L’estate di Barcellona e del suo futbol club più famoso è stata tra le più tormentate della storia catalana. Si sono susseguiti attimi di incomprensione, panico e sgomento senza soluzione di continuità, prima sentimenti calcistici per il clamoroso addio di Neymar JR, stella del presente e soprattutto del futuro prossimo pallonaro, al PSG, poi, purtroppo, per qualcosa di ben più grave come il tragico attentato terroristico del 17 agosto sulle ramblas. Un mese da dimenticare, da cancellare dalla memoria collettiva del popolo blaugrana, segnato anche dalla disfatta amarissima in supercoppa di Spagna, contro gli odiati rivali di sempre del Real Madrid.
Un’impresa, però, quella di rivitalizzare il team del Camp Nou, decisamente alla portata del superbo allenatore nativo di Viandar de la Vera, che non ha mai perso il controllo del volante, nemmeno nei momenti più duri, e si è accorto che, tutto sommato, bastava una mossa per ridare slancio ai penta campioni d’Europa. Seguendo l’esempio dato dalla società (iper discussa per la mala gestione del mercato interno, e di quello generico in entrata), che un mese prima aveva scelto di puntare tutto sull’icona argentina (si poteva fare altrimenti?) lasciando partire O’Ney, Valverde ha deciso di riportare Messi al centro del villaggio culè in tutto e per tutto, riproponendolo, per lunghi tratti dei match disputati, da falso nueve del 4-3-3. Un ruolo, quello di centravanti, che aveva esaltato in maniera eclatante le doti realizzative della ‘Pulga’ sul finire dell’epoca Guardiola e che lo ha immediatamente riportato al suo massimo splendore. Real Betis, Deportivo Alaves ed Espanyol, le tre squadre incontrate sul cammino di Liga dal Barca, ne hanno assaggiato la potenza di fuoco: gol (5), assist, legni e giocate sontuose a ripetizione. Un sussulto poderoso, che ha scosso una squadra che sembrava essersi adagiata su un cuscino di aurea “mediocritas” (paragonando l’ultima annata al recente passato).
Da vero leader, da Capitano (c maiuscola), Messi si è preso sulle spalle una truppa in difficoltà, emotiva ancor prima che tecnico-tattica, riproiettandola immediatamente alla dimensione che spetta al Barcellona, quella del colosso mondiale. In attesa che le altre due stelle dell’attacco tornino o inizino a splendere, con Suarez che sta pian piano ritrovando brillantezza e Dembele appena lanciato nella mischia (e pronto a ripercorrere il cammino del suo predecessore Neymar), il suo rendimento sensazionale ha facilitato anche l’inserimento di Deulofeu e in parte di Alcacer, che venti giorni fa parevano corpi estranei al progetto, negli schemi offensivi blaugrana. Rispetto al deludente avvio di annata, sono saliti di tono anche le due mezzali Rakitic e Iniesta, giocatori di livello mondiale, che garantiscono spinta offensiva e geometria con pochi eguali sul globo, ma rispetto alle versioni migliori dei catalani hanno avuto notevoli difficoltà quando si è trattato di correre all’indietro. Ecco perchè, nonostante gli zero gol subiti in campionato (grazie anche ad un Ter Stegen super ed a qualche legno amico), il pacchetto difensivo di Valverde ha ballato abbastanza e potrà essere attaccato con efficacia non solo nel mezzo, dove Piquè ed Umtiti hanno limitato i danni, ma anche ai lati, dove Semedo e Alba non sono irreprensibili.
Come detto la sera del sorteggio (qui), il Barca di oggi fa meno paura, ma se Messi è al centro del villaggio, guai a pensare anche solo per un secondo di poter avere vita facile al Camp Nou. Il banchetto da tre punti andrà sudato ardentemente.