Il sogno di Claudio

Marchisio ha annunciato oggi, proprio all’Allianz Stadium, il termine della sua carriera di calciatore: «Era giusto comunicarlo qui, in un luogo speciale»

Ha scelto la casa bianconera, Claudio Marchisio, per dare una delle notizie forse più importanti della sua vita: il termine della sua carriera da giocatore.

E lo ha annunciato immediatamente, appena sedutosi per l’inizio della conferenza stampa all’Allianz Stadium. «Una decisione importante, ponderata ma molto difficile. Era giusto comunicarla in un luogo per me molto speciale. Ho deciso di dire basta perché ho capito che il mio corpo non stava più reagendo come la testa avrebbe voluto».

Claudio ha scelto di definire la sua vita nel calcio con un termine solo: sogno. «Il sogno di un bambino che si mette la maglia a strisce e va a giocare a pallone. Quello di un ragazzo che scopre di avere talento, ma sa che non basta: ci vogliono fortuna e impegno».

Inevitabile in un giorno come oggi guardarsi dietro le spalle, ripercorrendo anni di vita: «Ho trascorso momenti indimenticabili, di cui ringrazio la Juventus, le altre squadre un cui ho giocato, compagni, dirigenti e allenatori che mi hanno regalato tutto questo». Momenti vissuti anche all’Allianz Stadium: «Qui ho alzato i miei trofei più importanti. Sono emozioni che resteranno per sempre dentro di me».

E adesso? «Adesso cambia tutto e inizia un nuovo percorso. Non bisogna avere paura del futuro ma guardarlo con curiosità». Quella curiosità con cui Claudio, da tifoso bianconero, vivrà domenica il Derby d’Italia: «Ci sono grandi attese, l’Inter sta facendo bene ma non vedo l’ora che la Juve vinca».

Adesso Claudio può riavvolgere il nastro, e rivivere una carriera indimenticabile, un’avventura unica. 

Il suo sogno, che abbiamo avuto l’onore di condividere fin dai primi passi di Claudio in bianconero. Ed è stato bellissimo.

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Claudio e un sogno chiamato Juve

Non importa l’età, conta come ci si sente

Esordisce così un Claudio Marchisio visibilmente emozionato, che ha presenziato oggi ai microfoni nella sala “Gianni e Umberto Agnelli” dell’Allianz Stadium. Ha voluto celebrare “a casa sua” la fine del grande sogno chiamato Juventus, quello che che lo ha accompagnato fin da quando aveva 7 anni.

Decisione difficile per Claudio, che ha specificato quanto abbia ricevuto offerte da altri continenti (oltre che quelle dall’Italia, prontamente rifiutate), ma che dopo un nuovo infortunio, con conseguente rescissione con lo Zenit, guardando dentro se stesso, ha dovuto fare i conti con il suo corpo, prendendo quindi la decisione di ritirarsi.

Ricordi a valanga per l’ex numero 8 bianconero; i migliori, l’esordio in maglia Juve, in Serie B nel 2007 (“occasione che dovevo assolutamente sfruttare“), il gol contro l’Inter, nel 2009, e il gol all’esordio allo Juventus Stadium contro il parma. Ovviamente anche alcuni rimpianti, sia in chiave Juve, come la finale di Berlino (“Vorrei rigiocare la finale di Berlino. Anche solo il secondo tempo, per poter volgere la situazione a nostro favore“), o la finale dell’europeo del 2012.

Un accenno anche al futuro, che sarà concentrato sulla famiglia (ringraziata per la sua continua vicinanza, soprattutto negli ultimi anni). Marchisio ha fatto intendere che si prenderà tutto il tempo necessario per capire cosa fare nei prossimi anni (“Per il futuro non mi precludo nulla, devo vedere anche cosa il calcio potrà darmi e cosa io potrò dargli“). Su un suo possibile erede, si è augurato che il lavoro dei settori giovanili paghi, specificando quanto oggi i giovani abbiano più possibilità di giocare in grandi club (Come Sensi e Barella).

Sul suo frequente uso dei social, l’oramai ex centrocampista ha rimarcato quanta responsabilità abbiano i calciatori per i giovani, in questa era. Non solo per essere meri esempi positivi, ma per ribadire anche il fatto che prima di essere calciatori, si è persone. Marchisio ha specificato quanto col tempo abbia sentito l’esigenza di far sentire la propria voce fuori dal campo, senza paura di inevitabili critiche (“Credo i giocatori debbano avere più coraggio“).

Chiusura con due parole sulla sfida di San Siro tra Inter e Juve; nessuno stupore sull’effetto Conte sulla squadra nerazzurra (“Secondo me basta guardare il volto dei giocatori dell’Inter. Sono gli stessi dell’anno scorso, ma hanno un altro spirito e questo sicuramente è la mano dell’allenatore“), grande curiosità nel vedere questo campionato, aperto più che mai, da fuori.

GRAZIE DI TUTTO, CLAUDIO!

