In finale!

La Juventus centra la terza finale di Coppa Italia consecutiva. Al San Paolo vince il Napoli, ma la doppietta di Higuain mette al sicuro la qualificazione.

La Juve centra la sua terza finale di Coppa Italia consecutiva. Questo è l’unico dato di fatto che conta. Molto meno importa il risultato con cui i bianconeri arrivano all’ultima sfida che li vedrà di fronte alla Lazio: o meglio, il 3-2 con cui il Napoli si aggiudica la semifinale di ritorno è importante per certificare la forza degli avversari, nonostante la quale, il passaggio del turno viene ben presto ipotecato grazie ad uno straordinario Higuain, spietato autore di una doppietta.

OTTO CAMBI
Rispetto alla gara di campionato di domenica scorsa Allegri cambia parecchio: al di là di Bonucci, Khedira e del Pipita, il resto dell’undici titolare è tutto nuovo e in avanti, a supporto del centravanti argentino tornano Cuadrado e Dybala con Sturaro al posto dell’indisponibile Mandzukic.

DUE OCCASIONI, POI HIGUAIN
Ritmo alto, ricerca immediata delle fasce e della profondità, tocchi di prima… La Juve parte con un obiettivo preciso: segnare il gol che potrebbe chiudere il discorso qualificazione. Nei primi minuti i bianconeri comandano il gioco, ma il Napoli si conferma avversario tosto e in effetti il primo vero intervento deve compierlo Neto, che respinge il destro a botta sicura di Callejon, servito ottimamente  da Insigne. L’altra vera, grossa opportunità di segnare capita a Rincon che approfitta di un disimpegno errato della difesa, ma ha troppa fretta di concludere e sbaglia la mira. A cancellare immediatamente il rammarico per l’occasione sfumata ci pensa Higuain: pallone servito da Sturaro, un tocco per controllarlo dieci metri fuori dall’area, un altro per spedirlo nell’angolino basso alla destra di Reina.

LA REAZIONE DEL NAPOLI
Nel finale del primo tempo arriva solo il colpo di testa di Koulibaly, ma in avvio di ripresa il Napoli sembra rivitalizzato e  Milik e Chiriches provano ad alimentare le speranze dei tifosi partenopei con due sventole dalla distanza senza centrare la porta. Poi è ancora il centravanti polacco a farsi vedere con uno stacco di testa che costringe Neto al tuffo, quindi arriva il destro di Hamsik dal limite a riportare il punteggio in parità.

ANCORA IL PIPITA
Se sull’1-1 la rimonta poteva sembrare improbabile, ma quantomeno possibile, con il secondo timbro di Higuain il discorso sembra chiudersi definitivamente: una manciata di minuti dopo il pareggio, Cuadrado se ne va sulla destra e mette a entro area un pallone delizioso, sul quale si stampa il destro del Pipita, che termina la sua corsa gonfiando la rete.

NON È FINITA
Finita? Assolutamente no: il  raddoppio premia l’atteggiamento e il gioco dei bianconeri,  ma il nuovo pareggio gratifica la caparbietà del Napoli che con il nuovo entrato Mertens approfitta di un’incertezza di Neto e timbra immediatamente il 2-2. Proprio l’ingresso del belga al posto di Milik regala nuove geometrie alla squadra di Sarri, tutt’altro che rassegnata e ora anche più rapida nella manovra. Appena sei minuti dopo la rete di Mertens, il Napoli passa ancora: dalla destra Callejon trova a centro area Insigne, che calcia di prima intenzione e infila Neto sulla sinistra. Ora alla squadra di Sarri servono “solo” due gol per passare il turno e quella che poteva diventare una passeggiata si trasforma in una battaglia.

OBIETTIVO CENTRATO
Il Napoli si butta in avanti, ma al di là della foga, con il passare dei minuti, visto anche quanto speso durante la gara di campionato, comincia a mancare la lucidità. Allegri cambia, inserendo Pjanic, Barzagli e Lemina al posto di Rincon, Dybala e Sturaro e la Juve controlla il punteggio senza più rischiare nulla. Finisce 3-2 per il Napoli, ma quello che più conta è che finisce con i bianconeri in finale di Coppa Italia. La terza consecutiva. Scusate se è poco…

IL TABELLINO

NAPOLI-JUVENTUS 3-2

RETI: Higuain 32′ pt, Hamsik8′ st , Higuain 14′ st, Mertens 16′ st, Insigne 22′ st

