Prima di campionato e prima anche per la “nuova” rubrica di Analisi Tattica, che abbiamo immaginato più leggera nella struttura: per ogni match verranno selezionate e analizzate le situazioni-chiave che secondo noi hanno contribuito a indirizzare l’inerzia della partita, o di alcune fasi di questa.
Strappare il possesso
A leggere le formazioni sembrava, negli uomini e nei moduli, una sfida non troppo dissimile dallo Juventus-Fiorentina dello scorso campionato. 3-5-2 per Allegri, che ha riproposto il tandem Sandro-Asamoah sulla catena di sinistra (visto poche volte l’anno scorso, ma sempre eccellente) e ha fatto esordire Dani Alves sull’out opposto; 3-4-2-1 per Sousa, con il Primavera Chiesa e Ilicic alle spalle di Kalinic.
Se l’anno scorso i primi quindici minuti erano stati giocati a viso aperto da entrambe le squadre, con ritmi elevatissimi e un gol per parte, quest’anno il quarto d’ora iniziale è stato un monologo bianconero. La metacampo avversaria è stata terreno di conquista costante: in 15 minuti, 7 palle recuperate e 6 tackle riusciti oltre la linea di centrocampo, i numeri di un contro-pressing che ha portato la Juve a giocare tanti possessi consecutivamente.
Paulo Sousa ha provato (con scarso successo) a giocare un 3vs3 sulla nostra costruzione bassa, portando Chiesa su Barzagli, Kalinic su Bonucci e l’indolente Ilicic su Chiellini; ma Allegri ha fatto una scelta ancora più aggressiva, con marcature uomo su uomo in tutte le zone del campo sull’inizio azione della Fiorentina e anticipi sistematici dei tre difensori, finalmente aggressivi nelle marcature preventive come non si vedeva da tempo.
Per una Juve ancora alla ricerca dell’identità migliore in fase di possesso, ma già dominante sotto il piano atletico, alzare la linea del pressing e cercare di riconquistare il pallone il prima possibile può essere la via più breve per arrivare al gol (e Khedira per poco…).
Sfruttare le falle
In una partita in cui la connessione fra Bonucci e Dybala non ha funzionato come al solito a causa delle schermature centrali previste da Sousa, la squadra di Allegri si è affidata alle catene laterali per far arrivare la palla nella zona pericolosa. Ciò ha determinato una circolazione piuttosto perimetrale del pallone, che però, quando eseguita con buona rapidità, ha scombinato la non solidissima difesa viola.
Il pattern, in particolare, è stato più volte: costruzione a destra, rifinitura a sinistra.
NB: Zone di azione delle due catene laterali: Sandro e Asamoah ricevono più alti e raggiungono il fondo più spesso. Curioso il dato dei tocchi: quelli della catena di sinistra e quelli della catena di destra si equivalgono (152 per ogni fascia).
Le qualità di regista decentrato di Dani Alves hanno permesso alla squadra di uscire dal pressing soprattutto dal suo lato, grazie ai duetti nello stretto con Khedira e Dybala, e di preparare degli ariosi ribaltamenti di fronte per portare al cross Sandro o all’inserimento Asamoah. Le posizioni avanzate del terzino brasiliano e della mezzala ghanese hanno creato più di un problema alla Fiorentina: talvolta era Tomovic a uscire su Sandro, lasciando una voragine fra sé e il difensore centrale (Gonzalo)…
… altre volte Sandro veniva preso dal dirimpettaio Bernardeschi, con Vecino e Tomovic incerti sul da farsi: raddoppiare o seguire Asamoah? Qui qualche situazione potenzialmente pericolosa in cui il nostro numero 22 si muove fra le maglie troppo larghe della difesa viola: la coperta è sempre corta.
La stessa situazione tattica si è riproposta poi nel secondo tempo, portando al gol-vittoria di Higuain. Incomprensibile, nella fattispecie, la forma della difesa viola: l’impressione è che Sousa sia passato al 4-4-2 per difendere il pareggio, ma la squadra non abbia assimilato la nuova disposizione.
Gestire male il ritmo
Il secondo tempo, iniziato con Tello in fascia per Chiesa e un ectoplasmatico Bernardeschi dirottato dietro la punta, sembrava non presentare variazioni particolari sui temi tattici. La Fiorentina ha provato ad alzare il baricentro, ma il suo pressing non è mai salito di intensità; per contro, la Juve ha cercato di abbassare i ritmi, diminuendo il numero di fasi di pressione alta. Non tutto però è andato per il verso giusto e, quasi senza volerlo, la Fiorentina ha messo in mostra uno degli aspetti su cui Allegri dovrà lavorare maggiormente: la capacità di gestire le partite tenendo il pallone fra i piedi.
Spaziature errate, nessun movimento senza palla, imprecisione tecnica: anche senza la minima pressione diventa difficile mantenere il controllo sulla gara e stanare l’avversario senza correre rischi. Per un quarto d’ora della ripresa (culminato nel gol del pareggio), la manovra juventina è stata farraginosa e inconcludente e spesso si chiudeva con un lancio lungo effettuato dai calciatori meno adatti a tentarlo: Chiellini (7 passaggi in avanti sbagliati nel secondo tempo) e Barzagli.
Nota bene: i passaggi effettuati dalla Juve fra il 50’ e il 70’ del s.t. In rosso i passaggi sbagliati: quasi tutti quelli in verticale. Solo tre i passaggi effettuati nell’ultimo terzo di campo, zero le occasioni create.
Anche in fase passiva la scarsa lucidità ha portato a errori grossolani di posizionamento che hanno favorito la Fiorentina nella costruzione bassa: qui a Gonzalo basta un semplice spostamento laterale per mettersi in luce, mentre i centrocampisti non accorciano e lasciano una voragine. Mandzukic verrà sostituito appena dopo quest’azione.
Imputare questo calo alla condizione fisica sarebbe senz’altro facile e non implausibile, visto che siamo ad agosto: così viene difficile però giustificare la veemente reazione successiva al pareggio. Le energie probabilmente c’erano e ci sono state, almeno fino a quando il cambio Dybala-Evra ha certificato la volontà di arroccarsi senza più ripartire. Se il problema fosse tattico o mentale lo scopriremo nelle prossime settimane, quando affronteremo una squadra più probante di questa Fiorentina depressa e disattenta.