Grazie di tutto, Claudio Marchisio

«La Juventus è il massimo, è sempre stato il mio sogno. Quando si parla di bandiere che non ci sono più, di calcio globale che cambia e di valori che si sarebbero persi, penso sempre che per me sarebbe il massimo diventare una bandiera della Juve. Vorrei poter non andare più via

Così parlava Claudio Marchisio nell’estate del 2013, poco dopo aver conquistato il suo secondo scudetto consecutivo, affacciato su un immediato futuro che sembrava promettere gran parte di quanto poi in effetti ha mantenuto, forse più per la Juventus che per lui. Lui, entrato nel mondo Juve ad appena sette anni e arrivato nel giro di un decennio in prima squadra nel momento più difficile e buio della storia bianconera, quando assieme ad altri ragazzi promettenti si ritrovò ad affrontare il purgatorio della cadetteria di fianco a giganti che fino a qualche mese prima idolatrava sui campi di allenamento.

Come accade a tutti gli astri nascenti, anche Marchisio fu subito oggetto di paragoni spesso ingombranti, su tutti quello con Marco Tardelli di cui sembrava essere erede designato per la bravura nel tiro dalla distanza, la struttura fisica e la capacità di inserirsi tra le linee e andare in gol costruita anche grazie alla prima parte di carriera giovanile disputata da attaccante.
Il campionato di serie B fu propedeutico per intravederne il futuro luminoso e per quello che è stato l’unico anno in cui ha giocato a calcio lontano dalla sua Torino, ad Empoli, prima di tornare alla base dove è riuscito a forgiarsi definitivamente grazie anche ad un paio di stagioni che si sono rivelate assai più complicate e purgatoriali della serie B, a cavallo dell’approdo di Andrea Agnelli e dell’inizio del Rinascimento juventino.

Del triennio trascorso sotto la guida tecnica dell’ultimo grande numero 8 juventino tra quelli che lo hanno preceduto, Marchisio fu protagonista principale con un alto contributo realizzativo, specie al primo anno, riuscendo perfettamente ad incastrarsi nel mosaico di centrocampo di cui Pirlo era ingegnere, Vidal manovale martellante e lui paziente distributore di palloni prima recuperati e poi smistati, senza mai perdere quella tendenza a “comparire” in area di rigore per sentenziare i portieri avversari.
Nemmeno l’irruzione e la rapida esplosione del ciclone Pogba lo misero realmente in difficoltà, anzi, sfruttando il lento ma progressivo crepuscolo di Pirlo, Marchisio riuscì a reinventarsi spesso come vice del maestro bresciano andando a creare una linea centrale talmente ben assortita e completa da fare invidia ai migliori club del mondo.


In particolare, la stagione 2014-2015 è quella che lo vede stabilire il record di presenze (52) personale e di squadra, e probabilmente la sua migliore di sempre per rendimento.

Se proprio c’è stato un fattore in grado di creargli problemi sempre maggiori, al punto di arrivare alla malinconica conferenza di addio al calcio giocato, sicuramente è stato il suo ginocchio.
Il primo (falso) allarme fu quello della primavera del 2015 quando secondo lo staff della nazionale ne erano saltati i legamenti e invece si trattava solo di una forte distorsione, ma appena un anno dopo, durante la gara interna contro il Palermo, arrivò la vera rottura del crociato che probabilmente segnò l’inizio della fase discendente del Principino.
Una lunga convalescenza che lo riportò in campo soltanto 7 mesi dopo ma senza mai più trovare la continuità, e di conseguenza la titolarità, che ne avevano contraddistinto le annate precedenti.
Il suo ultimo anno alla Juventus, iniziato con un nuovo problema al maledetto ginocchio che lo ha tenuto fermo quasi tre mesi, è stato caratterizzato da un lento scivolamento nelle retrovie che lo ha portato quasi sempre ai margini nelle scelte di Allegri e a chiudere la stagione con un bottino di presenze tristemente eloquente.
E così, con meno clamore rispetto al saluto di Buffon di qualche mese prima, ma con lo stile sabaudo che gli è valso quel soprannome nobiliare, il 17 Agosto 2018, piuttosto inaspettatamente, le strade di Marchisio e della Juventus si sono separate dopo venticinque anni con la rescissione contrattuale, un addio reso più amaro dall’assenza di una passerella finale e di un congruo tributo del popolo bianconero a tale militanza.
La brevissima campagna di Russia è servita a Claudio solo per realizzare che il fisico davvero non rispondeva più e che era arrivato il tempo di dire basta nonostante una carta di identità che epoca moderna garantisce ancora diverse stagioni di campo.
Nella settimana che conduce ad un Inter-Juventus che forse mai in passato è stato così colmo di attesa, forte del comune denominatore che risponde al nome di Antonio Conte, voglio fare un mio personale tributo a Claudio Marchisio con le immagini di due reti realizzate proprio ai nerazzurri e che racchiudono tutta la sua classe e le caratteristiche che lo hanno reso un grandissimo calciatore, ma soprattutto un pilastro della storia juventina.