Juventus-Napoli, numeri e nomi

Le statistiche della vittoria della Signora, firmata Bonucci e Higuain

Juve-Napoli 2-1: lo scontro diretto dello Stadium, valido per l’undicesima giornata di Serie A, va ai bianconeri. Una vittoria da analizzare anche attraverso la lente della statistica.

I NUMERI

Con la vittoria di ieri sera, sono sei i successi casalinghi consecutivi della Juventus in Serie A contro il Napoli: a fronte di 14 gol segnati, solo due reti subite da parte dei bianconeri in questo parziale. Con questa, sono 22 le vittorie consecutive allo Stadium in Serie A: 52 i gol segnati, otto quelli subiti in questa fase. La Juve ha vinto così nove delle dieci partite in cui si è in vantaggio in questo campionato.

83,5% la percentuale di passaggi riusciti per i bianconeri (533 totali); 17 i cross effettuati; 66 le palle recuperate (con sette contrasti vinti e 12 palloni intercettati); 51,3% il possesso palla complessivo. 692 i tocchi palla, con un 81% di palle utili giocate e un 62% di palloni sulle fasce.

Con 41.409 spettatori allo Stadium (27.764 gli abbonati), Juve-Napoli ha rappresentato il record assoluto di presenze del nostro impianto, oltre che l’incasso record in Serie A (2.178.898,00€)

I NOMI

Gli ultimi nove gol di Leonardo Bonucci in Serie A sono arrivati tutti allo Juventus Stadium. Ieri sera, il difensore è stato anche recordman di passaggi riusciti (62), lanci positivi (dieci) e palloni intercettati (quattro).

E’ Juan Cuadrado il bianconero che ha creato più occasioni, assist inclusi (tre), oltre a tre dribbling positivi. Ad aver giocato più palloni (89), invece, è stato Alex Sandro, miglior bianconero per numero di cross effettuati (sei).

Prestazione eccellente per Gonzalo Higuain: due tiri nello specchio, un gol, 16 passaggi positivi, due lanci, un cross e una sponda.

La solitudine del numero 9

Claudio Pellecchia

Lo guardo, Gonzalo Higuaín. E mi arrabbio. Insieme a lui, ma non per lui. Ci mancherebbe. E’ che a vederlo lì a sbattersi, a scattare, a fare a sportellate come un Amauri qualsiasi senza uno straccio di pallone pulito da calciare in porta, è una roba che mi fa imbestialire. Non me ne capacito, è allucinante: hai a disposizione un’arma di distruzione (calcistica, s’intende) di massa e provi ad azionarla con le miccette, leggasi lanci lunghi (contro Koulibaly e Chiriches: bene ma non benissimo). A un certo punto, mi è perfino tornata in mente la famosa battuta dell’Avvocato sui polacchi che attaccavano a cavallo i carri armati dei Tedeschi nel ’39.

Per i soli parziali: 32 tocchi in totale, uno solo nello specchio della porta. Che, ovviamente, va dentro perché Gonzalo Higuaín è un fenomeno e gli basta una palla per fare la differenza nell’hic et nunc più atteso. Da noi, da lui, probabilmente da tutti. Ma la (giusta) contentezza non deve far passare in secondo piano un refrain che andiamo ripetendo da tempo, insieme a quello del “c’è tempo miglioreremo”: abbiamo una mentalità che non ci porterà a nulla, se non al più grande spreco di talento, individuale e collettivo, della storia recente. Il gioco (non necessariamente il “bel” gioco, qualunque cosa significhi questa locuzione), il modulo, la tattica, sono tutti figli di uno status mentale che porta una squadra che dovrebbe dominare l’avversario (e non ci si riferisce al Napoli di stasera, ma alle varie Inter, Milan, Udinese, Palermo e, a naso, Chievo) a giocare contratta, svogliata, quasi timorosa di diventare quel che è necessario diventi per puntare al bersaglio grosso. Che non è il campionato, ma questo l’avevate intuito.

E lascia il tempo che trova anche il fatto che Buffon, in una riedizione di quel che fu a Sassuolo di questi tempi giusto un anno fa, ribadisca questo concetto davanti alle telecamere a fine gara. Le parole, se non sono seguite dai fatti, se le porta via il vento. Così come i palloni lanciati nel vuoto sperando che un numero 9, sempre più forte e sempre più solo, magari ne arpioni uno e lo trasformi in oro colato. Può andare bene una volta, magari due. Ma alla terza no, alla terza rischi di arrovellarti su quel che poteva essere e non è stato. Ancora una volta. E tempo per migliorare, magari, non ce ne sarà più.