Affrontare la Juve già di per sé non è uno scherzo. Se poi ci si complica la vita facendosi espellere due uomini, allora le speranze di contenere gli uomini di Allegri si estinguono. Khedira e Higuain puniscono il Chievo, rimasto in nove dopo i meritati rossi rimediati da Bastien nel primo tempo e da Cacciatore nella ripresa e spediscono la Signora in testa alla classifica, in attesa del risultato della gara tra Napoli e Bologna di domenica. I bianconeri forse non giocano la gara più brillante della loro stagione, ma fin dall’inizio, anche in 11 contro 11, sono comunque padroni del campo e il successo è più che meritato.
MURO GIALLOBLU
Il Chievo schiera cinque uomini in difesa e accorcia il più possibile gli spazi tra i reparti, alzando un muro davanti alla propria area di rigore. La qualità del palleggio permette ai bianconeri di trovare qualche varco, ma nei primi venti minuti Sorrentino non deve mai intervenire, perché il destro di Higuain viene respinto dai compagni, il sinistro di Douglas Costa e fuori misura e il cross di Khedira viene sporcato da Cacciatore e Mandzukic non riesce a controllare. La prima parata del portiere clivense non è complicata, perché il tentativo di Pjanic dai venti metri è potente, ma centrale. Stessa sorte alla mezz’ora per il rasoterra di Higuain dal limite, più angolato, ma meno violento.
BASTIEN, DOPPIO GIALLO IN DUE MINUTI
La gara è bloccata, ma al 37′ arriva una prima svolta: Bastien, ammonito due minuti prima per un intervento scomposto su Asamoah, viene superato in velocità dal ghanese e lo trattiene vistosamente, meritando il secondo giallo e lasciando i compagni in dieci. Con l’uomo in meno il Chievo serra ancora di più i ranghi e la gara, se prima era un dominio bianconero, ora diventa un assedio. I padroni di casa non superano più la propria tre quarti campo, ma ribattono comunque colpo su colpo, concedendo alla Juve solo un destro dalla distanza di Khedira, ancora bloccato da Sorrentino.
DENTRO BERNARDESCHI
Non c’è una voce statistica, all’intervallo, che non certifichi la supremazia bianconera, dal 69,8% di possesso palla, ai 7 tiri tentati contro nessuno degli avversari. Gli unici numeri che non premiano la squadra di Allegri sono i due 0 sul tabellone, ma sono gli unici che contano. Il tecnico interviene dopo pochi minuti dal rientro in campo, richiamando Sturaro e inserendo Bernardeschi. Con i quattro attaccanti la Juve allarga maggiormente il gioco e riesce a trovare il fondo con Douglas Costa che serve Mandzukic in area: la girata è pronta, ma Sorrentino è piazzato.
CHIEVO IN 9, KHEDIRA IN GOL
Al 15′ il Chievo produce la sua prima conclusione in porta, con la discesa di Jaroszynski e il colpo di testa di Cacciatore, neutralizzato da Szcesny. Proprio Cacciatore, rimasto a terra dopo il tentativo per un contrasto con Asamoah, protesta evidentemente in modo eccessivo con il direttore di gara, che estrae il rosso diretto. A questo punto il gioco si praticamente sempre nell’area dei padroni di casa e, a forza di insistere, la Juve passa: Bernardeschi riceve sulla destra da Pjanic e tocca al centro per l’inserimento di Khedira, che infila un siluro di destro alle spalle di Sorrentino.
HIGUAIN CHIUDE I CONTI
Il gol non cambia il copione della gara e i bianconeri insistono alla ricerca del raddoppio. Al Chievo non rimane che chiudersi a riccio e sperare in un contropiede come quello condotto da Radovanovic e fermato dalla provvidenziale uscita di Szczesny. La Juve invece continua a palleggiare ai sedici metri, cercando con pazienza la giocata giusta. La trovano Douglas Costa e Higuain a due minuti dal 90′: la pennellata del brasiliano pesca la testa dell’argentino, che incorna il 2-0 che chiude la partita.
