Il sonno dei titoli vinti genera mostri

Avete presente quei film apocalittici in cui, a causa di qualche strana e improvvisa malattia contagiosa, stanno impazzendo tutti tranne i nostri protagonisti, ormai circondati da mostri?

Ora, otto anni sono tanti, tantissimi. Lo so. E, calcio a parte, nei tempi delle analisi superficiali e degli slogan sui social è sempre più difficile fare un’analisi sensata, ponderando pro e contro. Ne sono perfettamente cosciente.

Eppure l’assoluta mancanza di razionalità nella discussione calcistica, soprattutto in un Paese in cui tale dibattito deriva da decenni di biscardismo e complottismo, continua ad appassionarmi.

Siamo tutti tifosi, per carità: tutti un po’ illogici, faziosi, io mi arrabbio per il fallo di mani di Mertens, la settimana dopo il napolista si infuria per quello di Bernarderschi; la dialettica calcistica è anche questa, magari non è di primissimo livello ma non c’è niente di male.

Il problema è che, qui, quella malattia contagiosa del film sta esplodendoe i nostri protagonisti sono sempre più attoniti.

Così, arriva Juventus-Milan,a 8 giornate dalla fine,con 18 punti di vantaggio sulla seconda, ormai staccata come neanche l’Italia nel 6 Nazioni di rugby.

E io in effetti sono teso come se guardassi una partita dell’Italia del 6 Nazioni di rugby, mentre semidormo sul divano, capendo le formazioni solo dopo una mezz’oretta: vedo in campo tre o quattro esterni sinistri; fuori, interessati quanto me alla partita, oltre a Ronaldo, ci sono Pjanic, Matuidi, Cancelo, Chiellini e qualche altro titolare sparso più o meno acciaccato.

In breve: non ce ne frega nulla. Anzi, qualche juventino auspica il ritorno del Milan in Champions, qualcuno vuole che diano fastidio all’Inter, altri che non facciano rientrare la Roma, altri ancora si sono giocati l’X-2 sperando di tirare su due euro per un viaggetto a Pasqua.
Questo, per far capire il nostro approccio: se proprio, come sostiene l’intellighenzia di questo Paese in grande spolvero, la Juve decide quando farsi aiutare e quando no, beh, questa sarebbe proprio la partita in cui far notare all’arbitro che oggi, per una volta, può anche non essere dei nostri.

Succede di tutto: rigore negato al Milan per fallo di mano, gol di Piatek un minuto di dopo. A un certo punto, non so se sono sveglio o è un sogno, l’arbitro fischia un fuorigioco per un retropassaggiodi un rossonero a un proprio compagno, anticipato da Mandzukic, poi steso al limite. Tra juventini, intanto, parte una fitta serie di messaggi per capire qualcosa sulle condizioni di Emre Can. In pochi sanno il risultato parziale, tutti vogliono capire come stia il tedesco, fondamentale in questo finale di stagione. Noi la viviamo così. I milanisti no, cominciano a dare di matto per quel rigore, nonostante il gol fatto all’azione seguente. La Juve forse legge qualche tweet di troppo nell’intervallo – proprio come me -perché rientra più sveglia, con un briciolo di voglia in più. Pure io mi metto seduto sul divano, non ho più voglia di stare sdraiato. Da lì in poi gioca praticamente da sola, pareggia, segna con Kean ma Romagnoli purtroppo aveva avuto un mancamento, quindi quel ragazzo arrogante, se proprio ha voglia di decidere la partita, deve segnare di nuovo. Calabria è d’accordo, regala palla a Pjanic, Moise è solissimo, stavolta non è svenuto nessuno, quindi gol valido. Intanto Mandzu e Romagnoli si scalciano ovunque, fuori e dentro l’area, finisce così.

Tra noi juventini pochi conoscono il risultato finale, tutti si chiedono di Emre Can. I milanisti sono convinti di avere giocato e perso una sorta di finalissima con la Juve, ovviamente rubata.

Il problema non è questo, per carità. Ci manca solo che ci sorprendiamo se qualcuno vuole attribuire all’arbitro una sconfitta con la Juve: siamo nati con questa tradizione, ci siamo anche legati.

Il problema, nel film come nel nostro caso, è che se la razionalità svanisce implacabilmente è difficile avere rapporti, confrontarsi, dialogare e cercare di capire le argomentazioni altrui.