NAPOLI
Reina; Hysaj, Chiriches, Koulibaly, Ghoulam; Zielinski, Diawara, Hamsik (30′ st Pavoletti); Callejon, Milik (16′ st Mertens), Insigne.
A disposizione: Rafael, Sepe, Strinic, Albiol, Maggio, Maksimovic, Rog, Allan, Jorginho
Allenatore: Sarri

JUVENTUS
Neto; Dani Alves, Bonucci, Benatia, Alex Sandro; Rincon, Khedira; Cuadrado (25′ st Pjanic), Dybala (30′ st Barzagli), Sturaro (41′ st Lemina); Higuain
A disposizione: Buffon, Audero, Lichtsteiner, Rugani, Chiellini, Asamoah, Mandragora, Marchisio
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Banti
ASSISITENTI: Giallatini, Dobosz
QUARTO UFFICIALE: Celi

AMMONITI: 25′ pt Rincon, 28′ pt Koulibaly, 30′ pt Cuadrado, 30′ pt Callejon, 25′ st Diawara, 36′ st Ghoulam, 40′ st Pjanic, 43′ st Dani Alves

Napoli-Juve 3-2: fischi, pernacchie e doppietta da finale

Missione compiuta, basterebbe questo semplice concetto per mandare in archivio i 180 minuti del San Paolo: dopo l’1-1 di domenica sera è arrivata la sconfitta di Coppa Italia, ma la pratica partenopea è comunque archiviata con successo grazie alla strepitosa dippietta di Gonzalo Higuain che regala alla Juventus l’ennesima finale di Coppa Italia.

Allegri rispolvera praticamente tutti i titolari, restano fuori solamente Pjanic per scelta tecnica e Mandzukic per infortunio, ci sono un instancabile Rincon in mezzo ed uno Sturaro confusionario ma volenteroso alto a sinistra.

Parte benino la Juve con Benatia che non sfrutta al meglio un buon dialogo fra Dybala ed Higuain, ci vuole un super-Neto per chiudere la porta in faccia a Callejon poco prima del quarto d’ora di gioco, poi una fase di studio rotta dal gol dello 0-1: il Pipita riceve lontano dalla porta, decide per la conclusione improvvisa che sorprende Reina, la palla scivola così beffarda nell’angolo alla destra del portiere partenopeo. Il vantaggio esterno viene digerito con ritardo dagli uomini di Sarri, solo in avvio di ripresa arriva la reazione con Hamsik che, così come domenica in campionato, trova l’angolo giusto per riportare il risultato in parità. Appena cinque minuti dopo, però, ci pensa ancora Higuain a mettere una serie ipoteca sulla qualificazione: Alex Sandro giganteggia sulla trequarti, Dybala rifinisce per Cuadrado, l’assist del colombiano è al bacio, per il fischiatissimo ex è facile insaccare di prepotenza la rete dell’1-2. Neanche il tempo di mettere la palla a metà campo, però, e il Napoli pareggia più che casualmente: paperona di Neto, ne approfitta Mertens che insacca a porta sguarnita. E’ l’episodio che galvanizza il pubblico del San Paolo e la squadra di casa, ma la Juve, nonostante la rete del 3-2 di Insigne, sa soffrire, complice anche l’ingresso di Barzagli per Dybala ed il passaggio al 3-5-2: gigantesco in fase difensiva l’ex di Palermo e Wolfsburg, il Napoli non si fa più vedere pericolosamente dalle parti di Neto, finisce così dopo 6 minuti di recupero.

Sconfitta indolore ai piedi del Vesuvio, solita partita maschia da queste parti, tanto nervosismo in campo con continue proteste di Sarri e suoi uomini anche in episodi evidentemente insignificanti, ma alla fine ad uscire con il pass per la finale è ancora una volta la Juve. Adesso si recuperino le forze in vista delle importanti tappe di Serie A, ma soprattutto in vista della proibitiva sfida col Barcellona nei quarti di Champions.

La Juve dei sudamericani dalla garra livornese

Sono sette su undici i sudamericani in campo al San Paolo. Tre brasiliani, un venezuelano, due argentini ed un colombiano. Sembra una barzelletta, tanto più se poi andiamo a considerare anche il marocchino ed il tedesco tunisino che accompagnavano gli unici due italiani in campo, non risultati poi i peggiori in campo solo perchè Neto decide di riscattare una meravigliosa prova nei primi 45′ con una ripresa da incubo.