CHIEVO-JUVENTUS 0-2
RETI: Khedira 22′ st , Higuain 43′ st
CHIEVO
Sorrentino; Cacciatore, Bani, Dainelli, Tomovic (8′ st Gamberini), Jaroszynski; Bastien, Radovanovic, Hetemaj; Birsa (34′ st Meggiorini), Pucciarelli (1′ st Depaoli)
A disposizione: Seculin, Confente, Rigoni, Cesar, Gobbi, Veris, Garritano, Pellissier, Stepinski
Allenatore: Maran
JUVENTUS
Szczesny: De Sciglio, Benatia, Barzagli, Asamoah (27′ st Lichtsteiner); Khedira, Pjanic, Sturaro (7′ st Bernardeschi); Douglas Costa, Higuain (44′ st Bentancur), Mandzukic
A disposizione: Buffon, Pinsoglio, Rugani, Chiellini, Alex Sandro, Matuidi
Allenatore: Allegri
ARBITRO: Maresca
ASSISTENTI: Giallatini, Del Giovane
QUARTO UFFICIALE: Chiffi
VAR: Pasqua, Meli
AMMONITI: 22′ pt Asamoah, 32′ pt Higuain, 35′ e 37′ pt Bastien
ESPULSI: 37′ pt Bastien, 16′ st Cacciatore
Chievo-Juve 0-2: se anche stasera parlate di Rubentus….
Come si fa a commentare una partita come quella di stasera, vinta con fatica dalla Juventus sul campo del Chievo, solo quando i veronesi sono rimasti in nove? Si potrebbe parlare delle idee di Allegri o della forma fisica della squadra, si potrebbe parlare di Maran che l’aveva preparata per tenerla ferma sullo 0-0 di base e provare dopo a giocarsela con qualche episodio, ma sarebbe sin troppo intelligente, e siccome chi scrive è uno dei tanti, non vi può parlare mica del 4-4-2 con Douglas Costa da un lato e Sturaro dall’altro, non vi può parlare della difesa a cinque dei padroni di casa che aveva imbrigliato alla perfezione una Juve sin troppo lenta. Dunque? La Juve, amici di Juventibus, ha rubato anche stasera, anche oggi si è travestita da Rubentus. Dicono.
Già, perché se l’arbitro Maresca, napoletano, espelle Bastien per una doppia sacrosanta ammonizione si storce il naso e qualcuno dalla panchina grida “VERGOGNA”, ma se poi lo stesso direttore di gara non si fa passare addosso le accuse dirette di Cacciatore, ed anche qui estrae il cartellino rosso, allora la situazione precipita. E’ Rubentus! Non importa che siano decisioni ineccepibili, è Rubentus!
La partita si sblocca solo qui con Khedira, sin a quel momento fra i peggiori in campo, con l’assist di Bernardeschi entrato dopo proprio per tentare di far saltare gli equilibri? Non importa, il centro del discorso è stato già indicato prima. Higuain è tornato al gol su assist di un sempre più imprendibile Douglas Costa? Non importa neanche questo, è Rubentus, quante altre volte va ripetuto? Per riflesso non importa, ovviamente, neanche che questa Juve non convince particolarmente: va ripetuto il motivo? Ma no!
E allora andiamocene a dormire così, con Bastien e Cacciatore vittime del sistema, l’ombra di Lucianone Moggi sullo sfondo, e la prima piazza della classifica che per una notte sarà ancora una volta occupata dal male dello sport italiano. Domanda da sogni d’oro: seriamente, di cosa vivreste se non ci fosse la Juve a scandire i ritmi delle vostre lamentele?
Fabuio Giambò
Juve sotto ritmo, Costa extraterrestre
All’interno di una gara ai limiti del surreale che verrà ricordata quasi unicamente per le follie di Bastien e Cacciatore più che per il (comunque importante, anche solo a livello morale) ritorno al gol di Higuain, la Juve vince una partita che si stava mettendo su binari poco gradevoli, superando il Napoli almeno per una notte.
I bianconeri si sono trovati di fronte un Chievo poco pronosticabile per quanto riguarda l’undici iniziale. Maran, infatti, per la prima volta ha totalmente snaturato il suo undici, allestendo una formazione super coperta. Più che per il valore dell’avversario (contro Juve ben più in salute aveva sempre preferito il classico 4312), era probabilmente preoccupato dalle ultime performance difensive dei suoi, non li riteneva in grado di reggere difensivamente se si fosse adottato il modulo canonico.
Si è quindi visto un 532 piuttosto chiaro, con le due punte (Birsa e Pucciarelli) preoccupate unicamente di schermare i rifornimenti per Pjanic, su cui ogni tanto Radovanovic si staccava per andare a braccarlo. Una volta recuperato il pallone, invece, avendo un attaccante in meno, raramente il Chievo cercava l’immediata verticalizzazione (come invece succedeva col 4312). I clivensi temporeggiavano, consolidando il possesso nel tentativo di far salire la squadra. E nelle primissime fasi della gara lo ha fatto anche con buon profitto, visto che la Juve soffriva nella prima pressione. Radovanovic aveva infatti troppa libertà sia nella ricezione che nel cambio campo per gli esterni (Cacciatore e Jaroszynski), i quali si alzavano nel tentativo di dare ampiezza.
