Nel maggio 2010, quando Andrea Agnelli ha ereditato la presidenza di Juventus la situazione economica non era certo delle migliori (e le prospettive anche peggio), il settimo posto in Serie A escludeva Juventus dalla UEFA Champions League e da suoi ricavi. Per queste contingenze, il bilancio del primo anno di gestione, il secondo approvato, segnava il secondo peggior risultato dal 2005, dopo quello dell’ anno di Serie B. Il rosso da 95,4 milioni di euro nel settembre del 2011, è stato certamente il punto più basso ma allo stesso tempo il momento in cui ripartire. Il 2011, infatti, ha portato anche buone notizie: il necessario aumento di capitale da 120 milioni interamente sottoscritto e l’inaugurazione dello Juventus Stadium. Nel grafico sottostante sono riportati alcuni momenti chiave nello sviluppo dei ricavi e del brand. Tra questi vanno certamente citati, l’inaugurazione dello Juventus Stadium nel 2011, il ritorno in Champions League nel 2012, la finale di Berlino nel 2015, i nuovi contratti di sponsorizzazione con Jeep e Adidas e la scelta di vendere le maglie da gara per conto proprio nel 2016, la finale di Cardiff nel 2017 e in ultimo, la presentazione del nuovo logo e la cessione dei diritti di naming dello stadio ad Allianz nel 2018.
I primi 8 anni di presidenza Andrea Agnelli, hanno portato ad una crescita importante dei ricavi strutturali, escludendo cioè le plusvalenze da player trading. I ricavi sono passati da 153,9 milioni di euro a 402,3 milioni di euro, con una crescita del 161%, il record nel 2017 nell’anno della finale di Cardiff con 411,5 milioni (i dati ufficiali dei bilanci Juventus li trovate qui), segnando una crescita media di 35,5 milioni per anno, con una percentuale di crescita media del 15.5%.
Juventus è cresciuta in tutti e tre i settori fondamentali, il trend è mostrato dal grafico sottostante. Per semplicità gli altri ricavi sono stati aggregati a quelli commerciali: +44,8 milioni (+386%) per i ricavi da matchday; +111,5 milioni (+126%) per i ricavi da diritti tv; +92,1 milioni (+172%) per i ricavi commerciali.
Nel corso dei primi 8 anni, Juventus è sempre cresciuta ad eccezione del 2018, in cui la leggera flessione è stata causata dalla precedente over-performance dei ricavi da diritti TV nell’anno della finale di UEFA Champions League a Cardiff nel giugno del 2017. L’avvento del nuovo stadio ha portato i ricavi da 11,6 milioni a 56,4 milioni. Gli otto scudetti consecutivi (sette quelli del periodo in esame) hanno permesso l’incremento dei ricavi sia dal punto di vista commerciale che dei diritti TV grazie a: bonus erogati dagli sponsor per la vittoria del campionato e la partecipazione alla UCL; ripartizione premi UEFA Champions League. I ricavi commerciali sono cresciuti principalmente grazie ai nuovi contratti di sponsorizzazione con Jeep e ADIDAS, all’introduzione della vendita privata del merchandising e alle iniziative legate al nuovo stadio al di fuori del match-day. I ricavi da diritti TV sono cresciuti in seguito al ritorno in UEFA Champions League nella stagione 2012-13, alle rinegoziazioni per i diritti della Serie A e della UEFA Champions League nel triennio 15-18 con picchi in corrispondenza delle due finali di UEFA Champions League disputate nel 2015 e nel 2017. Il grafico sottostante fornisce un dettaglio degli elementi chiave anno per anno nell’incremento dei ricavi.
Nel corso dell’attuale gestione, il management è riuscito non solo ad aumentare i ricavi ma anche a bilanciarli meglio. Nel 2010 gli introiti da diritti tv erano infatti ben il 67% dei ricavi totali, percentuale scesa al 50% del 2018, con incremento nella composizione sia nei ricavi da stadio (da 8% a 14%), che nei ricavi commerciali da (25% a 36%).
Le buone performance sin qui evidenziate, come detto, non sono state sufficienti però a colmare il gap economico che si è venuto a creare con i principali club europei. Di fatto la Serie B e i conseguenti 6 anni di stagnazione in aggiunta a un sistema Serie A poco competitivo, dopo l’avvento della contrattazione collettiva dei diritti TV, hanno fatto sì che Juventus accusasse un ritardo di 9 anni rispetto al Real Madrid: in termini di ricavi, i nostri 402,3 milioni di fatturato del 2018, il Real Madrid li aveva realizzati nel 2009. Tuttavia Andrea Agnelli non si è rassegnato all’idea di raggiungere la prima fascia di ricavi. L’obiettivo è sempre stato crescere nei ricavi, agendo sui tre comparti principali, favorendo la crescita del valore del marchio.