Così, se dopo un rigore non dato segni nell’azione successiva, non ti viene il dubbio che forse le cose non sarebbero andate proprio così: no, in questo film dell’orrore “ci avete tolto almeno un punto, perché saremmo andati 2-0”.

Se non danno il secondo cartellinoa Musacchio che ferma Mandzukic tenendolo in tutti i modi, tu ci passi sopra (e pure io, sia chiaro), ma non ti ricordi che solo pochi mesi fa, per un secondo cartellino non dato, il mondo si è fermato, il complotto era ormai certificato e io ancora oggi comincio le trasmissioni tv guardando le immagini di quel fallo.

Se l’arbitro fischia il nulla assoluto sul gol non dato a Kean, tu mi dici sereno “non è gol annullato, l’arbitro ha fischiato prima”, ma non ti sovviene che il caso arbitrale più famoso del ventennio post GigiSimoni è un episodio incredibilmente identico a questo: con un giocatore che cade (lì Kovacevic, qui Romagnoli), l’assenza assoluta di contatti irregolri, il fischio dell’arbitro per fallo “di confusione”, il colpo di testa vincente (lì Cannavaro, qui Kean) reso vano da quel fischio. Quindi deciditi: o pensi, come faccio io, che siano due normalissimi fischi un po’ pavidi, banali errori arbitrali, nulla di grave, oppure, se vent’anni fa ti sei indignato perché “capitano sempre a voi”, indignati anche oggi, sennò i protagonisti di quel film poi si spaventano, nel vederti così irrazionale.

Se regali un pallone a 5 minuti dalla fine sulla trequarti, prenditela con il tuo giocatore, come noi abbiamo fatto in occasione del gol rossonero: me ne frego del gol tolto a Kean, mi interessa che i nostri non regalino palla agli avversari. Perché per il primo non possiamo farci nulla, sul secondo possiamo e dobbiamo stare più concentrati, possiamo migliorarci.
Se dopo una vita di vittorie fantastiche in tutto il mondo scegli di stare con Leonardo a parlare della gestione arbitrale, dell’ammonizione di Chalhanoglu (! E calcolate che il primo tempo che si chiude con un solo ammonito: Bernardeschi!), piuttosto che con Gattuso che ti sta spiegando perché hai perso, i nostri protagonisti sono quasi spacciati.

Attenti, anzi, perché arriva quel politico da sempre nemico dei complotti e maestro di moderazione, trasfigurato anche lui,ventiquattro ore dopo la partita, a paventare il dubbio che a Torino accadano sempre certe cose…

Che devono fare, allora, per salvarsi, i nostri eroi, circondati da una serie di mostri che gridano furiosi e assetati di sangue:“come mai capita sempre a voi?”?

Sottolineare che solo due settimane fa a Genova ci hanno negato due rigori colossali, abbiamo perso e, mentre la Gazza scriveva “bene il Var. Ma mancano due rigori”, i social ribollivano di “certo, a campionato finito fate sembrare che gli errori siano equilibrati”? Due settimane dopo ci abbiamo ripensato?

Devono ricordare che in questi anni di Var c’è stata una squadra, una sola, che in una partita importante ha segnato addirittura di mano il gol decisivo (un gol decisivo, di mano, con il Var)?

Chiedere cosa sarebbe successo se fosse accaduto a noi?

Devono fare ragionare i mostri, ricordando loro che ormai i rigori per interventi  di braccio li danno spesso, vero, ma solo quest’anno alla Juve non ne hanno dato uno incredibile con il Cagliari, uno in Supercoppa (non ricordo contro chi) e uno a Firenze, solo per fare i primi tre esempi che vengono in mente?

Ricordare Cannavaro a chi degrade l’importanza del fischio sul primo di Kean?

Provare a spiegare che se un arbitro ce l’ha con te non ti risparmia le doppie ammonizioni, non fischia offside sui retropassaggi, non annulla gol per svenimenti improvvisi?

Inutile. Se avete mai visto quel tipo di film, sapete che c’è una sola soluzione: scappare, lasciar perdere ogni tentativo di ragionamento e scappare a gambe levate. Guardate là in fondo, e correte il più veloce possibile: all’orizzonte c’è l’ottavo scudetto consecutivo, siete a un passo dal raggiungerlo e il lieto fine è garantito.

Mentre i mostri, ahiloro, alla fine non vincono mai.

Il Maestro Massimo Zampini.