Pensando al subcontinente americano, in chiave calcistica e non, le suggestioni che balenano tra le nostre meningi sono l’istintività, la passionalità, la lotta all’arma bianca e l’orgoglio quasi folle di non accettare compromessi. Riflettendo invece sull’approccio labronico proprio di Massimiliano Allegri percepiamo subito un altro tipo di sfacciataggine, quella strafottente e leggera di chi vuole sempre circuirti per raggiungere i propri fini facendoti credere che in realtà non gliene freghi una beneamata.

Ed è nella commistione tra questi due modus vivendi la chiave di interpretazione di una delle gare più sofferte e schizofreniche del sestennio dorato. Il mister predica: affrontiamoli sul loro territorio. Pressiamoli in tanti nelle zone in cui hanno la palla. Non diamogli tempo di ragionare. Pane al pane. Un approccio non particolarmente frequente da parte della Juve allegriana, talmente abituata a speculare e adattarsi mellifluamente agli stili di gioco avversari che, non affrontando spesso squadre che pasteggiano col pallone come il Napoli di Sarri, soventemente fatica nell’applicazione del concetto.

I latini ci mettono del loro: la sicurezza chirurgica di Dani e Sandro è una roba che fa stropicciare gli occhi a tutti. Il primo in costante appoggio, un rifugio. Sbaglia poco e solo quando non fa male. Il secondo invece continua a sembrarci troppo frenato, forse contenuto dal tappo che stasera non è croato ma sanremese. Tuttavia quando, a campione, decide di ribaltare la partita non ce n’è mai per nessuno. Il raddoppio è 70% roba sua. Per quanto riguarda i Dybala i Cuadrado e gli Higuain, se non conoscessimo Allegri diremmo che quel tipo di combinazione lì dovrebbe essere ripetuta allo sfinimento infrasettimanalmente.

Gonzalo è capitolo a sé stante in ogni gara, ma stavolta la questione è ancora più viscerale. Quanto è grottesco giocare in quello stadio per 2 volte in quattro giorni, con due atteggiamenti radicalmente differenti? Sabato di cucitura e fioretto, rispettoso della tua vecchia casa ma desideroso di farti rimpiangere in maniera elegante. Mercoledì satana tra gli uomini, malmostoso famelico e castigatore, maligno nella spocchia di pensare di poter pescare un jolly da 40 metri senza nemmeno guardare la porta solo perchè tra i pali c’è un Reina slowmo che conosci bene, e incazzato quando spacchi la porta in una di quelle transizioni scolastiche da 442 offensivo che ti piacerebbe concludere più spesso.

Le comparse di Rincón danno la strana sensazione che il generale tutto sommato in questo tipo di undici, in questa serata e con questo atteggiamento, fosse l’uomo giusto al posto giusto nonostante un cartellino arrivato troppo presto e un rigore calciato in tribuna col piede monco. Perchè magari anche solo suggerire al rivale che se vuole buttarla sul far west, tu puoi accettarlo, aiuta.

Gare come questa, sconfitte passionali ma tutto sommato indolori così, forgiano la capacità di scazzottare pugilisticamente su ring ben più puliti. Grazie anche ad un Napoli, checché se ne dica tra di noi, sempre più che degno avversario dal punto di vista tattico. Da buoni sparring partner, gli azzurri contribuiscono alla crescita costante di un gruppo che sta dimostrando di poter essere sia livornese che sudamericano, attingendo dai migliori e dai peggiori lati caratteriali di entrambe le culture.

E questo, in realtà, potrebbe e dovrebbe rodergli anche più delle sconfitte.

Coppa Italia, Semifinale di ritorno: Napoli-Juventus 3-2

di Davide Terruzzi


La Juventus raggiunge la terza consecutiva finale di Coppa Italia. Un Napoli mai domo viene eliminato con una doppietta decisiva dell’ex Higuain.


Capita raramente di trovarsi di fronte a distanza di pochissimi giorni. La mente va a quelle settimane in cui il Barcellona di Guardiola e il Real Madrid di Mourinho s’incontrarono più volte giocandosi una stagione. La seconda, e ultima, sfida tra Napoli e Juventus mette in palio l’accesso alla Finale di Roma. La formazione d’Allegri ha considerato questa sfida più importante, poiché decisiva, rispetto a quella di campionato; Sarri, come diversi tra commentatori e tifosi, non ha capito il peso dato dalla Juventus a questa partita. Le stesse scelte – conservative quelle di domenica quando vennero schierate diverse riserve e risparmiati per vari motivi dei titolari – dimostrano quanto i bianconeri non considerassero affatto chiuso il discorso qualificazione dopo il 3-1 di Torino.

