del portatore. Ne consegue che, quando il tentativo di riconquista immediata va a vuoto, la squadra si ritrova estremamente allungata con enormi distanze tra le linee.
Quando il possesso viene invece riguadagnato, la tendenza principale è la ricerca immediata delle giocate di coppia sul corto ad uno o due tocchi; la grande qualità in conduzione di Modric, il centrocampista più coinvolto in compiti di sviluppo e rifinitura, è spesso un fattore determinante nello schivamento del pressing avversario.
CONCLUSIONI E CONTROMISURE
In definitiva, il gioco della squadra di Zidane è di facile lettura. La manovra offensiva prevede uno scaglionamento volto alla creazione di situazioni di coppia nell’ultima trequarti di gioco: Il terzino che sviluppa lateralmente con l’ausilio dell’ala, la punta e l’altra ala che attaccano l’aerea, la mezz’ala e l’altro terzino che attaccano il lato debole. Creare sovraccarichi laterali è fondamentale per la manovra merengue, in quanto la smisurata tecnica individuale degli interpreti riesce agevolmente ad incidere anche in situazioni di enorme densità, beneficiando dell’effetto calamita sui marcatori avversari che svuotano le zone centrali.
La fase difensiva della Juve è in assoluto la migliore possibile per affrontare questa tipologia di attacco: la linea a 4 bianconera è infatti allenatissima a difendere larga e non concedere cambi di campo sul lato debole ed allo stesso tempo mantenere una compattezza orizzontale impenetrabile. I raddoppi costanti delle ali e le perfette letture tattiche difensive dei due mediani possono costituire un muro difficilmente scavalcabile dai blancos.
Tuttavia, è in fase di non possesso che emergono i più grandi limiti dei Campioni uscenti: applicando un pressing aggressivo solo in fase di costruzione bassa dell’avversario e volendo orientare nel resto del campo il recupero palla prevalentemente sulla copertura delle linee di passaggio, i giocatori di Zidane vengono spesso tagliati fuori da squadre che hanno buone doti di palleggio e tempi di uscita intelligenti.
Lo spazio che si viene a formare tra la difesa ed il centrocampo è dunque facilmente aggredibile: l’asse Pjanic Dybala/Higuain può risultare pericolosissimo sulle verticalizzazioni centrali. Interessante può essere anche lo sviluppo della manovra sul vertice destro bianconero, con le triangolazioni tra la Joya e Dani Alves che rischiano di essere un vero e proprio incubo per la difesa ad arco del Real, che prevede una diagonale lunga tra il centrale ed il terzino di riferimento. Gli ormai brevettati uno-due del 23 ed il 21 bianconeri possono essere un’arma importante per attaccare lo spazio alle spalle di Marcelo ed attrarre Sergio Ramos all’uscita verso l’esterno, propiziando distanze orizzontali nella linea difficili da coprire per il resto del reparto.
La Juve è obiettivamente un cliente scomodissimo per il Real, sia che decida di utilizzare un approccio attendista per sfruttare le difficoltà madrilene nelle transizioni difensive, che optando per il dominio del pallone, costringendo il real a lunghi periodi di stress tattico e mettendo a nudo i limiti di tenuta di diversi dei suoi uomini in questo senso.
Si tratta tuttavia di due squadre dall’identità e dai principi di gioco ben definiti, che a prescindere dai ballottaggi Barzagli/Cuadrado o Bale/Isco, metteranno in campo gli spartiti che ne hanno caratterizzato questo biennio di successi. Le sfumature saranno minime, ma in una finale anche il minimo dettaglio ha un peso specifico enorme.