Il paese dei frustrati

Rieccoli al lavoro, i frustrati di casa nostra. Chissà se se ne rendono conto, o se ormai completamente abbandonati dalla lucidità sono davvero convinti di fare del buon giornalismo.

Siamo partiti, quest’anno, nel giocare con i siti espressamente tifosi del Napoli, che prima ringraziavano il salvifico Var per poi cominciare a vedere scandali ovunque, anticipare news imbeccati dal procuratore federale ultrà (sob!) e prevedere sentenze choc per Agnelli; a fare i tifosi insomma, perché tifosi dichiarati erano e sono dichiaratamente.

Man mano si sono uniti i media nazionali, spesso indistinguibili dai siti più schierati, come ormai accade con disarmante continuità, anno dopo anno, in una deriva di cui ogni volta crediamo di avere visto il punto più basso, venendo costantemente smentiti.
Lo abbiamo pensato dallo stadio ormai a un passo dal crollo, ne eravamo certi nei mesi successivi al celebre gol di Muntari, quando ogni sconfitta del Milan (pure contro Amauri in casa, un mese e mezzo dopo) veniva ricondotta a quell’errore, nonostante i mille rigori a favore (compreso l’ultimo, comico, contro l’Inter in un derby potenzialmente decisivo).
Peggio di così, pensavamo dopo il primo scudetto di Conte, non potranno fare.

Negli anni successivi, la Juve ha vinto scudetti con distacchi infiniti, senza mai una volata finale, eppure abbiamo letto di tunnel sotterranei nello stadium per eludere la squalifica di Conte, di squadre che si scansavano (polemica storicamente confinata nei bar di paese, assurta in questi anni a tesi da commentare seriamente, sui media nazionali), di testate immaginarie all’arbitro e rimaste impunite, di direttori di gara da cambiare prima della sfida decisiva (Rizzoli, non adatto per Liguori and co e dunque cambiato – con Orsato, peraltro, al tempo ancora non inviso ai nostri), fino all’anno scorso, quando, in un campionato senza grandi emozioni, ci ha pensato la solita Inter a scatenare i suoi vip e media assortiti dopo uno Juve-Inter non entusiasmante e vinto per 1-0 dai bianconeri. Tre giorni dopo, la Gazzetta, quella che a parole ambisce a fare un giornalismo di qualità, titolava a tutta pagina “Video attack – L’Inter accusa Rizzoli con immagine inedite”, immagini relative a un calcio di punizione nella nostra metà campo battuto in fretta dalla Juve e fatto ripetere mentre stava per finire tra i piedi di un interista. La polemica era partita alla fine della partita, nessuno sapeva bene su cosa: un mezzo rigore qua, un altro là, per poi trovare la sua consacrazione 72 ore dopo con un video scovato da Inter Channel.

Tutto questo, mentre alla Juventus si avvicendavano, oltre allo zoccolo duro di Buffon-Bonucci-Chiellini-Barzagli-Marchisio, giocatori come Pirlo, Vidal, Pogba, Khedira, Tevez, Dybala, Higuain e compagnia. Altrove, l’entusiasmo folle dei tifosi e dei soliti media, andava agli acquisti strapagati di Gabigol e Joao Mario, André Silva e Kalinic.

E’ questa roba qua, la frustrazione: noi, che abbiamo appena vissuto un brutto mese tra batoste al 90’ e punti buttati qua e là con squadre meno forti, con il Napoli in rimonta, possiamo solo immaginare cosa voglia dire vivere oltre 6 anni così.

Arriviamo a sabato, dunque, non dimenticando mai il contesto ora descritto, altrimenti diventa impossibile comprendere fino a fondo il livello di frustrazione: la partita, intanto. Dopo un inizio bianconero e relativo vantaggio, la Juve si spegne e viene fuori l’Inter, nonostante sia in dieci dal quarto d’ora. Ha più testa, cuore e voglia, pareggia, ci sorpassa, continua a provare a pressare, alla fine Spalletti decide di arretrare un po’ troppo, non esce più, mentre da noi entra Dybala, Cuadrado sale a fare l’attaccante aggiunto e arrivano i due gol dell’insperato e quindi ancor più meraviglioso sorpasso. Juve involuta e stanca, Inter grintosa e tosta, con qualche errore finale che le fa sciupare una vittoria ormai ottenuta.
L’arbitro, poi, perché in Italia, quando vince la Juve, il commento alla partita si riduce al commento della moviola: ovviamente mi rifiuto di commentare qui ogni intervento e ogni giallo. Mi affido alla moviola di Marelli, ex arbitro che nel suo blog spiega bene le cose, e sostanzialmente (spero di riassumere correttamente, ma il link è qui) afferma che il fallo di Vecino è da espulsione (al netto di una possibile anomalia nell’applicazione del protocollo Var, comunque ignorata nelle polemiche del live e del post partita), Pjanic dovrebbe beccarsi il secondo giallo al 56esimo, Barzagli merita il giallo ricevuto e poi, nei commenti, afferma che se l’arbitro avesse concesso un rigore a Matuidi non avrebbe avuto nulla da ridire. In breve, dunque: al netto di qualche incertezza, manca il secondo giallo a Pjanic dopo un’ora di gioco e, forse, un rigore alla Juve.

Legittimo dunque protestare per chiedere un’espulsione che comunque, anche a mezz’ora dalla fine, potrebbe cambiare la partita; legittimo, se ci si fermasse a questo. Non ci sono gol annullati, rigori inventati, l’espulsione di Vecino è sacrosanta, l’Inter è meritatamente in vantaggio fino a 3 minuti dalla fine. Poi perde, spegnendo così le grida nelle case e nelle pizzerie napoletane e l’entusiasmo in certe redazioni.

