Il raduno della Juve: il giorno in cui comincia l’estate

C’è stato un lungo periodo della mia vita in cui il raduno della Juve ha costituito il vero spartiacque dell’estate, perché c’era un prima (il mare, la montagna, le solite cose) e un dopo, molto più avvincente, con le foto dei nuovi arrivati sui giornali, le nostre maglie indosso, le dichiarazioni d’amore, i primi gol in amichevole, la costante illusione estiva di avere trovato il fantomatico “erede di Platini”, perché a un adolescente innamorato basta vedere una giocata geniale contro dei ragazzini per pensare che sarà altrettanto facile rivedere quei gesti contro le rivali in campionato. È lui, si capisce: finalmente il nuovo Michel.

Qualche volta ci sono anche andato, ricordo Vipiteno, l’attesissimo ritorno del Trap, con tanti campioni; ma io ricordo anche Peruzzi arrivato da poco e Marchioro, il portiere di scorta che in allenamento le prende tutte, facendomi presagire per lui un futuro sensazionale da nuovo Yashin: “guarda che parate, questo è un fenomeno sul serio”.

Il raduno è così, con quelle espressioni da rientro dalle ferie, pollice alzato, apparentemente pronti a spaccare il mondo, e noi curiosi di scoprire i compagni di stanza dei vari giocatori, immaginarne i dialoghi, illudersi che i carichi, la preparazione, l’inserimento, l’ambientamento, i test, gli esperimenti, insomma tutti quei concetti che leggo sui giornali in quei giorni stiano davvero andando per il meglio, come scrivono in quegli articoli.

A quanto pare la stagione si decide ora, anche se non ci sono le partite.

Anzi, le partite ci sono, ma l’approccio è complicato: imparo da quasi subito a sopportare le sconfitte in amichevole – anche se odio perdere le amichevoli – perché si dice che spesso chi parte male finirà meglio, e allora cosa conviene, sperare di perdere oggi soffrendo un po’ per il bene futuro o fregarsene e tifare con passione sin da ora e poi andrà come andrà? È un po’ come con i rigori: chi sbaglia per primo vince, si dice, e infatti Roma-Liverpool me la ricordo bene, ma se ci arriva la mia squadra poi certo non spero di sbagliare prima dell’avversario. Così, un po’ più avanti negli anni, sarà il mio rapporto con il Trofeo Berlusconi, che da un bel giorno decido di non vedere più perché chi perde poi vince lo scudetto e io proprio non ce la faccio a sperare di perdere, per quanto conti zero o poco più.

E quindi rieccoci.

Oggi si raduna la Juve e le cose sono cambiate, un po’ perché sono cresciuto e un po’ perché durante le loro vacanze i giocatori non li perdi di vista un attimo, tra foto, like e indizi social. E non è detto che sia peggio, eh, lasciamo perdere le facili nostalgie, perché io da ragazzo avrei dato qualunque cosa per avere loro continue notizie ogni giorno anche dopo il campionato, mentre quelli mi sparivano per settimane (che state facendo? Vi state già allenando o in vacanza mangiate senza sosta come me?) e mi riapparivano solo quel giorno, nelle foto sui giornali.

Rieccoci, si diceva. Oggi 10 luglio 2019, esattamente un anno dopo l’annuncio di Cristiano Ronaldo, si raduna la Juve degli otto scudetti consecutivi, una roba che se me l’aveste detta nel 1990 mi sarei messo a ridere e se lo aveste fatto nel 2006 sarei andato direttamente a denunciarvi, perché non ero dell’umore adatto.

Otto anni, ogni tanto me lo ripeto per provare a spiegarmi alcune nostre sensazioni di perenne appagamento e soprattutto per comprendere meglio la rabbia altrui, perché 8 anni così sono davvero troppi per restare lucidi.

