Avete già letto l’intervista di De Laurentiis alla Gazzetta evidenziata a tutta pagina sulla prima della rosea di ieri mattina?
Se non l’avete ancora fatto, dedicategli cinque minuti di tempo perché apre gli occhi anche ad un cieco su quale sia il momento che sta vivendo il calcio italiano. Ci sono alcuni passaggi di tale intervista oggettivamente inquietanti, o per lo meno potenzialmente oggettivamente inquietanti se stessimo parlando di un contesto normale, se gli addetti ai lavori si muovessero secondo logiche professionali, se i tifosi non fossero influenzati da un clima d’odio creato ad arte giorno dopo giorno, anno dopo anno, per trasformare tutto in un gigantesco sistema di marketing. Marketing perché il gossip fa vendere, perché l’odio conquista le masse più facilmente e più velocemente rispetto alla qualità, al confronto intelligente.
Quest’intervista la si spiega in parte anche senza leggere le risposte, che rientrano nel copione che DeLa recita alla perfezione perché sa quali fili tirare per suscitare l’entusiasmo della sua gente, la prima a risentire di quei meccanismi malati di cui sopra: sono più le volte che la Juventus è citata dall’intervistatore anziché dall’intervistato. Fra l’altro il più di queste più volte è un’istigazione programmata: “gira voce fosse proprio la Juve a mettervi i bastoni tra le ruote (…), il Bayern, società alleata Juve, ha fatto interferenza su younes (…), al Napoli il VAR piace, alla Juve no”, il festival del qualunquismo vinto a mani basse, perché se queste sono le posizioni in rosa (non domande di un’intervista, ma stilettate lanciate lì senza dubbi), poi per chi legge, per chi si fida del blasone del primo organo d’informazione nazionale, è normale pensare “eh, se lo dice la Gazzetta allora è vero, la Juve è il cancro del calcio italiano!”, giusto per non esagerare con le parole.
Certo, poi DeLa mette i suoi carichi da 11 sul tavolo dove si sta giocando questa partitella a briscola fra intervistatore ed intervistato, anche se i fini evidenti sono – altro aspetto inquietante – probabilmente differenti ma corrono verso la stessa direzione. Che poi ci può anche stare che il presidente di una squadra di calcio provi ad usare tutte le armi di cui dispone per raggiungere un obiettivo, è comprensibile, ma, ripeto, che un pezzo di storia del giornalismo italiano vesta i panni del megafono di parte, considerando quanto già detto prima, fa rabbrividire: “gli Agnelli sono la famiglia più potente d’Italia, possono silentemente creare condizionamenti a tutti i livelli (…), il Napoli fattura un terzo della Juve, ma i nostri conti sono migliori dei loro (…), Juve, Bayern, Eca, Uefa, che film (…), le sviste arbitrali o varriane saranno decisive nello scontro scudetto”, tutto accettato e tramandato ai posteri. Capito di cosa stiamo parlando?
Guardatevi allo specchio, fatevi un esame di coscienza tutti quanti, questo è il contesto: il giorno in cui ci scapperà il morto, perché prima o poi la tragedia presenterà il conto (come se poi già la storia non abbia al suo interno vigliaccate di questo calibro, ma nessuno ha ancora imparato la lezione fra coloro che potrebbero far saltare il banco di questo schifo), non meravigliatevi. Avete una dignità, professionale o da tifoso che sia? Si, senza dubbio, ed allora rispolveratela e cominciate a preservarla prima che sia troppo tardi!