Come è noto, il fronte diritti TV non è pienamente sotto il controllo della società. Nella stagione 2017/18 la Juventus ha fatturato 51,4 milioni in meno rispetto alle due finaliste di UEFA Champions League, certificando un gap non elevatissimo, ma difficilmente da colmare senza il supporto del sistema Serie A. Real Madrid e Barcellona continuano a godere dei vantaggi offerti dalla contrattazione individuale, mentre la Premier al momento è irraggiungibile con ricavi quattro, cinque volte superiori rispetto alla Serie A.
Per la Juventus rimane comunque fondamentale la partecipazione alla UEFA Champions League e in quest’ottica gli scudetti e la costruzione di una rosa ogni anno sempre più competitiva mettono di fatto al sicuro i ricavi erogati dalla massima competizione europea. La Juventus ha potuto godere di un periodo favorevole, massimizzando gli introiti internazionali e portando a casa un totale di 471,3 milioni, risultando la squadra con i maggiori guadagni nei sei anni dal 2013 al 2018.
I ricavi da match-day hanno usufruito dell’inaugurazione dello Juventus Stadium, il totale nei 7 anni dal 2012 al 2018 è stato di 320,2 milioni, con un picco di 57,8 milioni nell’anno della finale di Cardiff. Nella speciale classifica di Deloitte per il 2018, Juventus si piazza all’undicesimo posto, considerando i primi 11 club della DFML 2019, con una media di affluenza per partita di 36.510 spettatori e un costo annuo medio per spettatore di 1.402 euro.
I ricavi in questo settore hanno ancora margine, ma sono comunque limitati dalla ridotta capienza dello Stadium rispetto ai competitor. Dal grafico sottostante è evidente che anche assumendo un costo medio per anno per spettatore uguale a quello massimo del Real Madrid di 2.162 euro ed una percentuale di riempimento del 100%, sfruttando a pieno tutti i 41.507 posti, si arriva a un massimo possibile di 89,7 milioni, il Real Madrid con i suoi 145 milioni è ancora distante, e nonostante non sia ancora in progetto, l’espansione o la realizzazione di un nuovo stadio con una maggiore capienza appare l’unica via concretamente percorribile per aumentare i ricavi da match–day.
Il settore dei ricavi commerciali è invece quello con le migliori prospettive di crescita. La fotografia che Deloitte fa nel 2018, colloca Juventus con i suoi 143,3 milioni, al nono posto, con ben 212,9 milioni in meno rispetto al Real Madrid. Questa classifica è dominata dai quattro competitor storici, che nel corso degli anni hanno avuto la possibilità di accrescere il valore del loro marchio. La Juventus ha accresciuto la sua notorietà a livello internazionale grazie anche alle due finali di Champions League disputate nel 2015 e nel 2017, ma l’impatto sulla vendibilità del marchio è stato relativo – i valori delle cifre di sponsorizzazione di Jeep e Adidas sono lì a testimoniarlo – con un valore complessivo di 40 milioni, esclusi bonus, con contratti attivi a partire dalla stagione 2015/16. La vendita in proprio di merchandising e maglie da gara ha portato valore aggiunto, 60,5 milioni totali nei 3 anni dal 2015 al 2018, un trend in crescita con 27,8 milioni nel 2018, ma i numeri rimangono ancora distanti da quelli dei top club.
Negli ultimi anni Juventus ha messo in atto varie iniziative per favorire l’aumento dei ricavi e la promozione del marchio. Tra le più importanti: il lancio del nuovo logo, la creazione della propria linea di abbigliamento e il rafforzamento della gestione degli account social; tutte iniziative che necessiteranno di tempo per dare pieno frutto ma che sin da subito hanno avuto un riscontro positivo, allargando la fan base e incrementando i ricavi.
Il gap economico con le big europee
Lo scorso gennaio Deloitte ha pubblicato il suo report annuale, la Football Money League 2019 stilando per il quattordicesimo anno consecutivo la classifica dei club con i maggiori ricavi del calcio europeo. La DFML fornisce una fotografia degli introiti dei più importanti club europei, esclusi gli introiti provenienti dal player trading, facendo riferimento ai dati ufficiali disponibili e relativi alla stagione sportiva appena conclusa. Il grafico sottostante, di per sé eloquente, attesta che per il 12esimo anno negli ultimi 14, il Real Madrid è il club con i maggiori ricavi nel panorama europeo con i suoi 750,9 milioni di euro. Per la prima volta dal suo ritorno in Uefa Champions League, cioè dal 2013, Juventus esce dalla top 10 assestandosi all’undicesimo posto dietro al Tottenham che la ha scavalcata.