Il giorno dopo, il Napoli parte male, Koulibaly si fa subito espellere e non reagisce mai, prende 3 gol senza un briciolo di testa e cuore. Tutto questo, quando vincendo sarebbe tornato a meno 1, con la Juve attesa ancora, tra le altre partita, dalla durissima trasferta di Roma. Anche questo, sparito dalle cronache.

C’è spazio solo per le moviole, il resto non esiste più. E non c’è da sorprendersi, con un’informazione sportiva ridotta così, in cui si deride un giocatore leggendario per delle frasi di troppo dette a caldo mezz’ora dopo un rigore decisivo all’ultimo secondo ai quarti di Champions League ma si dà di matto per giorni, settimane, mesi, anni o decenni per una mancata doppia ammonizione a mezz’ora dalla fine in una partita di campionato.

Sky, nel 2018, manda Bergomi a commentare Inter-Juventus. Ero allo stadio, ma gli echi della sua cronaca mi arrivavano perfino da tifosi terzi, comunque più antijuventini che altro: “il tocco di Vecino è leggero”, il rosso inesistente e così via, in una cronaca che Scarpini su Inter Channel ha fatto in modo più professionale ed equilibrato.

Anche la Gazzetta afferma che il rosso per Vecino è esagerato, ma per l’intervento di Masina che vedete qui scrisse di “entrata killer” e di “Valeri salvato dal Var”. Il Corriere della Sera, dopo una domenica online con una serie di articoli a senso unico, compie il suo capolavoro il lunedì, due giorni dopo la partita, con maxi foto di Orsato in prima pagina, tipo killer, e neanche un mezzo riferimento alla netta sconfitta del Napoli: i suoi lettori, evidentemente, devono indignarsi per la Juventus, non c’è spazio per le notizie.

L’Ansa riporta voci su una Figc pronta ad aprire un’inchiesta per due video grotteschi che girano sul web: in uno, Tagliavento versione ultrà Juve non riuscirebbe a trattenersi e griderebbe “dai che la vinciamo nel recupero”. Nell’altro Allegri farebbe i complimenti a Tagliavento per la prestazione di Orsato, ovviamente pro Juve: il tutto ovviamente davanti a microfoni e telecamere.
Grotteschi, ma non importa: via con i retweet, i like, le indignazioni per le più clamorose ed evidenti bufale, con una massa indistinta che no sa più distinguere non dico il vero rispetto al falso, ma quantomeno il verosimile rispetto all’inverosimile, sennò in fondo non saremmo in Italia nel 2018.

La situazione ahimè è questa, e qui altro che distinzioni tra tecnico e classico, come farebbe Serra, qui i video vengono presi sul serio da semplici tifosi, vip, giornalisti, gente che si dà pure delle arie, che il giorno prima e il giorno dopo fa battaglie contro le fake news e lì capisci a che punto siamo con l’informazione in generale, altro che calcio e Juventus.

Citiamo volontariamente solo Sky, Gazzetta, Corriere della Sera e Ansa: il gotha dell’informazione italiana. Il resto, quei noti giornalisti di Rai e Mediaset (sob!) che parlano di poteri contro cui non si può nulla; quegli altri che credono che un derby sia stato arbitrato da Orsato e invece era Giacomelli, ma non importa, sui social serve indignazione e allora via, scateniamoci, senza verificare nulla; perfino i sindaci populisti e irresponsabili che fomentano la rabbia dei tifosi mischiando corruzione, il “maltolto”, le “ingiustizie” della città, “i furti di Stato e di Calcio”, il tutto senza che qualcuno gli dica di calmarsi e pensare a fare l’uomo delle istituzioni; tutti questi li lasciamo da parte: ci sono delle priorità, non abbiamo tempo per loro.

Sky, Gazzetta, Corriere della Sera e Ansa, fermiamoci pure a questi, i baluardi dell’informazione italiana, letti e visti quotidianamente da milioni di persone.

Hai voglia, allora, a fare articoli su Juventibus, da tifoso dichiarato, in cui peraltro riempi di complimenti i rivali, ammetti la fortuna, riconosci una mancata espulsione e chiedi soltanto che il calcio e la tua squadra vengano commentati senza bava alla bocca, ma con un filo di rispetto (per il calcio, per la tua squadra e per la verità): la battaglia è persa, se mai battaglia c’è stata. Andranno avanti così finché non accadrà qualcosa di irreparabile, e lì saranno pronti con i loro appelli tipo “mai più violenza” o “riportiamo le famiglie negli stadi”.

Rimane il sospiro di sollievo, la gioia (grande, proprio perché ci siete voi, a renderla sempre più grande) per una giornata potenzialmente tremenda e invece fantastica, rimane la rabbia e la frustrazione degli altri, che davvero non ce la fanno più e danno di matto per un mancato doppio giallo al sessantesimo; rimane l’indignazione per “Taglia” che sogna di vincerla nel recupero; rimane quella sensazione deprimente; rimane, soprattutto, la felicità di quei due minuti, quando tutto sembrava perso e tutto è tornato possibile.

Perché per fortuna, tra le poche cose belle, rimangono anche le parole di Repice, uno che potrebbe spiegare ai colleghi come conciliare il tifo (per la Roma) con una straordinaria professionalità: La-Juventus-non-muore-letteralmente-mai

Ovunque, oggi, la vittoria della Juve sarebbe commentata così.
Non qui, non se sei il più forte nel paese dei frustrati.

Il Maestro Massimo Zampini