Il paradigma (errato) di Juan Cuadrado

Mentre scrivo mi fischiano le orecchie. E so già che si tratta di Fleccio che, riportandomi una nota citazione dell’avvocato Agnelli ad un giovane Berlusconi (“le case, le barche e le donne non si comprano, si affittano”), mi ricorda come se certi giocatori li puoi prendere solo a certe condizioni, allora il gioco vale la candela.

In parole povere: credi che Morata sia ciò che ti serve e l’unico modo che ha per prenderlo è quello che preveda una recompra cui non puoi opporti? Che si faccia: mal che vada hai sfruttato un buon giocatore (con potenzialità da top di cui non potrai godere i frutti, ndr) che per poco non ti faceva vincere la Champions League. Ritieni che Cuadrado è un elemento sul quale puntare ancora e che può tornare nuovamente utile alla causa? Ben venga un altro prestito e fa nulla se, tra 10 mesi, verrà ripristinato uno status quo ancor più paradossale del rapporto di Antonio Conte con il suo calciatore preferito (quando lo voleva non poteva averlo, ora che ce l’ha sembra quasi non sapere che farsene).

Per il sottoscritto non è così ed è una delle pochissime cose che mi trovano in disaccordo con Fleccio e con la sua visione di questo gioco. Ho sempre trovato (probabilmente, anzi sicuramente, sbagliando) il calciomercato semplice nella sua complessità. Credi in un giocatore economicamente alla tua portata? Lo compri e stop, rifuggendo cervellotiche formule alla Galliani che hanno come unico risultato di dilazionare la precarietà della situazione, per il giocatore stesso e per la squadra.

Prendere di nuovo il colombiano con la formula del prestito (oneroso, non oneroso, con diritto o obbligo di riscatto) vorrebbe dire ritrovarci di nuovo al punto di partenza il prossimo 30 giugno, al termine di un’altra stagione passata con la spada di Damocle di un giocatore che, indipendentemente dal suo rendimento, non è nostro (il caso Morata dovrebbe aver insegnato qualcosa in tal senso, con un giocatore valorizzato a vantaggio di una possibile rivale di Coppa e con un il sostituto – più vecchio di sei anni e molto meno futuribile – pagato caro e amaro) e con un un ulteriore buco da colmare in caso di mancata permanenza. Ergo i soldi per un acquisto dovresti tirarli fuori comunque, ergo tanto vale spenderli per chi in questa squadra ha già dimostrato di poterci stare.

Qui, però, arriva la seconda perplessità, questa volta di ordine tecnico: Cuadrado, nella Juve 2015/2016 aveva un senso, in quella 2016/2017 no. Almeno attualmente, al netto di una cessione di Lichtsteiner che appare ancor più improbabile di un passaggio ad un modulo congeniale al colombiano; che sarebbe (anche) il 3-5-2, con il non trascurabile dettaglio della presenza del già menzionato svizzero nonché di Dani Alves. E a chi sta per obiettare che un giocatore simile, che spacca le partite, serve sempre, controbatto che un elemento del genere in rosa c’è già: si chiama Marko Pjaca e, a naso, dovrà sudarsi e non poco il posto a prescindere dalle sue indiscutibili qualità.

Juan sarebbe, quindi, un lusso che non sarebbe il caso di permettersi, soprattutto quando, a poco più di 24 ore dall’inizio ufficiale della stagione, siamo ancora senza il sostituto (numerico) di Pogba e con diversi esuberi da piazzare (in molti si stanno dimenticando delle rose contingentate per il campionato) cercando anche di ricavarci qualcosa.

Il tutto, ovviamente, senza voler mettere in discussione il valore del giocatore (che, per inciso, mi è sempre piaciuto) e, soprattutto, senza pretendere di insegnare il mestiere a uno come Beppe Marotta. Che il fatto suo lo sa. Bene.

Claudio Pellecchia