Nonostante le ottime performance economiche e sportive dell’era di Andrea Agnelli, il gap economico rispetto alla prima è continuato a crescere passando dai 247 milioni di euro del 2013 (+91%) ai 356 milioni del 2018 (+90%), certificando che se Juventus cresce, il Real Madrid continua a mantenere mediamente quasi il doppio dei ricavi.
Tuttavia non è stato sempre cosi, perché agli inizi degli anni 2000, Juventus era stabilmente nella top 5 per ricavi, quarta nel 2005 e terza nel 2006, ad appena 41 milioni di euro di distanza dal Real Madrid, che con i suoi 292 milioni di euro, fatturava appena il 16% in più. Nell’estate del 2006, lo scoppio di Calciopoli e la retrocessione in serie B hanno creato un punto di discontinuità, arrestando di fatto il processo di crescita economico e di immagine di cui hanno invece usufruito i maggiori competitor di quel periodo: Real Madrid chiaramente, ma anche Barcellona, Bayern Monaco e Manchester United. Questi quattro club a partire dalla stagione del ritorno di Juventus in Serie A nel 2007/08, hanno cannibalizzato i primi quattro posti della Deloitte Football Money League.
Purtroppo la DFML non è stata l’unica cosa ad essere stata cannibalizzata. Infatti l’elevata capacità di spesa è stata pienamente messa a frutto, consentendo a questi club di portare a casa 10 delle ultime 14 edizioni della UEFA Champions League (fino al 2018). Il grafico sottostante, se mai ce ne fosse bisogno, rafforza il concetto che per chi ha più soldi vincere è più facile. Se la differenza di fatturato tra vincente e perdente della finale è piuttosto ampia (come è successo a partire dal 2013) vincere, per chi ha molti più soldi, è ancora più probabile.
Negli ultimi 14 anni (escluso il 2019), solo in tre occasioni la vincente ha fatturato più della perdente, il Liverpool nel 2005, quello del 3-0 a fine primo tempo contro il Milan, l’Inter nel 2010, il cui fatturato veniva puntualmente rimpinguato a fine stagione dagli aumenti di capitale di Massimo Moratti per coprire gli ingenti buchi di bilancio, e il Chelsea nel 2012, la cui differenza con il Bayern Monaco era per la verità piuttosto esigua.
A partire dal 2008, Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco e Manchester United hanno innescato un meccanismo virtuoso fatto di vittorie, crescita del fatturato e crescita del marchio, che nel giro di un decennio le ha portate a scavare un solco importante con tutti gli altri club europei. A inizio del 2019, KPMG football benchmark, ha pubblicato il suo report annuale, The European Elite 2019, stilando la classifica dei club più preziosi nel panorama europeo. Ancora una volta, i sopracitati club occupano le prime posizioni.
Questa speciale classifica evidenzia che Juventus, oggi per valore, sta dietro non solo ai già citati quattro, ma anche ad altri cinque club, che non a caso militano nel campionato di calcio più ricco e famoso al mondo, la Premier League. Il fatto che questi cinque club, a cui si somma il PSG dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani, precedano la Juventus anche nella Deloitte Football Money League 2019 non è ovviamente una coincidenza.
Eppure nel 2013, come mostrato nel grafico seguente, Juventus fatturava più o meno allo stesso modo di Arsenal, Manchester City e Chelsea e più di Liverpool e Tottenham.
Se si guarda all’andamento storico del fatturato della Juventus alcune cose appaiono abbastanza chiare: primo, la retrocessione in serie B ha comportato un danno enorme sia a livello economico che di immagine e ha precluso un tentativo di sviluppo simile a quello di Real Madrid e delle altre ricchissime; secondo, la gestione di Cobolli Gigli-Blanc ha appiattito la crescita dei ricavi, portando il fatturato della stagione 2010-11, primo anno di presidenza di Andrea Agnelli, simile a quello della stagione di B di quattro anni prima; terzo, nonostante le buone performance economico-sportive della Juve, a partire dal 2013 l’assenza di un sistema Serie A competitivo con la Premier League, come più volte rimarcato dallo stesso presidente Andrea Agnelli, ha contribuito in maniera determinante all’incremento del gap economico anche rispetto a club di livello inferiore ai rivali storici, collocando Juventus in terza fascia in compagnia di Arsenal e Tottenham.
Nel giro di un decennio Juventus ha accumulato un ritardo economico piuttosto ampio, innescato dalla retrocessione in Serie B ma amplificato da un sistema Serie A non più propriamente competitivo. Questo si è ovviamente riflesso sulla capacità di mettere sotto contratto i giocatori più importanti, come avveniva invece a cavallo degli anni 2000, e di conseguenza sul rendimento nella massima competizione europea.