I già citati movimenti di Birsa e Pucciarelli hanno messo in difficoltà la costruzione bassa bianconera, che non riuscivano a imbeccare Pjanic con facilità e a rendere quindi fluida la manovra bassa. Allegri ha quindi optato per una modifica tattica tra le fila bianconere: Khedira – che prima si apriva molto nel tentativo di stringere Douglas Costa – è andato a formare la mediana a due col bosniaco, mentre Sturaro si è allargato (prima a sinistra e successivamente a destra). Si è quindi ritornati al 4231 e l’abbassamento di Khedira ha aumentato le soluzioni di passaggio nella costruzione bassa, con la Juve che è riuscita ad alzare il baricentro.
Tuttavia, prima e dopo l’espulsione, gli ospiti hanno dimostrato una lampante pochezza di soluzioni offensive negli ultimi metri. Poco movimento senza palla, con Mandzukic e Higuain troppo orizzontali, mancava qualcuno che si abbassasse per fungere da raccordo. Inoltre, il Pipita è parso fisicamente ancora opaco, perdendo diversi palloni e soffrendo le uscite dei difensore gialloblu. La Juve ha quindi provato a pungere quasi unicamente con tiri dalla lunga distanza che però non hanno creato grossi grattacapi a Sorrentino.
In una trequarti povera di talento e uomini in grado di creare superiorità numerica, Douglas Costa è divenuto sia primo riferimento che vero e proprio regista offensivo. Da lui sono provenuti infatti gli unici squilli in grado di sparigliare le carte, che fossero tentativi di puntare l’uomo e tirare in porta o cambi di gioco sul lato debole che fornivano più ampiezza alla Juve.
Una volta schierato a sinistra, poi, è divenuto il totale accentratore di una manovra offensiva alquanto piatta, che nella stragrande maggioranza dei casi si concludeva con un cross del brasiliano dopo aver allargato il gioco da destra a sinistra. In una Juve dai ritmi così lenti è quasi parso un alieno, e nel finale i suoi insistenti tentativi (ben 11 cross e 11 dribbling) si sono conclusi con l’assist per Higuain.
Insomma, è palese che attualmente la condizione fisica sia deficitaria, e lo stesso Allegri aveva introdotto Juventus-Genoa anticipando ciò. Suscita però qualche preoccupazione come questa squadra oggi si muova negli ultimi metri, visto che il modo di attaccare pare tanto monocorde quanto prevedibile. Già contro l’Atalanta servirà qualcosa di diverso.
Jacopo Azzolini
22a Serie A: Chievo-Juventus 0-2
di Andrea Lapegna
In una notte di fine gennaio, la Juventus si prende tre punti belli e pesanti su un campo brutto e pesante. Le follie del Chievo hanno reso meno evidenti i dubbi sulla forma fisica della Juventus post-sosta.
Questa potrebbe serenamente essere additata come un manifesto pubblicitario, al contrario, del calcio italiano. Un campaccio, una squadra arroccata in difesa, un’altra squadra qualitativamente superiore ma in un momento di forma “particolare”, nessuna sperimentazione. Nonostante la povertà tecnica e tattica in campo, proviamo comunque a lanciarci in qualche elucubrazione tattica, a braccio.
Il pano gara del Chievo
Per la ventiduesima giornata di Serie A, e prima della semifinale di Coppa italia, Allegri sceglie un po’ di turnover, mentre Maran, almeno nelle intenzioni iniziali, disegna la squadra con un 3-5-2. Probabilmente l’intenzione dei clivensi era una partita d’attesa, in cui negare alla Juventus sia l’ampiezza che la profondità, accettando dunque il contraltare di un baricentro basso.
La Juventus si ritrova così, nemmeno troppo inaspettatamente, a fare la partita, ma il 4-3-3 bianconero presenta delle criticità non indifferenti. In particolare, il centrocampo è apparso troppo povero tecnicamente, e la manovra – diretta sapientemente sulle fasce dal piano gara del Chievo – ha risentito della scarsa attitudine delle ali ad offrire sbocchi esterni. Mandžukić, che comunque non è e non sarà mai un’ala classica, assecondava fin troppo il suo istinto a cercare il centro dell’area quando la squadra era in possesso, dimenticando però forse di non poter contare sul dinamismo e sull’esuberanza atletica di Matuidi e Alex Sandro dietro di lui. Douglas Costa, impiegato a piede invertito a destra, non ha fisiologicamente potuto offrire alternative valide alla minaccia di un cross a rientrare con il mancino.
