Juve-Napoli 0-1, decide Koulibaly

Un’incornata del francese allo scadere riapre il campionato. Ora i bianconeri hanno un solo punto di vantaggio in classifica sugli azzurri

Tutto da rifare. Il Napoli vince lo scontro diretto con un’incornata di Koulibaly all’ultimo minuto e riapre il campionato. La Juve fa troppo poco per cercare di vincere una partita brutta, noiosa e tattica fino allo sfinimento e paga dazio nel finale. Ora, con un solo punto di vantaggio, ai bianconeri è vietato sbagliare.

SI SBAGLIA TROPPO

Che la serata non potesse regalare troppi sorrisi lo si intuisce già al primo minuto, quando un contrasto con Insigne mette fuori gioco Chiellini, che già all’11 deve lasciare il posto a Lichtsteiner. L’infortunio crea qualche difficoltà al giro palla dei bianconeri e la costruzione in avvio di gara è piuttosto faticosa. Quando arriva il cambio però e Howedes si sposta al centro della difesa al fianco di Benatia, la Juve si scuote e sfiora il gol con la punizione di Pjanic, deviata sul palo e con la girata di Higuain, fuori di un soffio.
Il Napoli, come da copione, attacca soprattutto dalla sinistra e il traversone di Mario Rui si trasforma in una conclusione insidiosa, che Buffon è costretto da alzare sopra la traversa. Dalla stessa parte arriva anche l’inserimento di Hamsik, che angola troppo il diagonale.
Il pressing alto degli ospiti costringe i bianconeri a commettere qualche errore di troppo in fase di impostazione o a cercare il retropassaggio invece della profondità. Il Napoli tiene il baricentro più alto, ma non combina nulla di più, se non palleggiare in modo sterile fino alla tre quarti. Il risultato è un primo tempo ben poco frizzante: non si può neanche dire che siano le difese a dominare, perché il più delle volte sono le imprecisioni, da una parte e dall’altra, a prendersi la scena.

ALL’ULTIMO DECIDE KOULIBALY

La ripresa, che Allegri inizia con Cuadrado al posto di Dybala, non offre nulla di più. Il pressing del Napoli sembra meno efficace, ma è ancora Hamsik ad arrivare al tiro, sempre dalla sinistra, e a colpire l’esterno della rete. Al quarto d’ora Sarri richiama Mertens e aggiunge peso e centimetri al suo attacco con l’ingresso di Milik, cambiando poco dopo anche Hamsik con Zielinski, mentre Allegri risponde con Mandzukic al posto di Douglas Costa. È una partita a scacchi, in cui fino agli ultimi secondi non si vede altro se non una conclusione dalla distanza di Zielinski che trova la risposta di Buffon. Il capitano bianconero deve distendersi anche nel finale per mettere in angolo il tiro cross di Insigne, ma sugli sviluppi del corner non può davvero fare nulla per impedire all’incornata di Koulibaly di finire in rete. Il Napoli riapre così il campionato all’ultimo minuto. Ora la Juve è un solo punto sopra il Napoli. Un vantaggio minimo, da difendere con le unghie e con i denti.

JUVENTUS-NAPOLI 0-1

RETI: Koulibaly 45′ st

JUVENTUS
Buffon; Howedes, Benatia, Chiellini (11′ pt Lichtsteiner), Asamoah; Khedira, Pjanic, Matuidi; Douglas Costa (26′ st Mandzukic), Higuain, Dybala (1′ st Cuadrado)
A disposizione: Szczesny, Pinsoglio, Lichtsteiner, Barzagli, Rugani, Alex Sandro, Bentancur, Bernardeschi
Allenatore: Allegri

NAPOLI
Reina; Hysaj, Albiol, Koulibaly, Mario Rui; Allan (35′ st Rog), Jorginho, Hamsik (21′ st Zielinski) ; Callejon, Mertens (16′ st Milik), Insigne
A disposizione: Rafael, Sepe, Chiriches, Tonelli, Maggio, Milic, Diawara, Ounas, Machach
Allenatore: Sarri

ARBITRO: Rocchi
ASSISTENTI: Di Liberatore, Tonolini
QUARTO UFFICIALE: Massa
VAR: Irrati, Vuoto

AMMONITI: 10′ pt Benatia, 10′ pt Asamoah, 16′ pt Albiol, 27′ pt Pjanic

Juve-Napoli 0-1 / Il calcio dei furbi è finito

Tutte le cose si consumano. Basta saperlo, accettarlo e intervenire per tempo. Si chiama, volendo, manutenzione. Si consuma il calcio ai mille all’ora così come il calcio dei furbi. Anche quando quest’ultimo in un modo, nell’altro o nell’altro ancora tende a sopraffare (come nella vita) il calcio dell’ingenuo, arriva il momento dove è troppo tardi.