C’è il nuovo allenatore, che non amavamo e non ci amava, ma quando arrivi da noi c’è un modo facile per farti amare, almeno da quelli come me, per i quali non ci sono scudettini o scudettoni, nulla è regalato e ogni anno l’impresa è più ardua rispetto all’anno precedente: si può essere stati fan scatenati di Conte, ammiratori della Juve straordinariamente vincente di Allegri, avere “detestato” il Sarri degli alibi napoletani, eppure ritrovarsi oggi a tifare per lui senza alcuna esitazione, perché se si diventa tifosi pro o contro qualcuno, invece che della Juve e basta, probabilmente c’è qualcosa che non va.

E certo, l’attesa per una squadra messa in campo in modo diverso, dopo tanti anni con lo stesso allenatore: capire chi saranno i suoi intoccabili, chi soffrirà, se davvero creeremo di più senza aumentare i rischi, siamo curiosi di tutto questo, ma qui il modo per farsi amare è vincere, e allora in bocca al lupo, non vediamo l’ora.

Ci saranno le domande, le solite, la Champions, la Champions come obiettivo, la Champions come sogno, e io già non ne posso più, perché mi chiedo come si faccia a non capire che il Liverpool va a un centimetro dall’eliminazione ai gironi contro il Napoli (il nostro rivale per gli “scudettini”) e poi trionfa entusiasmandoci tutti. È un obiettivo, certo che lo è. Come per altre dieci, non meno ricche e ambiziose di noi. Possiamo passare oltre?

E poi, certo, ci saranno i giocatori, perché passano i decenni, cambiano i rapporti con noi tifosi, alcuni magari saranno pure un po’ viziati, ma senza di loro non ci sarebbe nulla. Non ci sarà Barzaglione (e chi se lo ricorda com’è la vita senza Barzaglione?), Ma vedremo gli altri immortali di questo ciclo, tra cui quello che è andato via da re ed è tornato con più entusiasmo di prima per fare la riserva, avendo aggiunto 76 numeri al suo “1” di sempre; i nuovi centrocampisti a parametro zero, che io non so come si riveleranno, ma sono certo che se fossero costati 50 milioni saremmo ancora lì a luccicarci gli occhi per quei super colpi; il giovane turco che per l’entusiasmo si è fatto un video di benvenuto da solo, e allora viene voglia di dargli un benvenuto ancora più forte; poi arriverà quel tipo comprato un anno fa e, saremo provinciali, ma sarà ancora surreale vederlo lì con noi dopo una vita da fenomeno altrove: cercate di capirci, non è facile abituarsi.

Ci saranno le prime amichevoli, che non saprò se sperare di perdere o vincere, deciderò lì per lì; poi arriverà Villar Perosa, con gli Agnelli al completo e quella invasione festosa che ci sta, io lo capisco, e però che palle, perché ci toglie sempre alcuni minuti di partita quando la fame di Juve è a livelli altissimi. Attenzione però, perché noi lì vedremo la famiglia unita, o almeno ci sembrera così, ma Dagospia in qualche pezzo di luglio o agosto (ma poi anche di ottobre o novembre, perché no) ci dirà che John e Andrea hanno litigato, con la Juve senza soldi, il management cambiato, la rottura totale nei rapporti e tutto quello che già sappiamo, perché ci viene raccontato ogni anno e noi ci teniamo, non foss’altro perché si è rivelato una infallibile scaramanzia.

E poi sì, magari anche nella splendida Juve di questi anni ci sarà sempre un Marchioro che non diventerà come Yashin, ma potrà raccontare per tutta la vita di essere stato un giocatore della Juventus, e magari di avere fatto sognare un ragazzino ipnotizzato da dieci parate di fila in allenamento. E lui non lo sa, non lo saprà mai, ma quel ragazzino, anche trent’anni dopo, quando sarà cambiato il suo modo di vivere la vita, il calcio e di esternare i propri sentimenti, un giorno di luglio, tutti gli anni, si emozionerà.

Perché quel giorno si raduna la Juve, e l’estate diventa estate davvero.

Il Maestro Massimo Zampini

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