Come possono cambiare le partite a distanza di pochi giorni? Nel basket, quando ci si gioca il titolo con i play-off, sono gli accorgimenti e le letture di allenatori e giocatori a fare la differenza; qui è diverso. Perché il Napoli, pur cambiando qualche uomo, suona sempre l’identico spartito. È chiaramente un’orchestra, ma la musica è la stessa. Mentre la Juventus aumenta la qualità tecnica e tattica grazie alle capacità dei singoli. Il possesso migliora perché i giocatori sono in grado di rompere il pressing, hanno maggiore precisione e velocità nel passaggio, controllano meglio il pallone, si muovono meglio, e in maniera più coordinata. Il Napoli ha pressato forte sempre; la pressione ultra-offensiva è un tratto distintivo della squadra di Sarri e ha sicuramente ostacolato la costruzione basa della Juventus. I bianconeri però, a eccezione di una palla persa, nel primo tempo sono stati più puliti e precisi, permettendo così alla squadra di avere un atteggiamento maggiormente offensivo. Il canovaccio tattico è stato similare a quello di domenica, solo che con le ritrovate qualità nel palleggio la Juventus è stata nel primo tempo più alta. Si è difesa sempre col 4-4-1-1, chiudendo il centro e costringendo il Napoli ad andare sulle fasce; ogni volta, non molte, in cui gli azzurri sono riusciti a innescare l’azione offensiva, sfruttando le ricezioni di Hamsik nello spazio di mezzo sul centro-sinistra e quelle di Insigne alle spalle del centrocampo avversario, hanno creato dei grattacapi alla difesa bianconera. L’utilizzo di Milik ha dotato Sarri di un centravanti vero, ma il Napoli è ormai abituata ai movimenti di Mertens, falso nove bravo a raccordare i reparti.

La Juventus è stata maggiormente disattenta nel secondo tempo, perdendo quella compattezza orizzontale, specie a centrocampo, fondamentale per arginare il Napoli. Dopo il secondo gol di Higuain, la squadra ha commesso degli errori (banale quello di Neto) posizionali figli anche di un’eccessiva attenzione al pallone, perdendo così di vista i movimenti dei giocatori. La gestione successiva al 3-2 è stata conservativa di fronte a un Napoli che ha alzato al massimo l’intensità con un’aggressività e una velocità nei movimenti senza palla notevoli. La partita però è finita quando Sarri è passato al 4-2-3-1 e Allegri al 5-4-1. La squadra azzurra ha perso le caratteristiche del proprio gioco, basato sul fraseggio sul corto e la costruzione veloce sui triangoli, perdendo un uomo a centrocampo e si è trovato a crossare troppo spesso; la Juventus, con quel sistema, ha coperto al meglio l’ampiezza e con i tre difensori ha controllato le ricezioni tra le linee: Barzagli-Bonucci-Benatia sono stati poi bravissimi nel gioco aereo.

La Juventus conquista la sua terza consecutiva Finale di Coppa Italia. Ed è l’ennesimo record. Il Napoli è avversario tosto: la squadra di Allegri ha sofferto il gioco della formazione di Sarri in queste due gare disputate nell’arco di tre giorni. Il primo tempo, quando gli uomini di Allegri sono stati maggiormente concentrati e lucidi, ci ha raccontano di una Juve in grado di palleggiare sotto pressione e con la consueta fase difensiva; dopo il secondo gol di Higuain, e già in parte a inizio secondo tempo, si è difesa peggio con troppe disattenzioni. Probabilmente il 5-4-1 (3-4-3) è il sistema migliore per contrastare gli azzurri, ma Allegri ha voluto dare continuità al modulo sempre utilizzato negli ultimi mesi. Il Napoli, però, è questo: una squadra che pratica un calcio apprezzato, ma che concede troppi gol. La Juventus, nelle tre reti segnate al San Paolo in queste due partite, ha colpito sfruttando le debolezze intrinseche del sistema di Sarri. Difficile così per il Napoli pensare di poter festeggiare dei titoli a fine stagione.