E’ questa la morale di Juventus-Napoli, firmata Koulibaly sul gong, più di uno Zaza, più di un paio di derby, addirittura più di un rigore di Cristiano Ronaldo ai 147 km/h dritto sotto l’incrocio a trenta secondi dalla borraccia che si idealizza come una mezza impresa.

Il troppo tardi non è lo scudetto perso, perché è chiaro che nulla è perso anche se un mini-campionato in 4 gare non è proprio l’ideale per questa e altre Juventus. Ci sono il punticino, la differenza reti generale, due trasferte livello Wembley (capite a me…) in cui non si potrà pensare di fare come a Wembley, due trappoloni casalinghi e il ritorno all’adrenalina della radiolina ridotta oggi a un’app sul cellulare. Una confezione, almeno, totalmente nuova. La caccia al settimo che ora è tutta sulle spalle dei calciatori, chiamati a portare la barca in porto. Le prossime partite non si preparano, si vincono o si perdono e se si pareggiano è colpa dell’allenatore.

Lui, Massimiliano Allegri. Nessuno gli toglierà la storia, nonostante l’eterno limbo di percezione tra quello che fu in Juventus Marcello Lippi e ciò che fu Carlo Ancelotti. Il re del calcio dei furbi, parole da furbo, vittorie da furbi, idee da furbo, gestione da furbo di uno spogliatoio di furbi. Risultato: si è asciugato tutto il resto.

Rimane una Juve ridotta all’osso di questo processo che si è infilato da tempo nell’imbuto del calcio passivo.

Rimane quella cosa lì, il furbo che c’è in noi, che ha spodestato dalle priorità l’unica che non si consuma mai, se non di fronte all’imponderabilità di alcuni piccoli elementi del calcio: l’essere i più bravi, che nello sport si traduce nella meno felice definizione dell’essere i più forti. Auspicando quindi, a questo punto, che la furbizia residua sia abbastanza da qui alla fine.

[sulla partita: la formazione non era sbagliata, l’assetto con Matuidi (peggiore in campo nel primo tempo) forse sì; Dybala non è il seme di tutti i mali, la direzione del primo cambio che porta quattro difensori in assortimento inedito (cambiando presto tre posizioni al malcapitato Howedes), senza linee di appoggio pensate, forse sì; non vinci il duello Douglas Costa-Mario Rui, non lavori per vincerlo, allora non è la tua notte ecc. ecc.]

Luca Momblano

Juve-Napoli 0-1: a scherzare col fuoco…

…ci si brucia: è inevitabile, lo sanno i bambini, evidentemente qualcuno l’ha dimenticato, e quel qualcuno oggi di mestiere fa l’allenatore della Juventus. Impostare una partita per pareggiarla 0-0 può pagare sino ad un certo punto, e non regge la scusa secondo la quale si è perso per un colpo di testa allo scadere, perché in contesti del genere l’imprevisto può presentarsi in qualunque momento. Troppa legna nell’area di rigore di Buffon, troppo vento, e in condizioni del genere è facile che divampi l’incendio.

Il mister se l’è voluta giocare con la formazione dell’andata, stavolta però non sono arrivate le giocate dei singoli, è stato “tradito” proprio da Dybala e Douglas Costa, stasera incapaci di fare un passaggio a cinque metri, figuriamoci ripartire in velocità saltando il diretto avversario. Non è questo il puzzle nel quale puoi far rendere al meglio Higuain, che di fatto è stato così consegnato alla cerniera della difesa napoletana senza mai trovare la giocata giusta. Un solo guizzo del Pipita frutta una punizione dal limite, l’unico tiro in porta della Juve stoppato poi dal palo dopo la deviazione della barriera sulla conclusione di Pjanic. Altro fattore sfruttato male il bosniaco: elemento di rottura più che di costruzione, non è quello che ci si aspetta. In generale non è questa la Juve che Allegri non ha fatto altro che promettere per la parte finale di questa stagione quando all’orizzone, qualche mese fa, si vedevano evidenti musi lunghi. Non è un caso, per chi la Vecchia Signora la segue da agosto, che questa squadra si mostri così poco affascinante alla vista, prevedibile.

Poi ci sarà tempo e modo di analizzare anche il gol subito: è il terzo gol degli ultimi sei subito sugli sviluppi di un calcio d’angolo, il secondo con Benatia bella statuina in questo contesto, lista che si allunga guardando al marocchino “ammirare” Simy in rovesciata a Crotone. Non è una casualità. E adesso? Diamo per scontate le due vittorie in casa, servirà vincere a San Siro con l’Inter e poi all’Olimpico con la lanciatissima Roma: non è difficile, era difficile, adesso sarà necessaria un’impresa. Questa Juve è nelle condizioni fisiche e mentali di porla in essere? I dubbi non possono che essere tanti, le speranze anche di meno, non resta che aggrapparsi a quel punticino di vantaggio, alla solita Juve che sa riemergere nei momenti di difficoltà: stupiteci.

