IL MERCATO A MEZZANOTTE (11-7-16): Hamsik, Reus e altre cattiverie di Marotta

Il momento migliore fare memorabili figure. Ecco perché è bello occuparsi, in maniera tangenziale, anche di mercato. Figure da giudicarsi talvolta solo a distanza di tempo, a freddo, un po’ come quelle di Pogba a Euro2016. La sua finale la Juventus l’ha già in qualche modo persa 11 mesi or sono, e dunque non è quella di Berlino. Di mercato stiamo parlando. E, appunto, una finale di mercato è diversa da una finale sul campo, perché si possono architettare e improvvisare incastri che rimettono le cose a posto. Come un cubo di Rubik che all’improvviso, sul più bello di piazza il quadratino verde sulla facciata rossa. Che nervoso. Però poi vince la testardaggine, la convinzione di aver lavorato per un obiettivo, unita all’ingegno. Funziona così, a volte, quando arriverai a poter tirare le somme.

Pogba va o Pogba viene è il corpo dell’estate. Peccato. Perché con il nuovo mantra comunicativo societario chiamato Champions (parola presente praticamente in ogni frase proferita da ogni tesserato) si fa fatica a capire che la sostanza della missione è apparecchiare il contorno a dovere. Con o senza Paul. Sul quale, ripeto, ascolteremo lo United e il nostro numero dieci (nota bene: lui, le cui parole saranno quelle di Mino Raiola). Non si va oltre fine mese. I Red Devils sono ancora una società seria. Dentro o fuori. Al che avranno molto altro a cui pensare. Nessun sotterfugio, nessuna manovra. Si parla ormai tra pari (nonostante la disparità delle ultime stagioni ma, appunto, sono seri anche in Galileo Ferraris al punto da capire quanto sarebbe deprimente gonfiare troppo il petto). Conforta sapere che nulla può sorprendere questa Juve. E’ un messaggio eccezionale. Con la scelta di un eventuale dopo che ha preso forma e sembianze. Costa come Andrè Gomes, è più scafato ed esperto, certamente più “depresso” del portoghese per ciò cui la carriera gli può aver offerto in termini di titoli. E, soprattutto, è l’uomo che attutirebbe la logica smorfia di Max Allegri. Sei lettere. Hamsik. Circolano le cifre, per il momento evitiamole. C’è qualcosa di grosso qui dietro. Qualcosa certamente più grosso di me e di voi. Piedi per terra, ma occhi in quella direzione.

E Reus, direte voi? Che c’entra con l’argomento di cui sopra Reus? Niente. Meglio evitare di pestare la cacca delle considerazioni economiche virtuali. Reus piace a prescindere. Piace il suo potenziale impatto “totale” sulla fase offensiva. E’ scontento. Ora lo sappiamo. Provare a sgranare la fila è legittimo quanto lodevole. I milioni sono meno di 50, più comunque di qualunque calciatore che nell’immediato non ti consenta di poter pensare di spostare gli equilibri (per esempio, in questa tipologia oggi come un mese fa non può e non poteva rientrare André Gomes, giocatore su cui l’opinione del club non è mutato di una virgola così come l’offerta).

Parola magica: equilibratore. Mamma quanto piace. Piace perché porta dritti al pensiero del rombo. Ad Allegri come questo Allegri torinese potrebbe essere. Chissà. In attacco Pjaca più uno, con Zaza che si sente alla porta forse per aver chiesto cose che non si chiedono. Non è detta l’ultima parola né su un fronte né sull’altro. Ma i parametri di crescita annuale per il croato che si promise al Milan (in media 2 milioni a stagione contro gli 800mila che chiedeva Natilelic a inizio giugno) e la spinta dell’enturage tutto di Zaza a che accetti Wolfsburg o qualcosa del genere sono indicatori forti. Su Cuadrado ho twittato la mia verità, iniziata con una notizia di fine maggio. Su Rugani 143mo tentativo dell’Arsenal, primo dell’Everton con Sassuolo che è l’unico che, stranamente, a oggi può sperarci.

Vi pjace messa giù così?