Il Tar del Lazio ha finalmente pubblicato la sentenza relativa al ricorso presentato da Juventus F.C. per il risarcimento del danno ingiusto “derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e dal mancato esercizio di quella obbligatoria”, in relazione ai noti provvedimenti amministrativi adottati dagli organi di giustizia sportiva.
In breve, si può anticipare che il TAR:
a) ha respinto il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali (come previsto dal Codice del Processo Amministrativo)
b) non ha proceduto a una nuova valutazione dei fatti posti all’origine del ricorso.
Per spiegare il contenuto della sentenza senza utilizzare termini comprensibili solo agli addetti ai lavori, possiamo ricorrere proprio ad alcuni passaggi del testo: vengono “in rilievo – ai fini delle domande risarcitorie avanzate dalla parte ricorrente – due distinti momenti procedimentali causativi del supposto danno, connessi:
– al comunicato del Commissario Straordinario della FIGC in data 26 luglio 2006, di assegnazione del titolo di “Campione d’Italia” al Football Club Internazionale Milano S.p.a. per il Campionato di calcio degli anni 2005/2006;
– alla delibera del Consiglio Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio in data 18 luglio 2011, di reiezione di un esposto-istanza di revoca in autotutela, presentato dalla Juventus Football Club s.p.a. in data 10 maggio 2010 ed alla connessa mancata adozione di un espresso provvedimento di revoca in autotutela dell’atto del Commissario Straordinario della FIGC.”
Quanto al primo “momento procedimentale” citato, il giudice amministrativo ricorda che la Juve ha già instaurato diversi giudizi di fronte alla giurisdizione sportiva e ha presentato un ricorso nel 2006 di fronte al TAR (con annessa istanza risarcitoria), al quale ha espressamente rinunciato nella camera di consiglio dell’1 settembre 2006 per rivolgersi conseguentemente alla Camera di Conciliazione e Arbitrato dello Sport, che – come sappiamo – ha sancito la riduzione della penalizzazione in serie B.
A questo proposito, appurato che “tale [ultima ]pronuncia è rimasta oppugnata”, la sentenza non palesa dubbi nell’affermare “che l’intervenuto accertamento in merito alla legittimità del provvedimento del Commissario Straordinario della FIGC in data 26 luglio 2006, impedisca una nuova valutazione –incidenter tantum – dei medesimi fatti, determinando la infondatezza della domanda di risarcimento dei danni in considerazione della assenza di alcun comportamento illegittimo in capo alla odierna resistente e, conseguentemente, della assenza degli elementi soggettivi ed oggettivi dell’illecito.”
In breve, dunque: una pronuncia rimasta inoppugnata va considerata passata in giudicato, i fatti alla sua origine si considerano accertati, e ne è impedita al giudice amministrativo una nuova valutazione.
Quanto alla delibera pilatesca della FIGC del 2011, dichiaratasi incompetente a revocare “il tavolino” – revoca richiesta in considerazione delle telefonate emerse solo negli anni seguenti e non conosciute nel 2006 -, il TAR rileva che “la pubblica amministrazione non ha l’obbligo giuridico di pronunciarsi su una istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela, che costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui essa è titolare per la tutela dell’interesse pubblico e che è incoercibile dall’esterno”.
In poche parole, secondo il giudice amministrativo la FIGC aveva diritto di dichiararsi incompetente.
Conclusioni: nulla di nuovo sotto il sole, non spettava al Tar – almeno nel 2016 – valutare quei fatti.
Due postille:
1) non vince la Juve e non vince nemmeno Palombo, il quale sulla Gazzetta dello Sport paventava, in un articolo dell’1 agosto del 2015, una possibile denuncia della FIGC alla Juve per “lite temeraria, rispedendo al mittente i 443 milioni di cui sopra”. Discorso ovviamente privo di qualsiasi fondamento, ma ognuno usa le armi che può.
2) ai tifosi juventini: fate caso a chi ironizza sugli esiti processuali delle vicende juventine. Se si tratta dei supporter di una squadra mai invischiata in nulla, beccatevi serenamente le ironie, una piccola rivincita fuori dal campo.
Se invece, è paradossale ma talvolta capita, gli sfottò vengono dai tifosi di una società:
– condannata per avere spiato illecitamente un proprio giocatore;
– salvata grazie alle fatture intestate a Pirelli per avere spiato un arbitro in attività(!);
– con un dirigente e un giocatore che hanno patteggiato di fronte alla giustizia ordinaria per i reati di concorso in falso e ricettazione,
beh, lì le risposte non richiedono un grande sforzo di fantasia.
Massimo Zampini