Fabio Giambò

Lichtsteiner emblema delle difficoltà juventine

E’ un campionato dove, per adesso, singoli momenti sono quasi arrivati a capovolgere le situazioni. E in quest’ultima fase ci sono state le dimostrazioni più palesi: dal gol di Dybala a Roma al 93′ – che sembrava aver dato una mazzata quasi definitiva al Napoli – al secondo tempo di Crotone, dove si è passati in pochi minuti da un +9 a un +4. Che dopo il crollo dell’Allianz Stadium è divenuto un misero punticino di vantaggio, alla faccia di quei tifosi che pensavano di festeggiare in anticipo (e con tranquillità) anche in questa stagione.

L’undici iniziale scelto di Allegri sembrava un modo di andare sul sicuro, ribadendo quanto fatto in passato per negare i punti di forza del Napoli. Ossia, un 442 con la priorità di blindare il centro del campo e, con l’eccezione di Howedes, si è vista la stessa formazione del San Paolo. In realtà, palla al piede si è visto uno di quegli ibridi allegriani di qualche mese fa: il centrocampo era infatti a 3, con in avanti Costa e Dybala piuttosto vicini tra loro. Il compito di dare ampiezza a sinistra svettava quindi un po’ a Matuidi e un po’ ad Asamoah.

Se il 442 in non possesso aveva la priorità di replicare le “comfort zone” degli Juve-Napoli del passato, probabile che i tre centrocampisti dietro avessero lo scopo principalmente di fornire più soluzioni di passaggio per aiutare la prima costruzione, forse l’aspetto che i bianconeri soffrono maggiormente (senza contare che quella di Sarri è una squadra che pressa molto bene in avanti).

In realtà, la pericolosità della Juve è stata purtroppo ai minimi termini. Il problema non è stato tanto quello di creare qualcosa negli ultimi metri, bensì quello di arrivare concretamente nella trequarti rivale. Higuain abbandonato a se stesso, con appena 9 palloni toccati nella prima frazione, e Dybala mai in partita (pesante bocciatura la sostituzione nei 45′). L’aggressione alta partenopea, soprattutto dopo l’ingresso di Lichtsteiner, si è dimostrato proficua come al solito, coi 4 difensori in grossa difficoltà nel gestire il possesso: mancanza di scarichi, Pjanic ingabbiato (come sempre) e tanta densità in zona palla. Di conseguenza, abuso del lancio lungo.

Nel secondo tempo, Allegri è passato con due ali sul piede forte per sperare – oltre allo speculare – di attaccare in maniera più diretta. Il problema è che le cose non sono migliorate di molto, con la Juve che ha continuato a farsi schiacciare, tant’è che, disperato, l’allenatore ha inserito Mandzukic nella speranza di perlomeno risalire il campo con lanci lunghi.

Per la verità, nonostante una brillantezza nei soliti aspetti per cui, giustamente, si elogia il Napoli di Sarri (difesa alta, avvio dell’azione, sviluppo della manovra), si è vista la solita difficoltà nel creare occasioni contro avversari che coprono gli spazi intermedi. Insistenza nell’andare su corridoi interni, tentando fino allo sfinimento triangoli che, anche per merito dei difensori, producevano poco o nulla. Anche dopo l’ingresso di Milik, non si sono viste modifiche del piano di attacco (per esempio, qualche cross), con i partenopei che non sembravano in grado neanche questa volta di trovare il guizzo vincente. Non è da escludere che, se fosse finita 0-0, si sarebbero sentite le solite critiche (anche motivate) sulla prevedibilità del Napoli negli ultimi metri.

Tuttavia, il calcio è episodico, e il gol di Koulibaly porta a modificare con decisione il commento della partita. La Juve, per eccesso di fiducia (anche dato il recente passato), era convinta di poter speculare e gestire con tranquillità per centrare un pareggio che si sarebbe rivelato decisivo, tuttavia questa volta la gestione degli episodi ha provocato un crollo che può provocare il disastro. Mancan 4 gare, con la Juve che deve gestire un testa a testa a cui forse non è più abituata. La certezza è che, anche alla luce degli avversari che si affrontano, non potranno più essere giocate gare con l’unica priorità di difendere il pareggio, rinunciando a ribaltare l’azione e limitandosi a chiudersi nella propria trequarti.

Insomma, le lacune strutturali di questa Juve sono evidenti e si vedono da tutte la stagione, ma a ciò si penserà in estate. Ora la priorità è raccogliere quanto seminato, consapevoli che sono finiti i jolly. E che non vincere questo campionato sarebbe un fallimento.

Jacopo Azzolini.