Gli accorgimenti della Juve
Così, con il passare dei minuti, si è manifestata la necessità di coprire meglio gli oltre 60 metri di ampiezza del terreno di gioco e Allegri ha progressivamente allargato Sturaro per accentrare Mandžukić accanto ad Higuaín. Una mossa che, arretrando un po’ il raggio d’azione di Costa e disegnando uno scolastico 4-4-2, ha saputo mettere la squadra in condizione di aggirare la difesa a 5 dei veronesi. In effetti, come si può aggirare un 3-5-2 molto coperto che riesce a negare agevolmente gioco sugli esterni e profondità allo stesso tempo? Lo si aggira, letteralmente, con i traversoni a tagliar fuori i centrali. Proprio in quest’ottica va visto il 4-4-2 e il contestuale accentramento di Mandžukić vicino ad Higuaín e nel cuore dell’area di rigore avversaria. Allo stesso tempo, Khedira ha finalmente normalizzato e arretrato il proprio raggio d’azione, agendo così da interno di centrocampo e non più da trequartista aggiunto: un accorgimento che ha permesso da un lato una circolazione palla più fluida col tedesco a supporto di Pjanić, e dall’altro ha regalato più spazio alle ali.
Questa strategia è stata perfezionata nella ripresa con l’ingresso di Bernardeschi, ma soprattutto con il conseguente spostamento di Costa a sinistra, dove ha saputo trovare il fondo (e il cross) con costanza, potendo appoggiarsi sul suo piede forte. Quando il Bayern di Guardiola soleva bombardare l’area avversaria di cross, il catalano schierava le sue ali sul piede forte perché – e cito – un cross ad uscire è più facile da spingere dentro per gli attaccanti, dato che venendo loro incontro si lascia imprimere più forza con uno sforzo minore. Il dribbling e il traversone del brasiliano sono stati così una costante ineluttabile del secondo tempo, tanto da sembrare quasi computerizzati. La velocità d’esecuzione lasciava ben pochi appigli a Cacciatori prima e a Depaoli poi, che sono così stati risucchiati nel vortice. In questo momento è lecito affermare che la Juventus giocasse con un 4-2-4: ed è un centrocampo assolutamente sostenibile, considerato lo zero alla casella “pericoli” creati dal Chievo. In effetti, i rispettivi baricentri sono indicativi delle intenzioni delle due squadre.
Così come lo sono anche le posizioni medie del secondo tempo. Nella prima immagine la Juventus in possesso di palla, nella seconda il Chievo con la palla tra i piedi dei giocatori ospiti.
Varie ed eventuali
Buona parte del risultato va, ad onor del vero, imputato alle follie comportamentali del Chievo, di cui le due espulsioni sono solamente la punta dell’iceberg. Tutta la foga messa in campo sembrava appartenere più alla retorica da derby di Mihajlović, che non alle fini strategie di gara di Maran. Fatto sta che il Chievo si è trovato a difendere il pareggio prima con un 5-3-1 e poi con un improvvisatissimo 5-3-0. Manco a dirlo questo ha ridotto le velleità offensive a meri desideri portati via dal vento di Verona (o dal piede di Birsa), che mai avrebbero potuto mettere in apprensione la retroguardia bianconera.
Una cosa che va però rimproverata alla Juventus, a maggior ragione in considerazione della (doppia) superiorità numerica, è stata una circolazione del pallone troppo lenta. Anche Allegri non ha mancato di rimarcare questo concetto. A mio avviso, la povertà tecnica del centrocampo ha fossilizzato un fraseggio lento e scialbo, che per trovare accelerazioni doveva necessariamente passare dai piedi di Pjanić (e di Higuaín), oppure sfociare negli assoli di Douglas Costa. Molto probabilmente tutto questo è stato accentuato dai carichi di lavoro che lo staff tecnico ha imposto alla prima squadra nella settimana di sosta, ma la combinazione dei due fattori è stata micidiale. Insomma, pareva quasi che la Juventus si fosse seduta sui ritmi blandi che essa stessa aveva imposto alla gara; e che riponesse un’enorme fiducia nella self-fulfilling prophecy secondo cui, alla fine, queste partite le vinciamo sempre.